calici tra i boccali Marco Carnovale Quando i Romani colonizzavano una nuova terra, erano attenti a due dettagli, le terme e il vino, piaceri per premiare i militari dopo le fatiche della battaglia. Non a caso in quasi tutte le regioni conquistate si trovano bagni termali e vigne. In Belgio è famosa la cittadina di Spa, , il cui nome è diventato sinonimo di bagni termali. E il vino? Salus per Aquam Quando mi sono trasferito in Belgio, nel 1994, di vino locale non se ne trovava, anzi non se ne sentiva parlare. Il motivo: non se ne produceva. Eppure il vino in Belgio ha origini lontane. Faceva parte di quel bagaglio culturale che Roma aveva ereditato dalla Grecia, e che avrebbe lasciato al resto dell’Europa. La Gallia Belgica aveva un’estensione superiore rispetto al Belgio moderno. Si sa per certo di vigne romane lungo la Mosella, nell’odierno Lussemburgo e in Germania, e ci sono reperti lungo le rive della Mosa e dell’Eschaut (Schelde). Purtroppo le opere romane spesso cadevano in disuso dopo la partenza delle legioni, o per mancanza di interesse delle popolazioni locali o per imperizia tecnica: basti ricordare i bagni di Bath, in Inghilterra, che finirono insabbiati fino al XIX secolo. E così pure si inselvatichirono le vigne della Gallia Belgica. Ci volle qualche secolo finché ad Amay, dal 634, si piantarono nuovamente vigne. Nell’VIII secolo si segnalano viti nei dintorni di Liegi e Huy, lungo le rive della Mosa. In quello successivo la viticoltura si diffuse capillarmente, con microcoltivazioni familiari in molti villaggi. I centri principali erano Bruxelles, Malines (Mechelen), Briolet (vicino Charleroi), Tournai, e soprattutto Torgny, all’estremo sud del paese, che produsse vino quasi ininterrottamente fino alla fine del XX secolo. Tra il XV e il XVII secolo è maggiore la documentazione su vignaioli e vigneti, anche se è scarsa sul vino prodotto. Un certo monsieur Schayes scrisse due articoli in proposito: (1833) e (1843). Lo studioso fa cenno a vigneti apparsi a intervalli irregolari nelle zone di Tournai, Lovanio e persino all’interno della cinta muraria di Anversa. Il vino belga sopravviveva appeso a un esile filo. Sur la culture de la vigne en Belgique Sur l’ancienne culture de la vigne en Belgique Nel XVII secolo l’Europa settentrionale fu colpita dalla cosiddetta “piccola era glaciale”, con molte annate freddissime, che furono causa di vino scarso, aspro e acido. Molte vigne furono distrutte o espiantate. Ma un nemico più minaccioso della peggiore tormenta apparve all’orizzonte del mare del Nord: la patata. Con il suo arrivo dall’America e la rapida diffusione nella cucina nordeuropea, molti agricoltori locali trovarono più redditizio coltivare tuberi piuttosto che uva. Le patate fornivano più nutrimento e il raccolto era ricco già dal primo anno (con la vigna bisogna aspettarne almeno quattro). Ancora oggi il Belgio è famoso in tutto il mondo per le patatine fritte! La viticoltura subì un altro colpo quando la politica protezionistica di Napoleone impose tasse pesantissime su tutti i vini non francesi, ma rifiorì con l’indipendenza del Regno del Belgio. Il nuovo stato mirava a sostenere i vignaioli, con un decreto reale dell’8 febbraio 1833 dedicato allo sviluppo di “vigne modello”. Il vino tricolore, nero, giallo e rosso, stentava però a decollare. Il censimento agricolo del 1846 ci informa che in tutto il paese si contavano solo 66 ettari di vigne. Quello successivo, del 1866, riferisce di 290 ettari, un aumento significativo, anche se parte degli impianti era destinata alla produzione di uva da tavola. Si svilupparono le prime coltivazioni in serra nei dintorni di Bruxelles (Hoeilaart, Overijse), con vitigni diversi: frankenthal, royal, colman e chasselas. Sembravano le premesse per una ripresa duratura, ma non fu così. Dagli anni Settanta la fillossera colpì il Belgio, come il resto d’Europa, azzerando quasi completamente la produzione. Si ripartì a stento solo verso la fine del XIX secolo. Joseph Halkin, in Culture de la Vigne en Belgique del 1895, elenca decine di località dove, secondo gli archivi catastali, esistevano vigne degne di nota. Il lunghissimo elenco comprende la stessa Bruxelles e molti territori circostanti, come Wavre, Overijse, Auderghem, Schaerbeek, Villers-la-ville. Piccolissime produzioni familiari, di qualità diversa, senza alcun disciplinare o regolamentazione commerciale. Nella prima metà del XX secolo la viticoltura si sviluppò in gran parte nelle serre. Durante le guerre mondiali il vino non era certo una priorità per il piccolo paese, ancora una volta martoriato dalle battaglie combattute da eserciti stranieri, e le vigne sparirono quasi del tutto. Il vino belga ai giorni nostri Al Clos de la Zolette, vicino a Tragny, nell’estremo sud del paese, si deve la rinascita del vino in Belgio. Nel 1955 Auguste Lajoux tentò un incrocio di sylvaner e riesling, ma le viti appena impiantate furono distrutte dal successivo, terribile, inverno. Indomito, Auguste riprovò e nel 1959, annata eccezionalmente calda, ci fu una prima vendemmia di 800 kg di uva. Nel 1961 a Lajoux succedette René Waty e gli anni seguenti diedero risultati alterni. Nel 1964, e poi nel 1970, 3500 kg. Nel 1968 nulla, tutto perso per le gelate primaverili. La vinificazione era effettuata nel Granducato del Lussemburgo, dove c’era disponibilità di strutture, ma negli anni Sessanta fu portata in Belgio, a Virton, grazie agli sforzi di Jean Muneaut e altri che investirono nelle necessarie attrezzature. Nel 1973 prese le redini Georget Petit, che restò al suo posto per oltre trent’anni. Dal 1980 ci fu anche un tentativo di produzione commerciale. Nel 1987 una nuova tremenda gelata rese necessario estirpare le vigne, ripiantate caparbiamente l’anno successivo. Con alti e bassi la produzione continuò fino al 2005, quando il nobile tentativo fu definitivamente abbandonato. Oggi al posto delle vigne c’è una riserva naturale. Contemporaneamente, altri vignaioli, fiamminghi e valloni, sfidavano le intemperie per fare vino. Il salto qualitativo si data agli anni Novanta del secolo scorso. Una serie di annate calde, l’approfondimento tecnologico, la ricerca scientifica su zone e vitigni e le esperienze all’estero di giovani agronomi ed enologi hanno contribuito a dare i primi significativi risultati. In tutto il Belgio la produzione di vino del 2015 ha superato per la prima volta il milione di litri, in forte crescita rispetto agli anni precedenti. Quasi l’80 per cento sono bianchi (compresi gli spumanti): lo chardonnay è il vitigno preferito. Il 20 per cento sono rossi, tra cui spicca il pinot nero. Le bollicine, che giocano un ruolo crescente, in alcune annate sono arrivate a superare il 40 per cento della produzione (sotto il 5 per cento i Rosé). In generale prevalgono le piccole vigne, di due o tre ettari, anche se recentemente si è registrata una notevole espansione di alcune aziende, alcune nate come passatempo e poi cresciute fino a raggiungere dimensioni ragguardevoli. Si coltivano una settantina di vitigni, di cui 34 autorizzati nelle aree a denominazione controllata. I principali sono pinot nero, pinot bianco, pinot grigio, chardonnay, müller-thurgau, regent, auxerrois, sieger, dornfelder, diverse varietà di moscato, riesling, sirius, léon millot, solaris e gerwürztraminer. Denominazioni controllate e indicazioni geografiche Come in tanti altri settori, anche per la viticoltura il Belgio è diviso in due regioni: Fiandra (di lingua olandese) e Vallonia (di lingua francese). Le denominazioni di origine controllata in Fiandra sono Hageland, Haspengouw, Heuvelland e Vlaamse Mousserende Kwaliteitswijn per gli spumanti. La regione del si trova al centro del paese, tra Aarshot, Tienen e Lovanio. Le vigne conobbero un primo periodo d’oro già nel XII secolo. Il terreno è composto prevalentemente da limo, sabbia e arenaria. Doc dal 1997, il disciplinare autorizza müller-thurgau, optima, ortega, kerner, siegerrebe, pinot (grigio, bianco, nero e nero precoce), chardonnay, riesling, auxerrois, bacchus, schön citizen, dominatrix, dornfelder, limberger, sirius, regent, wurzer, johanniter, merlot. Hageland (1999) si trova nel nord-est, nel Limburgo, tra Hasselt, Sint-Truiden, Herk-de- Stad e Herstappe fino al confine con l’Olanda. Le origini risalgono al XII secolo. Il terreno è prevalentemente sabbioso, con sottostrato argilloso e calcareo. Le uve coltivate sono müllerthurgau, kerner, siegerrebe, pinot (bianco, grigio, nero e meunier), chardonnay, riesling, auxerrois, optima, ortega, dornfelder, wurzer, bacchus e merlot. Haspengouw (2000) è situata a occidente, tra le colline di Monteberg, Kemmelberg, Vidaigneberg, Rodeberg e Zwarteberg. Le colline forniscono una pendenza accentuata anche se i picchi non superano i 120 metri di altezza. Terreni sabbiosi si alternato ad argilla e arenaria ricca di minerali ferrosi. Le uve provengono da vigneti di Klijte, Dranouter, Kemmel, Loker, Nieuwkerke Reningelst, Westouter, Wijtschate e Wulvergem. Vitigni ammessi: müller-thurgau, kerner, siegerrebe, pinot (grigio e nero), chardonnay, riesling, auxerrois, dornfelder, regent, cabernet sauvignon, johanniter e muscat. Heuvelland Dal 2005 esiste una specifica denominazione per gli spumanti prodotti in Fiandra con Metodo Classico, settore in forte crescita: (Vino spumante di qualità della Fiandra). Le uve consentite sono chardonnay, pinot (nero, meunier, bianco, grigio), auxerrois, riesling. Vlaamse Mousserende Kwaliteitswijn Infine, un’indicazione geografica per i vini senza denominazione controllata: (Vino di terra di Fiandra), col solo requisito che il mosto provenga da vitis vinifera, o da ibridi tra questa e altre specie del genere vitis. Vlaamse Landwijn In Vallonia le denominazioni sono due, Côtes de Sambre et Meuse, del 2004, e Crémant de Vallonie, del 2008, per gli spumanti. La zona di produzione corrisponde al bacino idrografico della Mosa, costituito a sua volta da otto sottobacini: Mosa a monte e a valle, Sambre, Ourthe, Amblève, Semois, Chiers, Vesdre e Lesse. Si tratta delle valli tra i fiumi Sambre e Mosa. Le colline si rivelano molto adatte, con pendenze ottimali per il drenaggio e orientate per sfruttare il calore emesso dalle acque dei due fiumi. Il sottostrato consiste di un sottile strato di argilla con limo, calcare e sabbia. Una trentina di vignaioli lavora circa trenta ettari, con una produzione di mille ettolitri. Le uve autorizzate sono: auxerrois, bronner, chardonnay, chasselas, chenin, gamay, gewürztraminer, johanniter, madeleine d’angevine, merlot, merzeling, müller-thurgau, muscat, ortega, pinot (bianco, grigio e nero), regent, riesling, rivaner, seibel, siegerrebe e traminer. Côtes de Sambre et Meuse Gli spumanti prodotti con Metodo Classico hanno goduto di rapido successo, rivelandosi tra i migliori prodotti enologici del Belgio. Per il i vitigni consentiti sono chardonnay e i pinot (nero, bianco, meunier, grigio). Se si aggiungono auxerrois e riesling si deve usare la denominazione (Vino spumante di qualità della Vallonia). Il disciplinare dell’indicazione geografica (Vini dei giardini della Vallonia), del 2004, è identico a quello del Vlaamse Landwijn. Crémant de Vallonie Vin mousseux de qualité de Wallonie Vins des jardins de Vallonie GENOELS-ELDEREN, HASPENGOUW Magnifico il castello di Genoels-Elderen, ai margini dell’omonimo villaggio, a due passi da Tongeren, vicino a tumuli romani del I secolo d.C. L’edificio originario, del 1132, era la residenza estiva del vescovo di Liegi. Le cantine sotterranee di quel periodo sono ancora in uso. I proprietari, i signori van Rennes, genitori dell’enologa Joyce, che oggi gestisce la ditta con il marito Stefan, piantarono le prime 800 viti nel 1990 per hobby. Oggi la vigna vanta 22 ettari con oltre 10.000 piante. Dal 2006 si produce spumante con Metodo Classico, esclusivo delle annate più fredde, come il 2015. Spumante Zwarte Parel (Perla nera) 2012, 12,5% vol. Chardonnay 41%, Viognier 59% Giallo paglierino intenso, perlage energico e fine. Al naso prevalgono frutta esotica e fiori gialli. Non c’è una coesa fusione tra esuberanza carbonica e l’effetto rinfrescante ammicca a toni citrini; nonostante l’insolita cuvée, al palato offre spunti di freschezza ben equilibrata, presenta un cenno di cremosità e una persistenza gradevole. Si può abbinare alla zuppa di pesce (quella in bianco alla francese), o agli spaghetti alla cicala di mare con polvere di lemongrass. Spumante Zilveren Parel (Perla d’argento) 2011, 12,5% vol. Chardonnay 100% Si sale di categoria con questo coeur de cuvée, allevato in botti di rovere nuovo e per tre anni sui lieviti. Brilla nel colore paglierino. Il quadro olfattivo è intensamente fragrante, sia nel fruttato sia nella nota di lievito; ananas e pesca gialla si amalgamano a un lieve sentore di fiori bianchi. Al palato la freschezza è attenuata con eleganza da un po’ di dosaggio; chiude con un ritorno di nocciolina tostata. Può accompagnare pollo al limone, coniglio fritto, fino a reggere il confronto con una fettina di vitello alla crema di noci. Spumante Rose Parel (Perla rosa) 2013, 12,5% vol. Prevalenza di pinot nero Spuma vivace e bollicina microscopica. I toni olfattivi esprimono un fruttato molto fragrante, di mela rossa appena matura, susina e ciliegie; c’è il fiore della vite e un lievissimo lime. Il volume gassoso è intriso della potenza del pinot nero. La freschezza fruttata e la sapidità aiutano a costruire una struttura corposa. Lungo il finale. Va a nozze con il risotto allo Champagne e i primi ai frutti di mare; l’azzardo con la schnitzel può regalare una piacevole sorpresa. Chardonnay etichetta bianca 2014, 13% vol. Dopo 18 mesi di acciaio ha colore brillante che ammicca al verdolino. Il profumo è pieno e fragrante: fiori bianchi (iris e acacia), frutta tropicale, con quel naturale e sublimante effetto vaniglia che aiuta a creare un ventaglio di complessità. La dimensione gustativa si armonizza in un equilibrato effetto morbido/sapido, che rende lunga ed elegante la persistenza aromatica. Il ricordo complessivo del vino desta un’ottima impressione. Ideale con pesce alla griglia o all’acqua pazza. Chardonnay etichetta blu 2014, 13% vol. Tono cromatico quasi dorato. Note odorose di pesca gialla, mango e papaia, con soffi vanigliati. Il passaggio in legno per sei mesi dà maggior grinta alla sapidità rispetto alla freschezza. Equilibrato, ma nello stato evolutivo dell’attesa: gradevolissimo già ora, la sosta in vetro lo renderà eccellente. È vino da crostacei: dalle tartare ai carpacci, a quelli gratinati al pistacchio di Bronte, alla tradizionale “catalana”. Chardonnay etichetta oro 2012, 13% vol. Vendemmia tardiva di fine ottobre e resa con limite draconiano di 25 hl/ettaro. Ammiraglia della casa, questa bottiglia risplende di un magnifico oro profondo. Al naso esprime intensamente mele cotogne e marmellata di arance. Al palato dona sensazioni tattili di burro, accompagnate da una lunga persistenza. Un anno in legno e 6 mesi in acciaio, poi riposa un anno in bottiglia. Da stappare con piatti di carattere, come le quaglie in tegame. Pinot Nero 2013, 13% vol. Unico rosso della casa: emergono note di lamponi e bacche di goji. Moderatamente intenso e persistente. Un anno in botti di rovere francese, per un terzo nuove. Potrebbe esprimersi meglio dopo qualche anno in bottiglia. Si può abbinare a uno sformato di patate o a una parmigiana di melanzane. SCHORPION, HASPENGOUW Il vigneto si estende nel cuore del Limburgo. Nel 1994 i fratelli Wilfried e Robert Schorpion lanciano l’impresa e da allora hanno raccolto successi crescenti, puntando sulle bollicine. Alla coltivazione dei canonici chardonnay e pinot nero affiancano pinot bianco e auxerrois. Intrigante il motto, tutto un programma: Sapere aude! Spumante Goud (Oro) 2014, 12% vol. Chardonnay, auxerrois e pinot bianco Perlage abbastanza fine con catenelle regolari. Note moderatamente intense di limone e mela verde. Molto fresco questo blanc de blancs, dalla media persistenza. Può essere degustato come aperitivo con gamberetti crudi o caviale, o accostato a una pasta ai quattro formaggi. Ottimo anche come sorbetto, servito ben freddo tra due piatti corposi. CLOS D’OPLEEUW, HASPENGOUW Peter Colemont dalla produzione di frutta è passato a dedicarsi al vino. Clos d’Opleeuw, adiacente al villaggio di Gors, ha suolo argilloso e una pendenza del 7 per cento, un palcoscenico ideale sul quale Peter può esibirsi. Si è concentrato sullo chardonnay, cercando di avvicinarsi allo stile della Borgogna e utilizzando botti di rovere francese e belga. Chardonnay Cuvée Prestige 2014, 13% vol. Sorprendente ammiraglia dell’enologia belga. Giallo oro lucente. Sentori di vaniglia fanno capolino nella decisa mineralità. Dopo un anno in rovere nuovo il vino è già rotondo, morbido e in perfetto equilibrio. Per chi ama gli Chardonnay freschi e sapidi, un po’ in stile Chablis. Un vino persistente e armonico con potenziale da esplorare negli anni. Perfetto con le cozze al vino bianco, aglio e prezzemolo alla belga, ma non teme un tacchino arrosto all’americana in salsa di frutta rossa. ENTRE DEUX MONTS, HEUVELLAND Martin Bacquaert è cresciuto in mezzo al vino nel negozio del padre e si è specializzato in viticoltura ed enologia in Francia. Nel 2004 i primi impianti a kerner, cui ne sono seguiti altri di vari vitigni per un totale oggi di 14.000 piante. Il nome viene dalle due montagne (dolci colline, in realtà), Rossa e Nera, tra le quali si trova la vigna, nel Heuvelland, a poche centinaia di metri dal confine con la Francia. Spumante Wiscoutre Rosé 2014, 12% vol. Chardonnay, pinot nero, kerner Il nome del vino deriva da un’antica tribù di Franchi che vivevano nella regione. Livrea color ciliegia tenue. Attacco molto fresco al naso e prevalenza di lime e mandarino al palato. Note di frutta rossa in sottofondo. Un Rosé ottenuto da assemblaggio con moderata persistenza e intensità. Un anno sui lieviti. Si può bere come aperitivo, accompagnandolo con noci, arachidi salate, pistacchi o crostini di paté d’olive. PIETERSHOF, VLAAMSE LANDWIJN Il vigneto si trova nella regione di Fourons, tra le città di Aquisgrana, Liegi e Maastricht, al confine con l’Olanda, una regione di tradizioni vinicole fin dai tempi dei Romani. La località è quella di Nurop, vicino a Teuven, nella valle di Gulp. Il terreno è di natura calcarea ricca di minerali. Come vitigni Piet Akkermans utilizza pinot bianco e grigio, auxerrois, chardonnay e pinot nero. Pinot Gris/Pinot Noir Rosé 2013, 12,5% Il migliore dei vini di Pietershof è questa interessante cuvée di due Pinot. Color ciliegia tenue, moderatamente consistente, emergono subito al naso note intense di fragola e un lieve erbaceo. All’assaggio si presenta equilibrato, con cenni di mandorla cruda. Un vino di moderata struttura e persistenza. Trova ideali abbinamenti con il vitello tonnato, oppure con un sauté di cozze e vongole. ALDENEYCK, VLAAMSE LANDWIJN Già nel 750 d.C. si coltivava la vigna nei dintorni dell’abbazia di Alden Iker Saints Harlindis e Relindis, nel Limburgo. Dopo secoli di buio, Jake Purnot e poi Hein e Charles Henckens con la moglie Debbie nel 1999 decidono di trasformare la loro passione per il vino in lavoro. I primi ceppi di pinot bianco sono impiantati sulle pendici lungo la Mosa. L’esperimento si consolida in una vigna di 7 ettari con 30.000 piante di pinot nero e grigio. Aldeneyck Chardonnay Heerenlaak 2014, 12,7% vol. Ultimo nato in famiglia Aldeneyck, è uno Chardonnay sorprendente. Intenso e complesso al naso, con frutta tropicale, ananas e vaniglia in primo piano. Minerale e fresco, ma già rotondo, perfettamente equilibrato e persistente. Un vino di ottima struttura, con grande potenziale. Riposa per due anni in barrique nuove. Da abbinare a piatti moderatamente strutturati, come il risotto alla crema di scampi o la sogliola alla mugnaia. Aldeneyck Pinot Nero 2014, 12,8% vol. Rosso rubino intenso. Moderata intensità di ciliegie al naso, frutti di bosco, champignon. In bocca è gradevole e moderatamente persistente. Come carattere richiama i Pinot alsaziani. Da lasciare ancora in bottiglia per raggiungere maggiore equilibrio. Perfetto con un’imponente choucroute alsaziana, o uno stoemp bruxellese con boudin. CHÂTEAU BON BARON, CÔTES DE SAMBRE ET MEUSE Le prime vigne di queste terre appaiono nelle cartoline del XIX secolo che raffigurano la zona di Profondeville. L’azienda di Jeannette van der Steen e del marito Piotr, nata nel 2001, aderisce a principi rigorosamente organici. Una piccola produzione da condividere con pochi ospiti è diventata, con 17 ettari, una delle principali aziende del paese, che si sviluppa su tre appezzamenti lungo la Mosa. Château Bon Baron Pinot Nero 2013, 12% vol. Colore rubino intenso. Il quadro olfattivo sprigiona ricordi di more e sbuffi di muschio. Al palato emerge con moderata persistenza la frutta rossa selvatica. La freschezza si palesa accompagnata da una piacevole sensazione vellutata. Semplice ed equilibrato. Sosta per un anno in barrique. Un Pinot nero facile senza grande potenziale evolutivo. Si abbina a formaggi di media stagionatura. Château Bon Baron Acolon 2014, 13% vol. Il migliore rosso di Bon Baron, forse di tutto il Belgio. Acolon è un vitigno tedesco creato nel 1971 incrociando dornfelder e blaufrankisch. Manto rosso rubino scuro. Al naso spiccano cenni di frutta rossa e nera con sbuffi di cacao e cuoio. Buona mineralità e tannini ingentiliti da un anno in barrique nuove ne fanno un vino equilibrato e strutturato, che darà crescenti soddisfazioni nel tempo. Compagno ideale per un risotto ai funghi o cacciagione. Château Bon Baron Chardonnay 2013, 12,5% vol. Giallo oro profondo, consistente. Il quadro olfattivo è caratterizzato da cenni di mele golden e ananas intrecciati a miele di acacia, con soffi di vaniglia. Media intensità e persistenza al palato, con una mineralità prominente ma ben equilibrata dai 18 mesi in barrique. Dal sicuro potenziale evolutivo. Lo si può accostare a una coda di rospo e patate al forno. LE VIGNOBLE DES AGAISES, VINS DE PAYS DES JARDINS DE VALLONIE Cominciando con 600 piante di pinot nero, Raymond Leroy ha realizzato un sogno iniziato nella sua enoteca. Dai due ettari del 2002 oggi siamo a 23 e forse aumenteranno ancora. Il podere si avvantaggia di una ventilazione costante che asciuga le piante dalle frequenti piogge. Non a caso accanto alla vigna sorge una poderosa batteria di generatori eolici. Il Metodo Classico è applicato a tutti i vini, da chardonnay, pinot nero e meunier. A differenza della Champagne, dove si dosano vini bianchi e rossi, prodotti separatamente, per ottenere il Rosé, qui si lavora calcolando la giusta macerazione delle uve rosse e vinificando la cuvée tutta insieme. Spumante Ruffus Cuvée du Seigneur 2014, 12,5% vol. Chardonnay 100% Livrea giallo paglierino, con perlage deciso e incessante. Si sente subito la fragranza di pane fresco dello chardonnay. La freschezza è decisamente prevalente al palato, con intrigante mineralità. Un vino di moderato equilibrio e persistenza. Adatto a crostini di salmone affumicato e canapé ai frutti di mare. Spumante Ruffus Sauvage 2011, 12,5% vol. Chardonnay 100%, Pas dosé Unica differenza dal Seigneur è la mancanza di dosaggio. Colore giallo paglierino. Al naso emergono lime e mele golden. Il palato è fresco e minerale, con accenni citrini che non disturbano l’equilibrio. Moderatamente persistente. Si consiglia di attendere ancora qualche anno per far smussare l’acidità. Perfetto con ostriche, frutti di mare e crostacei crudi. Spumante Ruffus Rosé 2014, 12,5% vol. 50% chardonnay, 25% pinot nero, 25% pinot meunier Color cerasuolo tenue, sfoggia un perlage medio. Al naso spiccano profumi fruttati, di mela, susina e mandarino, con sentori di vaniglia. Al palato risulta meno fresco delle cuvée bianche. Equilibrato, moderatamente persistente e pronto. Si addice alle matjes, aringhe in salamoia con cipolla della tarda primavera belga e olandese. THORN, MAASVALLEIWIJN, OLANDA Si trova nel Limburgo olandese, vicino a Maastricht, a poche centinaia di metri dalla frontiera belga. Produce i suoi bianchi (da auxerrois, pinot grigio, dornfelder) in acciaio o acciaio misto a rovere francese nuovo o vecchio, mentre per i Pinot noir si utilizzano esclusivamente barrique francesi. Dunque, un vino olandese, ma sta chiedendo, insieme a Aldeneyck (Limburgo belga) una denominazione transfrontaliera (Belgio/Paesi Bassi) che si chiamerà “Maasvallei Limburg”. Si fa l’Europa anche con il vino. Thorn Pinot Nero 2013, 13% vol. Rosso rubino acceso. Al naso si propongono intense note di sottobosco e felce, cenni pepati e cacao. In bocca i tannini rotondi, dono del rovere (30 per cento nuovo) ne fanno un vino equilibrato e moderatamente lungo. Accompagna il prosciutto dolce del Friuli, o una zuppa di cipolle alla francese.