barley time Riccardo Antonelli L’alchimia dei magnifici Vini d’orzo e la magia dell’evoluzione nel tempo, loro valido alleato. Sono sempre stato un sostenitore “dell’amicizia” profonda che può legare il vino alla birra. Non lo nego. Sebbene anni di studi mi abbiano fatto conoscere decine di schemi e grafici riguardanti prodotti diversi in competizione, ho sempre scostato dai miei pensieri il fatto che birra e vino potessero in qualche modo non andare d’accordo. Durante le lezioni d’economia, nei miei deliranti ragionamenti , vino e birra andavano a braccetto in giro per osterie, amici di lunga data, insegnandosi a vicenda come amare e festeggiare le piccole e le grandi questioni della vita.Tutto ciò, beninteso, fino al momento in cui uno dei due attori non prevarica realmente il campo dell’altro. fantastichevoli I Barley Wine fanno la prima comparsa sulla scena mondiale attorno alla seconda metà dell’Ottocento, in Inghilterra. I grandi vini di Bordeaux si imponevano già da tempo, ma con l’implemento dei trasporti e del commercio divennero incredibilmente famosi, sposando l’immagine di un prodotto qualitativamente elevato ed estremamente longevo. Il vino quindi affermava sempre più questi caratteri nobiliari e consolidava il concetto dell’affinamento, l’idea del miglioramento nel tempo. L’Inghilterra, per non essere da meno, ma avendo un territorio sostanzialmente ostile alla coltivazione della vite (almeno sino a oggi), per tutta risposta iniziò a produrre una birra con le stesse caratteristiche peculiari. Questa idea folle diede i natali ai Barley Wine, letteralmente i “vini d’orzo”. Sono birre caratterizzate da un tenore alcolico alto (in genere tra 8 e 12% vol.), maturate in birrificio per lunghi periodi, anche per due anni, in bottiglia oppure in botti di legno nuove o, più sovente, esauste dopo l’uso di distillati o vini fortificati. Possiedono le caratteristiche di base di un buon vino rosso da invecchiamento: magnifica complessità olfattiva, grande intensità e persistenza. Per queste caratteristiche e per la capacità di evoluzione in bottiglia, i Barley Wine hanno questo nome che li imparenta “teatralmente” alla sfera enologica più che a quella brassicola. Parliamo sempre di un magistrale virtuosismo dei birrai dell’epoca che, grazie a qualche intuizione e a qualche esperimento riuscito, diedero il via a una produzione del tutto nuova, etichettata così solo nel 1870 quando la Bass, birrificio storico della capitale inglese della birra (Burton upon Trent) imbottigliò la n. 1. Per via del contributo alcolico, unito alle eclatanti capacità nutritive (e, aggiungo, probabilmente non sapendo ancora come commercializzare e proporre un prodotto così innovativo), una bizzarra pubblicità dell’epoca presentava il Barley Wine della Bass come un ottimo rimedio palliativo dei malanni di stagione: i medici stessi lo giudicavano una piccola panacea. Certamente non gli mancavano proprietà balsamiche di un certo livello per giustificare il tutto. Da quel momento diversi birrifici iniziarono a proporre birre simili, ma non avendo un vero e proprio stile definito si arrivò a produrre birre assai eterogenee, accomunate quasi solo dall’alcolicità e dall’essere in generale la proposta più forte e strutturata di ogni azienda. Ci volle circa un secolo per estrapolare un concetto base di Barley Wine inglese, anche se a oggi abbiamo ancora confini molto elastici, grazie alla leggenda che si creò attorno a una birra in particolare, quasi introvabile, numerata e prodotta in serie limitata una sola volta l’anno. I birrai tentarono di emulare quella ricetta e fu così che si delineò una linea guida.Tutti adoravano questa birra e il suo alone di mistero. Nel 1968 vede i natali la mitologica Thomas Hardy’s Ale. Erano passati quarant’anni dalla scomparsa dell’omonimo celebre scrittore del Dorset, quando un birraio della stessa contea, Denis Edwin Holliday, forte estimatore degli scritti di Hardy, leggendo un passo di una novella dell’autore ebbe un’illuminazione. Nello scritto si parlava di “una forte birra del Dorchester che aveva il più bel colore che l’occhio di un artista potesse desiderare, piena nel corpo, ma vivace come un vulcano, piccante, ma senza stonature, luminosa come un tramonto autunnale, priva di difetti nel gusto, ma, alla fine, piuttosto inebriante”. Da questa base, Denis decise di commemorare l’artista stimato omaggiandolo come poteva. E così, a capo della Eldridge Pope Brewery, produsse una birra del tutto simile a quella immaginata dal poeta quasi novant’anni prima, la Thomas Hardy’s Ale appunto, caratterizzata da un elevato contenuto alcolico, un corpo deciso e una magnifica persistenza, lasciata maturare per lungo tempo nel legno e quindi dotata anche di una splendida longevità (promessi fino a venticinque anni di evoluzione). L’alone elitario quasi mistico creato attorno a questo prodotto si sviluppò quasi subito, anche grazie alle sostanziali difficoltà di reperimento. Questo “blend” tra esclusività e altissima qualità creò la leggenda. The Trumpet Major Così, al pari dei grandi vini blasonati di Bordeaux e Borgogna, il pubblico iniziò a interessarsi anche a birre speciali e a considerarle oggetti di culto, organizzando degustazioni verticali e sperimentando sempre più abilmente abbinamenti gastronomici anche in banchetti di rilievo fino a quel tempo esclusivi dei fermentati d’uva. Una piccola miccia esplosa nella mia fantasia iniziale, ma certamente un’amicizia non condivisibile per tutti gli stili. Se è vero che il Barley Wine inglese assunse (ivi compresi quelli odierni) gli aspetti già descritti basati su una generale morbidezza e rotondità, oltreoceano invece, nelle coste USA, il Barley Wine fu dominato da una personale interpretazione che promuoveva le grandi materie prime brassicole americane, vanto in ogni dove: i luppoli. Abbiamo inquadrato la differenza fondamentale tra le due tipologie, simili a livello generale ma a guardar bene assai lontane. La matrice americana è caratterizzata da questo piccolo segreto: luppolo utilizzato in quantità maggiori sia in amaro sia in aroma, capace di donare magnifiche sensazioni aromatiche, agrumate e resinose, così come un forte impatto amaricante. Notare bene che i Barley Wine in generale, ma specialmente quelli statunitensi, sono tra gli stili più amari in assoluto, eppure spesso, grazie a una sostanziale fibra maltata e alcolica volta a bilanciare il tutto, il luppolo e il suo amaro relativo risultano recitare una parte minore. Il Barley Wine inglese può essere anche di colore più scuro, più maltato e fruttato, e accostarsi (quando “delicati” o giovani) all’idea generale di una British Old Ale. Uno dei primi virtuosismi americani per questo stile (altra piccola differenza, negli States scrivono BarleyWine - tutto attaccato) si ebbe nel 1975 grazie al lavoro della Anchor Brewing Company, che elaborò la Old Foghorn. Pochi anni dopo, nel 1983, il birrificio Sierra Nevada segnò i precetti generali dello stile da cui avrebbero attinto in seguito tutti gli altri birrifici per i loro BarleyWine: la Bigfoot. Leggenda vuole che, a seguito di un’analisi fatta svolgere su questa birra, il laboratorio chiamò il birrificio dicendo:“Il vostro BarleyWine è troppo amaro” e per tutta risposta si sentirono replicare dal birrificio: “Grazie!”. Diamo uno sguardo a questo panorama così interessante, fatto di pazienza e di attenzioni, un insieme di birre capaci di regalare fortissime emozioni anche a distanza di cinquant’anni, con le varianti americane o inglesi, oppure con le centinaia di interpretazioni che il mondo intero propone sempre più coscientemente, ivi compreso il genio italiano. : Anchor Brewing Co. Birrificio : Old Foghorn Birra : BarleyWine Stile : 8,2% vol. Grado alcolico : San Francisco (USA) Zona di produzione : Birra dal color ramato carico, brillante. Schiuma beige fine e decisamente persistente. Al naso è subito di impatto grazie a un’ottima intensità e ampiezza. Aromi luppolati forti giocano tra il boscoso, il terriccio, l’arancia caramellata e il chinotto. Man mano che respira nel calice evolve in aromi più scuri, come prugne secche, datteri, pepe nero, vinoso e caramello. In bocca ha un attacco dolciastro, velocemente bilanciato da una buona bollicina e da un finale secco e abbastanza amaro. Birra molto persistente e intensa, calda e morbida. Scheda di degustazione : Parmigiano reggiano 48 mesi. Abbinamento : Brasserie Dieu du Ciel Birrificio : Solstice d’Hiver Birra : BarleyWine Stile : 10,2% vol. Grado alcolico : Québec (Canada) Zona di produzione : Aspetto molto invitante, colore bruno scuro con riflessi ramati brillanti. Schiuma molto fine, compatta e persistente color beige. Profumi mediamente intensi ma molto complessi: sentori legnosi, cuoio, toffee, a tratti più fruttati di banana, kiwi, uva passa. Nel tempo evolvono verso il sottobosco, richiamando funghi cantarelli e tabacco cubano giovane. Al palato è dolce e dotata di altissimi livelli d’intensità e persistenza. Birra robusta che altalena tra l’amaro del caffè molto prolungato, un’ottima morbidezza e una lieve bollicina. Alcol forse leggermente eccessivamente dominante. Scheda di degustazione : Panpepato ternano. Abbinamento : O’Hanlon’s Brewery Birrificio : Thomas Hardy’s Ale Vintage 2015 Birra : Barley Wine Stile : 11,7% vol. Grado alcolico : Inghilterra Zona di produzione : Riprodotta da pochissimo, la leggendaria Thomas Hardy’s Ale 2015 si presenta color mattone scuro, con riflessi aranciati. La schiuma beige è magnificamente fine ma, come spesso accade in questo stile, non è affatto persistente. Intensa e complessa al naso, denota un carattere ancora molto giovanile. Sentori di pesche e susine si alternano a miele di castagno, anacardi e caffè d’orzo in polvere. In bocca conferma la sua giovinezza esplodendo in un amaro sostenuto, bilanciato in maniera frettolosa da tanta dolcezza e sensazione pseudo-calorica. S’intuisce la buona volontà nel riproporre un mito simile e, conoscendo le virtù di questo nettare, mi rimetto al tempo che le donerà sicuramente maggiore armonia, sebbene sia evidente la necessità di un tocco più tradizionale nelle prossime edizioni. Scheda di degustazione : Tabacco da pipa inglese Black Cavendish. Abbinamento : Mikkeller (Danimarca) + Three Floyds (USA) Birrificio : Boogoop Birra : Wheat-Wine Stile : 10,4% vol. Grado alcolico : Belgio Zona di produzione : Color ramato scuro, leggermente velato dalla schiuma avana compatta ma poco persistente. Profumi notevolmente complessi e dotati di ottima intensità, come pompelmo, caramella mou e terriccio bagnato, fino ad arrivare a sensazioni di sciroppo d’acero, corteccia e melassa dopo almeno dieci minuti dall’apertura. All’assaggio risulta calda, morbida e dolce. Permane a lungo un piacevolissimo amaro dato dai malti caramellati che ingentilisce la bevuta equilibrando il tutto. Robusta e molto persistente. Scheda di degustazione : Gulasch ungherese con polenta tirolese. Abbinamento : Birrificio del Ducato Birrificio : La prima Luna Birra : Barley Wine Stile : 12% vol. Grado alcolico : Roncole Verdi di Busseto (Parma) Zona di produzione : Birra torbida dal colore ramato, ravvivato da sferzanti riflessi rossastri. Schiuma beige poco dominante, grana grossa e persistenza minima. Al naso rivela interessanti sentori fruttati che rimandano alle amarene e ai fichi glassati, passando da sensazioni biscottate e malti caramellati. All’assaggio è immediatamente di corpo, incidendo la propria anima tra i toni morbidi dello zucchero residuo, dell’alcol e della relativa sensazione pseudo-calorica, il tutto ben accompagnato da una notevole frizzantezza che rende equilibrata la degustazione in pochi secondi, accantonando l’incisività della struttura iniziale a favore di più miti aromi di bocca che ricordano il miele e il nocciolo della ciliegia. Scheda di degustazione : Cioccolato fondente 80% al rum. Abbinamento : Hilltop Brewery Birrificio : Via della Cornacchia Vintage 2016 Birra : Barley Wine Stile : 11,5% vol. Grado alcolico : Bassano Romano (Roma) Zona di produzione : Birra non rifermentata, che quindi non presenta schiuma e frizzantezza, in stile. Color ambra vivo con riflessi aranciati. Al naso è intensa e ampia negli aromi, che vanno dalla crema di nocciola (presente la farina di nocciola in ricetta, oltretutto) alle caramelle d’orzo. Evolve in note più balsamiche, radice di liquirizia e fichi secchi, per poi chiudere su toni minerali scuri, mandorle e porcini freschi. In bocca l’attacco è quasi sapido (forse merito del retro-amaro), e immediatamente dopo si maritano alla perfezione sensazioni dolci e alcoliche con un amaro sostenuto. Tornano aromi di nocciole e confetti, chiudendo con una buona celebrazione dell’umami (che tra una decina d’anni potremmo probabilmente definire eccellente). Scheda di degustazione : Funghi porcini in pastella fritti. Abbinamento : Hilltop Brewery Birrificio : Via della Cornacchia Vintage 2016 Birra : Barley Wine Barricata Stile : 11,5% vol. Grado alcolico : Bassano Romano (Roma) Zona di produzione : Ho ritenuto interessante, parlando dei Barley Wine, vedere come si comporta la birra a seguito di maturazioni spesso considerate (erroneamente) desuete, come quelle in legno. Quindi, stessa birra, ma evoluzione in botte piccola che ha contenuto marsala. Nel calice si presenta piatta - non rifermentata - esattamente come la precedente, e con un colore leggermente più bruno, tagliato da riflessi rossi più accesi. Aromi più scuri arrivano al naso, come ginepro, mirto e fumé, fino a giungere a visciole sotto spirito, gianduiotto e marsala dopo circa venti minuti di apertura. In bocca risulta più pronta e morbida della precedente, con livelli amarognoli meno pungenti; è una birra più matura dai toni gradevoli già evoluti anche di leggera ossidazione. Una bottiglia che sacrifica un poco d’intensità a favore di un più consapevole equilibrio di fondo. Scheda di degustazione : Bavarese alla nocciola e pistacchio, con riduzione di marsala. Abbinamento