temperatura senza paura
Luigi Caricato

Facciamo un po’ di chiarezza su una questione troppo spesso vessata da equivoci, pregiudizi e falsità: l’olio extra vergine di oliva si presta alla cottura?

Sembra impossibile, ma è così. Molti chef dicono di avere a cuore la bontà dell’olio extra vergine di oliva, al punto da non utilizzarlo nemmeno. Optano per un impiego solo a crudo. Quindi, per espresse necessità tecniche, ricorrono inevitabilmente a quantità modeste di extra vergine. Giusto, giustissimo. D’altra parte, essendo un olio dall’alto effetto condente, non c’è motivo di versarne troppo: coprirebbe i sapori di altri cibi.

Comprendo molto bene questo grande amore nei confronti di un alimento/condimento decisamente superiore a ogni altro grasso alimentare in commercio - superiore, va detto, sul piano sensoriale, nutrizionale e salutistico -, ma è un grave errore, e non di scarso rilievo, sostenere che l’extra vergine sia da impiegare solo a crudo.

È un errore molto grave che va necessariamente superato, proprio per evitare malintesi. Anche perché oggi gli chef - che siano bravi o meno, poco importa - hanno sempre una cassa di risonanza smisurata. È sufficiente che muovano le labbra per essere subito creduti, senza nemmeno che si razionalizzi e verifichi quanto vanno affermando.

Sono del parere che lo chef debba assumersi la responsabilità di ciò che afferma. Avendo un ruolo pubblico, oltre agli onori ricadono su di lui anche oneri e doveri.

Non è una critica agli chef, per carità. È comprensibile la loro condizione, lo stato di stress cui sono sottoposti, dato che oltre alla cucina debbono gestire la propria immagine pubblica, soprattutto se chef televisivi. Non per questo le loro dichiarazioni non devono essere accuratamente vagliate affinché risultino esatte e deontologicamente corrette. Agli chef corre l’obbligo di fare una corretta informazione e di non ingenerare equivoci o dubbi.