chardonnay in Champagne
Roberto Bellini

Nella Champagne si inizia a parlare relativamente tardi di uva bianca di qualità. Prima dell’esplosione del vino bianco - dettata peraltro da eventi non favorevoli alla produzione del più diffuso rosso - in tutta l’Île de France, inclusa l’attuale Vallée de la Marne, il vino rosso tendeva a imitare il vincente modello enologico della Borgogna. Si tratta di un arco temporale di tre secoli, dal 1375 al 1660, in cui il vino di qualità si colorava di rosso impiegando i diversi pinot, mentre il meglio dei bianchi derivava dalle uve fromenteau e dal rustico gouais blanc.

Agli inizi dell’Ottocento si citano alcune varietà di pinot blanc, detto anche pineau, e il morillon blanc, stranamente staccato dal pinot blanc nonostante gli ampelografi li ritengano una sola varietà. Nella Marna c’erano uve bianche cosiddette d’ordinanza - e questo la dice lunga sul loro potenziale qualitativo - come il petit blanc, il blanc doré, l’épinette blanche, il gros blanc e il beaunois. Nel territorio di Château Thierry e dintorni si incontravano il bargeois e il bon blanc, mentre l’arboiser, l’arbanne e lo chasselas doré riscuotevano un certo prestigio nell’Aube.

E lo chardonnay dov’era? Il mistero non è stato ancora svelato e l’incertezza su uno scambio d’identità con il pinot bianco è tuttora oggetto di dibattito, forse perché nella Côte d’Or nel 1827 era chiamato anche pineau blanc, e con lo stesso nome si trova coltivato nella Saône-et-Loire già nel 1685.

Solo dal 1870 si impiega con maggior frequenza il nome chardonnet/chardonnay, ma una vera distinzione ampelografica tra pinot blanc e chardonnay non compare prima del XX secolo.

La grafia “chardonnay” fu motivo di molte discussioni tra gli ampelografi riunitisi in congresso a Chalon-sur-Saône nel 1896, ma non si riuscì a raggiungere un consenso unanime tra i due nomi (chardonnay, chardonnet).

Parlare di chardonnay in Champagne genera molti dubbi, soprattutto considerando che nel Novecento le varietà di pinot blanc producevano oltre un terzo delle uve utilizzate per lo Champagne, includendo probabilmente anche il pinot blanc vrai e lo chardonnay. La coltivazione era ristretta all’area dell’attuale Côte des Blancs, compresi Val du Petit Morin e Côte de Sézanne. I dubbi aumentano analizzando il resoconto riportato nel 1883 nell’Inchiesta sulla vigna: si afferma che il pinot blanc, poco fertile, era il solo ad assicurare fama e rinomanza ai vigneti tra la Côte de Chouilly e Mesnil, perché dava un vino molto fine. Ciò non coincide con quanto riportano gli studiosi Pierre Rézeau e Pierre Galet, che identificano il pinot blanc come un’uva dal potenziale in finezza inferiore allo chardonnay, ma soprattutto - e qui sta l’incongruenza - molto produttivo. Risulta un po’ dissonante il “molto fine” per il pinot blanc, perché il vino possiede un tono fruttato e un insieme gustativo più “dolce”, più maturo, quindi con una finezza generale meno stimolante rispetto allo chardonnay, dotato di una frizzante energia sospinta da sottili vibrazioni agrumate.