Dall’Alto Adige all’Alsazia e ritorno, con tappa finale nel ventre di una montagna, alla scoperta di un vino affinato in miniera.
Gewürztramin(i)er
Matteo Baldini
Gewürztraminer degli anni Novanta e gli inizi del Duemila, quando questo vino, divenuto di moda, è entrato con prepotenza nelle carte dei ristoranti e sulle lavagnette dei winebar, soppiantando il più autarchico “Traminer aromatico”.
Parlare di Gewürztraminer oggi significa trovarsi di fronte a un bivio. Da una parte l’Alsazia, patria indiscussa della varietà, che con 2900 ettari vitati corrisponde al 24 per cento della superficie della denominazione. Sono alsaziani i più grandi Gewürztraminer del mondo che la tradizione vuole con un elevato residuo zuccherino.
Dall’altra l’Alto Adige. Qui la produzione è decisamente più contenuta e la superficie vitata non arriva a 600 ettari, ma vanta una tradizione altrettanto forte e per lungo tempo è stata considerata culla di questa varietà. Nella Bassa Atesina si trova infatti Tramin (Termeno in italiano), che potrebbe aver dato origine e nome al vitigno. Così abbiamo studiato sui libri di testo e così si legge sulla pagina Wikipedia francese dedicata al Gewürztraminer. Una versione quindi ampiamente accreditata e diffusa, che tuttavia nasconde una realtà ben più complessa.
Il traminer è tra le varietà più antiche conosciute, con origini che potrebbero risalire a più di mille anni fa. È figlio dell’antico savagnin e si è diffuso grazie agli scambi di popoli tra Alsazia, Germania e Austria, favoriti dalla comune appartenenza al Sacro Romano Impero. Le prime testimonianze di traminer in Alto Adige risalgono però solo al 1242, quindi parecchio tempo dopo la probabile origine della varietà.
Della questione si è occupato anche il professor Attilio Scienza in un convegno organizzato a Bolzano nel 2011. Ha rintracciato una prima citazione di traminer risalente al VII secolo,“uvae atrae traminae cognominatae”, e indicato come origine più attendibile la regione tedesca del Palatinato, lungo la valle del Reno. Una tesi suffragata da recenti ricerche genetiche che hanno individuato tratti in comune con viti selvatiche della Renania.
Le stesse ricerche hanno dimostrato una parentela di primo grado tra il pinot nero e il traminer, entrambi addomesticati dalla vite selvatica; mancherebbe però un punto di interrelazione tra i due, dovuto probabilmente a un vitigno estinto (forse il gouais blanc). Attraverso incroci con altri vitigni sarebbero quindi state generate dal traminer varietà come riesling, sauvignon e sylvaner e una parentela meno stretta ci sarebbe anche con la ribolla. Pure lo spagnolo albariño sarebbe imparentato con il traminer, tanto che il nome significherebbe “vitigno bianco del Reno”.