Imprevedibile nel 1800 e pianificata a tavolino oggi, la fermentazione malolattica arrotonda e stabilizza i vini, riorganizzandone l’equilibrio gustativo e regalando maggiore armonia. Purché la si sappia gestire.
permalosa malolattica
Cristina Serra
“A San Martino ogni mosto diventa vino”, recita un noto proverbio dedicato all’11 novembre, data in cui la cultura contadina festeggia la fine della stagione agricola con sagre e libagioni di vino novello. Patrono dei vignaioli, dei vendemmiatori e dei sommelier, san Martino e il giorno a lui dedicato santificano un momento importante nel ciclo vitivinicolo, quando è tempo di finire il vino vecchio e preparare le botti ad accogliere quello nuovo.
Che il vecchio mosto abbia ormai lasciato il posto a un giovane energico è fuori di dubbio.Tuttavia, se potessimo farci piccoli piccoli e guardare il mondo dalla prospettiva di un lievito o di un batterio, tuffandoci in quel succo d’uva che si è quasi completamente spogliato della sua infanzia, vedremmo che la storia del vino non finisce qui.
Perché, se è vero che la qualità si fa in vigna e che la fermentazione alcolica fa la parte del leone, è altresì vero che una fase successiva non sempre facilmente controllabile può conferire al vino caratteristiche di maggior pregio, che lo rendono più equilibrato e biologicamente stabile. A patto di saperla gestire in maniera corretta.
La fermentazione malolattica (FML) è, in effetti, uno dei passaggi critici della giovinezza di molti vini, rossi e bianchi. Si svolge grazie all’azione di batteri lattici del genere Lactobacillus, Pediococcus, Leuconostoc batteri lo distruggono”.
Accade questo: grazie a un enzima sintetizzato da alcuni batteri lattici, il pungente e aggressivo acido L-malico perde un gruppo acido (tecnicamente si decarbossila) per trasformarsi nel più “morbido” acido L-lattico, eliminando una molecola di anidride carbonica. Nonostante sia un enzima a firmare questo divorzio chimico, a livello terminologico si continua a parlare di fermentazione. Verosimilmente, per analogia con la fermentazione alcolica, in cui si ha liberazione di anidride carbonica ma in quantità molto più massiccia.
Uno dei primi risultati è un aumento del pH che, nei vini rossi, attenua l’astringenza spostando l’equilibrio gustativo verso una maggiore morbidezza. I vini diventano più corposi e persistenti, arricchendosi di note speziate, noce, cuoio e, a volte, di sentori di leggera tostatura. A beneficiare in particolar modo della malolattica sono i vini con spiccata acidità, per esempio Refosco e Terrano, che dopo la fermentazione secondaria vedono smorzata di molto la loro aggressività, acquisendo in piacevolezza.