Fruscio di sete, gioielli, mesdames dalle eleganti acconciature, messieurs impettiti, lumi di maestosi candelabri, broccati e tavole finemente imbandite: ammirare i menu del passato fa volare l’immaginazione verso mondi d’antan, preziosi e raffinati. Con una certa nostalgia per scenari ormai definitivamente scomparsi.
Leggerli ad alta voce è musica: Consommé à la Sevigné, Petites timbales à la Royale et friandises, Loup de mer garni sauce Waterfish, Filet de boeuf à la Vernon sauce financière, Cailles truffés à la Lucullus, Chaud-froid de faisan à la Parisienne, Punch à la Romaine, Asperges en branches, Rôti: Chapons, Salade Vénitienne, Ruche d’abeilles à la Chantilly, Pêche à la Savoyarde...
I menu raccontano molto. Sono una fonte utile in numerosi campi di ricerca, dalla storia della cucina e della gastronomia alla sociologia, passando per quelle dell’illustrazione, dell’immagine, delle mode e dei costumi. Intesi sia come elementi cartacei sia come sequenza di portate, sono contenuto e contenitore, legati indissolubilmente l’uno all’altro.
Redatti a forma di libretto o composti da un foglio ripiegato su un elegante nastro in seta, testimoniano avvenimenti da ricordare, pubblici e privati, preziosi souvenirs che rivelano piccole e grandi storie; d’altronde, molte guerre sono iniziate e finite a tavola, e pure matrimoni, famiglie, fortune e mode. Grazie alle attente ricerche di collezionisti di menu, come Adriano e Rosalba Benzi di Acqui Terme, è possibile ricostruire la grammatica del gusto, le abitudini e le tendenze di periodi e personaggi storici, di casati nobiliari e di gente semplice, lontana dai fasti della storia. Sono opere d’arte rare, perché a tiratura limitata ai soli partecipanti.