“Niente rende il futuro così roseo come il contemplarlo attraverso un bicchiere di Chambertin”. Chissà se Napoleone ha davvero pronunciato queste parole, la sera del 17 giugno 1815, alla vigilia della pesante sconfitta di Waterloo. Di certo, il “piccolo caporale” corso amava molto il Pinot Nero, tra i vini più famosi e difficili al mondo. E non arrivò al 1847, quando il nome del paese di Gevrey fu unito a quello del vigneto.
Da Gevrey-Chambertin inizia la Côte des Grands Crus, in Borgogna, la culla del Pinot Nero in versione rosso, secco e fermo. Qui, tra la Saona e il Rodano, nel V secolo si stabilirono i Burgundi, che diedero il nome alla terra, ed è qui che un tale Bertin iniziò a produrre nel suo champ de Bertin quello che oggi è uno dei più pregiati vini Aoc.
Elusivo ed esclusivo, il Pinot Nero raggiunge quotazioni da capogiro, come quel Romanée Conti del 1945 battuto da Christie’s a circa 35.000 euro. Per chi si accontenta, ci sono bottiglie più modeste, a solo 4000 euro…
Perché questo trionfo? Perché un metro più in qua o più in là fra i clos, parcelle milionarie grandi quanto un fazzoletto ben disteso, può fare la differenza: per giacitura, ventilazione, escursione termica. Perché i cloni usati sono quelli giusti. Per il suolo calcareo, la torchiatura, la macerazione a freddo prefermentativa, e molto altro ancora.
Di fatto il Pinot Nero è una sfida nella quale, oltre alla Francia, si cimentano Nuova Zelanda, Australia, Canada, Stati Uniti, Argentina, Sud Africa, Svizzera, Austria, Germania, Romania e, ovviamente, Italia. Non tutti con lo stesso risultato, perché fuori dalla Borgogna le uve possono dare vini da ottimi a (spesso) mediocri o scadenti.
Si pone un interrogativo filosofico: esiste un Pinot Nero iperuranico - quello borgognone - da prendere a modello, o meglio sarebbe se i vini esprimessero personalità diverse in base al terroir e alla filosofia aziendale?
Peter Dipoli, dell’omonima azienda agricola e vice presidente del comitato organizzatore del Concorso nazionale Pinot Nero d’Italia, ha un’idea precisa:“Il Pinot Nero è un grandissimo vino che il mercato sta snaturando. Fuor di Borgogna non dovrebbe ricalcarne le caratteristiche. Piuttosto, una volta selezionato il territorio, deve esprimere il suo carattere e non la visione dell’enologo, che lo forza in barrique o con macerazioni inappropriate”.