finger lakes
Federica Zaccarelli

A nord-ovest dello Stato di New York, in quella fredda regione geografica chiamata Ontario, a cavallo tra gli Stati Uniti e il Canada, si trovano i Finger Lakes, così chiamati per la loro forma che ricorda lunghe dita. Questa terra di laghi è stata trasformata in poco più di vent’anni in una realtà vitivinicola di prestigio, capace di cambiare in meglio il panorama enologico dell’America Settentrionale e non solo.


Approcciare una zona così distante dal Vecchio Continente per gusti e tradizione è sempre una sfida per chi è abituato a rigidi disciplinari, tradizioni consolidate e un legame viscerale con il terroir e le corrispondenti cultivar, che insieme designano le denominazioni di origine e la tipicità dei prodotti. Ricordo quando, in Birmania, un enologo tedesco mi spiegò come una piccola parte di mosto concentrato proveniente dal Sud Africa portasse ai loro vini quel qualcosa in più che riusciva a completarli - affermazione sicuramente vera. La mia espressione di dissenso deve aver tradito così tanto i miei sforzi di restare impassibile, che subito, prima che potessi replicare, l’esperto mi esortò a non ragionare da novella sommelier italiana, ma da sperimentatrice, e di immedesimarmi nel sogno difficile di chi ha creduto di poter fare vino laddove prima si coltivava il mango. Da allora ho preso questo suggerimento come regola. Occorre pensare a queste nuove zone vitivinicole come a una tabula rasa dalle infinite potenzialità: non avendo legami vincolanti con il passato, hanno l’opportunità di sperimentare in vigna e cantina, per costruire ad hoc il proprio vino, senza pregiudizi né critiche.