“Mi hai mentito.” Il suo sguardo deluso fisso su di me e sulla bottiglia, il mio, confuso e stranito, ancora incollato sullo schermo del pc. “Questo vino non è bio, non c’è scritto da nessuna parte! E ha pure i solfiti! E di sicuro non è vegan OK, e sai quanto Marta si arrabbia! Abbiamo discusso tutta la sera per colpa tua! Considerando quanto l’ho pagato!”
Sospiro profondamente e mi sovvengo di quella mail lunga tre pagine con distinguo, spiegazioni, nomi e cognomi, vitigni e zone. Non è servito a nulla. Gli spiego che conosco personalmente il produttore e che l’azienda è al suo ultimo anno di conversione, così come metà del consorzio cui appartiene. Specifico anche che i solfiti ci sono eccome nei vini bio, e pure nella maggior parte dei vini di ispirazione naturale e biodinamica. Sono quantità minime, meno di un terzo di quello consentito per legge, ma a volte è proprio necessario aggiungere anche quel poco, soprattutto nei bianchi. Sottolineo che bio e naturale non sono sinonimi di economico: si risparmia qualcosa sui trattamenti e sugli aggiustamenti, ma producendo meno e teoricamente con più riguardo da qualche parte i produttori devono pur ripagarsi un anno di lavoro. Gli spiego infine che il vino è quasi sempre vegano: caseina e albumina devono essere dichiarate per legge, o si finisce in galera se un allergico tira le cuoia per un calice di troppo.
Il collega si rilassa, ma non sembra del tutto convinto. “Allora consigliami solo vini naturali, così facciamo prima. Però non quelle cose strane, voglio un vino buono. Lo fanno il pignoletto frizzantino biodinamico?”
Il mio professore di Genetica agraria diceva che per fare un buon vino occorre trovare un territorio vocato, scegliere la cultivar adatta al clima e avere un viticoltore capace. Banalizzando, riassumevo questa affermazione con il concetto di terroir. Tuttavia, con il tempo ho capito che il messaggio doveva esser molto più profondo e complesso, e che, oltre allo sforzo del produttore e alla generosità di madre natura, occorreva considerare un’altra variabile: la capacità e la pazienza del consumatore di capire cosa e come bere. Parlando di vini biologici, biodinamici e in particolare naturali, il discorso si complica.
Produrre seguendo uno di questi approcci significa accompagnare lo sviluppo della vite, dei suoi frutti e quindi del vino verso un risultato il più spontaneo e naturale possibile. Le scelte fatte in vigna e in cantina devono essere ispirate al rispetto del territorio, dell’ambiente e in particolare del prodotto finale. Tuttavia, le buone intenzioni non bastano a garantire un prodotto che sia altresì salubre e appagante.