Bando ai pregiudizi.Tutti gli oli, da qualsiasi luogo del mondo provengano, possono essere eccellenti. Spesso e volentieri si resta chiusi nei propri confini, ritenendo, a torto, che la qualità sia un’esclusiva italiana. Non c’è niente di così sbagliato. In tutti i Paesi del mondo, dove per ragioni climatiche è possibile coltivare gli olivi, si ottengono prodotti di alta qualità. Chi è bravo come olivicoltore, frantoiano e confezionatore, può eccellere ovunque. Questa premessa mi sembra necessaria quanto doverosa, utile per non incorrere in sterili preconcetti. Se infatti con i vini siamo tutti entusiasti di spaziare oltre ogni confine, il mondo dell’olio tende a privilegiare la nazionalità delle produzioni, sbagliando. C’è posto per tutti. Ed ecco le ragioni di questo viaggio nei territori degli oli da olive, in Italia e all’estero.
Pensiamo alla Spagna, immaginando qualcosa che possa rappresentarla in maniera incisiva ed efficace. Personalmente, me la figuro per come è nella realtà: tutta ricoperta di olivi. Gli alberi sono milioni e milioni, da quelli secolari e monumentali agli oliveti super moderni ad alta densità, razionali, altamente tecnologizzati. Ci sono oltre 2.600.000 ettari di oliveti, di cui più della metà in Andalusia. L’ingegno e l’operosità umana si sono tradotti fin da subito in arte olearia e così la Spagna, nei secoli, si è meritatamente guadagnata il dominio assoluto sia in campo olivicolo, sia sul fronte oleario. È il primo Paese produttore al mondo e resterà tale per molti altri decenni. Difficile scalfire un primato gestito con tale maestria e senso di unità.
Il centro propulsore di riferimento è brillantemente rappresentato dalla provincia di Jaén. Per questo motivo inizio il viaggio nei territori di produzione partendo proprio da qui. Ho chiesto aiuto all’Aemo, l’associazione delle municipalità dell’olivo. Per essere precisi, sono stato invitato a far parte della giuria che nel 2018 ha assegnato il prestigioso Premio Aemo-Gea, vinto dalla Diputación de Jaén, per la brillante idea della Jaén Selección, un’iniziativa che stupisce e sorprende per l’accuratezza e il rigore con cui ogni anno, di olivagione in olivagione, sono selezionati i migliori oli extravergine del territorio. Pura eccellenza. E non è un’esagerazione, basta provare. La professionalità di chi realizza oli inappuntabili va premiata e riconosciuta. Ecco, pertanto, la recensione di sette oli impeccabili, potenti, carismatici, partendo dalla Jaén Selección. Sarebbe auspicabile che questi oli entrassero di diritto sugli scaffali dei negozi italiani, così come accade con i vini, senza preclusioni di nazionalità, perché in Italia non si conoscono gli oli spagnoli tal quali, nonostante il nostro Paese sia il primo importatore di oli iberici. In Italia, per un eccesso di sovranismo, si denigrano gli oli non italiani, o se ne ignorano le qualità, ma è un peccato. La concorrenza deve essere uno stimolo a far meglio, non ad andare l’uno contro l’altro.
Nonostante il mio impegno e i miei appelli accorati, scritti o pronunciati, mi trovo in un vicolo cieco: da una parte, gli italiani mi osteggiano quando esprimo pubbliche lodi (giustificate) nei confronti degli oli spagnoli, dall’altra, gli spagnoli non si dimostrano sufficientemente coraggiosi nel presentarsi sul mercato italiano con i propri oli in bottiglia, e non soltanto con il prodotto sfuso. Gli italiani, dunque, si rifiutano di assegnare il giusto valore agli oli extravergine spagnoli, mentre gli spagnoli non investono in Italia, anche solo per essere presenti con le migliori referenze. Ne ho parlato più volte con la giovane direttrice della Interprofesional del Aceite de Oliva Español, Teresa Pérez, ma, con mio grande dispiacere, ancora senza risultati. In questi anni il mondo oleario si è evoluto, migliorando il prodotto e il settore. Sono diventati tutti più competenti, rispetto al passato, complice anche la tecnologia, ma restano pervicacemente chiusi in se stessi, poco inclini a collaborare tra loro e a muoversi all’unisono. Sarebbe un mondo diverso e migliore se i produttori di ogni Paese lanciassero insieme una campagna di promozione mondiale a favore del consumo degli oli da olive, ma questo sogno è ancora impossibile da attuare per l’irrisolta diffidenza reciproca. Sono tutti troppo legati a una concezione segnatamente commerciale, e si guardano l’un l’altro come concorrenti in lotta per guadagnare spazi, ignorando che gli oli da olive, rispetto agli altri grassi alimentari, rappresentano solo un’esigua percentuale, inferiore al 4 per cento dei consumi mondiali. Bisognerebbe partire dal valore culturale dell’olio da olive, un alimento, al contrario, che di per sé unisce e non divide, che amalgama senza mai creare squilibri. Peccato, dunque, per la scarsa apertura mentale degli operatori commerciali, poco inclini ad accogliere marchi esteri. Ma oggi, in fondo, con Internet è possibile acquistare direttamente dalle aziende, e assaggiare la bontà e la peculiarità di questi prodotti senza le resistenze di chi si oppone alla libera e universale conoscenza degli oli.