Tra gli sfavillanti colori del Natale, non può mancare sulle tavole imbandite il suo rosa inconfondibile. Fresco o affumicato, selvaggio o allevato, il salmone è sempre il benvenuto.
ascetico salmone
Morello Pecchioli
Ma quale Ikea! Chi è convinto che sia stata la multinazionale dei mobili componibili a divulgare il salmone in Italia - a braccetto, oltretutto, con l’aneto (in Svezia fanno coppia fissa come Fedez e Chiara Ferragni) -, è fuori strada di almeno duemila anni. È vero che i nostri antenati romani non conoscevano il red king canadese né il chinook dell’Alaska, visto che l’America non era ancora stata scoperta, ma si sappia che i crapuloni dell’urbe non si limitavano a gustare ostriche, aragoste, cernie, ricci di mare o qualsiasi altro nobile abitante del Mediterraneo, magari condito con il garum, che era la maionese di allora: Apicio,Trimalcione e gli altri ghiottoni stesi sul triclinium conoscevano bene la bontà delle carni del salmone dell’Atlantico. Lo apprezzavano nella gustatio, l’antipasto, e lo sbafavano volentieri anche nella secunda coena, dedicata di solito al pesce (nella tertia ci davano dentro con le carni: pasticci di pollo, pavoni, ghiri, beccafichi e ficatum, il fegato d’oca ingrassata con i fichi).
Già Plinio il Vecchio, nel I secolo dopo Cristo, informava i gourmet dell’epoca che il salmone più pregiato era quello pescato nei fiumi d’Aquitania, la regione della Gallia atlantica affacciata sul golfo di Biscaglia. Un poeta di quelle parti, Decimo Magno Ausonio, nato a Burdigala (l’odierna Bordeaux) agli inizi del IV secolo d.C., chiamato a Roma dall’imperatore Valentiniano a far da maestro al figlio Graziano, celebrò il salmone che dall’oceano risaliva i fiumi della sua terra nel poemetto Mosella:“Né passerò sotto silenzio te, salmone rosso, che fai sentire sul pelo dell’acqua i colpi casuali della tua larga coda dal profondo del gorgo, quando il battito oscuro è tradito dalle acque calme. E tu, col petto corazzato di squame e la fronte liscia, destinato a essere portata di un pranzo che metta in imbarazzo i commensali, sopporti senza guastarti un indugio anche lungo; spicchi per le macchie del corpo e il fianco enorme che oscilla, il ventre ondeggia con il grasso addome”. In questi versi c’è tutto: la forza e la bellezza del pesce, la sua bontà, il grasso salutare ricco di proteine, la vitamina D e l’omega 3 che nemmeno Plinio conosceva, ma è così salutare per l’apparato cardiovascolare.