atto a divenire immortale
Massimo Zanichelli

Conosco gli Oddero da diversi anni e nel 2016, in occasione della realizzazione del documentario Generazione Barolo. Oddero Story, sono entrato ancora più in confidenza con le tre generazioni della famiglia, rappresentate da Giacomo, dalle figlie Mariavittoria e Mariacristina, e dai nipoti Isabella e Pietro. La storia degli Oddero si perde indietro nel tempo: il loro legame con il territorio di La Morra risale al XVIII secolo. Se le prime vinificazioni si devono a Giovanni Battista Oddero e ai suoi figli Lorenzo e Luigi, a cavallo tra Settecento e Ottocento, il primo imbottigliamento è da ascrivere a Giacomo Oddero con una Barbera del 1878 spedita a Milano.


Il suo Barolo è invece protagonista all’Esposizione Internazionale di Torino del 1911. La storia moderna dell’azienda si lega al secondo Giacomo Oddero, per tutti il “dottor Oddero”, classe 1926, personalità eclettica, promotore instancabile dei vini di Langa, tra i firmatari del primo disciplinare di produzione del Barolo, e protagonista vivace della vita pubblica, istituzionale ed enologica dell’Albese: laureato in Farmacia nel 1950 presso l’Università di Torino, è stato, tra le altre cose, sindaco del comune di La Morra, presidente della Camera di Commercio Industria Artigianato di Cuneo e del Consorzio Acquedotto delle Langhe e delle Alpi Cuneesi, fondatore del Centro Nazionale Studi del Tartufo. Nel 1951 eredita con il fratello Luigi l’azienda del padre Giovanni, allora chiamata Fratelli Oddero (in precedenza era conosciuta come Giacomo Oddero e Figli), e riveste un ruolo decisivo nella formazione dell’attuale assetto produttivo, dall’affermazione di una politica di qualità alla scelta dei vigneti da acquistare: nel 1968 Brunate e Rocche, nel 1982 il Vignarionda, nel 1989 il Villero, fino alla recente acquisizione del Monvigliero di Verduno.


La secondogenita Cristina si laurea in Agraria a Torino nel 1985, con successiva specializzazione biennale in Viticoltura ed Enologia, ma deve aspettare una dozzina d’anni per entrare attivamente in cantina, vincendo le iniziali diffidenze del padre e dello zio, poco propensi, secondo i costumi del tempo, ad affidare incarichi importanti a una donna. Quando comincia a ritagliarsi un ruolo operativo, nel 1997, si accorge che la produzione sta attraversando un momento critico nonostante le grandi potenzialità viticole e strutturali. È un periodo in cui in famiglia si accendono i contrasti con lo zio Luigi, del 1929, vignaiolo di talento, padrone incontrastato della campagna di famiglia, amante della frutta di collina e del pallone elastico. Si avvia una lenta e dolorosa separazione dal fratello Giacomo, ufficializzata nel 2006. Sono anni di cambiamenti e rinnovamenti: nel 2001 Cristina si avvale della consulenza del giovane enologo Luca Veglio.