sodalizio d'Abruzzo
Fabio Rizzari
Nell’introdurre, qualche numero fa, il tema dei “vini gemelli”, ho sfoderato citazioni altisonanti e vagamente intimidatorie: Salvador Dalí, la mitologia greca con i dioscuri Castore e Polluce. Già che ci sono, qui rincaro la dose di citazioni colte tirando in ballo Plutarco e le celebri Vite parallele. Sì, perché alcune volte due vigne confinanti di produttori diversi raccontano la vita parallela di due produttori. E in questo caso la citazione si arricchisce di un’assonanza diretta con questa pubblicazione.“Vitae” parallele, si potrebbe intendere. Le vite e le viti parallele stavolta si trovano in Abruzzo, nelle campagne di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara: il distretto probabilmente più rinomato della regione per il vino. Il punto di riferimento della zona è la casa vinicola Valentini, questo lo sanno anche i sassi. Sarebbe noioso snocciolare i grani della lunga storia familiare e aziendale della famiglia: le origini plurisecolari, la ricchezza e la varietà della produzione agricola, l’illuminata attività viticola e vinificatoria di Edoardo Valentini: sono prim’attori nel teatro del vino italico, e hanno avuto nei decenni molti agiografi. Meno didascalico, forse, tratteggiare il carattere di vignaiolo di Francesco Paolo Valentini: che allo stesso tempo è il figlio di Edoardo e non è più “solo” il figlio di Edoardo. Da molti anni, infatti, Francesco ha saputo plasmare una personalità di produttore distinta, nel pieno rispetto della memoria del padre. Spesso descritto come schivo e riservato, è più puntualmente un uomo pacatamente sicuro delle sue idee, un uomo che non vuole imporle ma semplicemente esporle. Senza cercare il palcoscenico, ma senza alcuna timidezza.“Non sono un agronomo, né un enologo”, ci tiene a sottolineare, “ma un vignaiolo e un cantiniere.” I suoi vini sono in continuità qualitativa con gli smaglianti esiti ottenuti dal padre negli anni Settanta, Ottanta e Novanta del secolo scorso; segnano invece, per quanto posso apprezzare, una differenza stilistica sensibile, quantomeno nei rossi: che oggi appaiono più longilinei, meno tannici, più slanciati rispetto alle monumentali bottiglie del passato.
Della sua sessantina di ettari a trebbiano e a montepulciano una parte confina con le vigne di un’azienda dalla storia più recente, ma di livello altrettanto elevato:Torre dei Beati. Partita nei primi anni Duemila, l’attività produttiva di Adriana Galasso e Fausto Albanesi ha rapidamente scalato le gerarchie del vino abruzzese e italiano tout court, grazie a bottiglie cesellate nel dettaglio aromatico e molto pure nella componente del frutto.