mistificati stampa Valerio M. Visintin Dico in giro che sono un critico gastronomico. E in effetti, è con questo bizzarro mestiere che mi guadagno una limacciosa sopravvivenza. Tuttavia, l’attività che assorbe la maggior parte delle mie energie è la lettura dei comunicati stampa. Dal lunedì al venerdì, un bombardamento senza sosta. Bussano e schiamazzano fuori dalla mia porta cento/centocinquanta email al giorno. Soltanto nel fine settimana gli uffici stampa si acquietano e mi regalano qualche ora di tregua. Finalmente trovo il tempo per abbracciare mia moglie e appuntare una carezza sul capo dei miei quindici figliuoli. Poveri piccini. Per lenire il dolore causato dalle mie forzose assenze, ho sempre cercato di coinvolgerli nel mio lavoro, leggendo loro i brani migliori che mi giungono in casella. Proprio l’altra sera, dalla loro cameretta Professor, Illustre e Onorevole (sapendo di non poterli mantenere agli studi, ho assegnato loro nomi di un certo peso) mi reclamavano a gran voce: “Babbino, non riusciamo a dormire. Ci leggi un comunicato stampa?”. Bastano poche righe, per accompagnarli in un fiabesco mondo di sogni. Questi meravigliosi testi raccontano favole di eroi, maghi, castelli incantati, confinando le notizie giustamente ai margini. I dati concreti sono pedanti orpelli che sviliscono la purezza adamantina dello storytelling. Prendo a caso qualche email di oggi, per darvi un’idea. Sono racconti iperbolici, mitizzanti, agiografici. Non fanno neppure sorridere nella loro scoperta mistificazione. Tralascio nomi e marchi per carità cristiana. Di un noto produttore di birre: “Personaggio carismatico e dalla mente vulcanica, XXX rappresenta per molti imprenditori, operatori del settore Ho.Re.Ca. e non solo, un importante punto di riferimento quando si parla di innovazione e sperimentazione.” Di un ristorante: “Il XXX Restaurant inaugura la stagione 2019 con una nuova brigata capace di interpretare la grande cucina italiana partendo dalla tradizione locale e dagli ingredienti del ”. chilometro buono Di una chef: “La passione porta ad affrontare sempre nuove sfide, a rincorrere nuovi traguardi e a non smettere mai di mettersi in gioco, questo è lo spirito con cui XXX vive l’alta cucina; un terreno per lei fatto prima di tutto di diversità e contaminazioni dove non si può mai smettere di sperimentare.” Che meraviglia! Vero? Un’altra categoria in affioramento è quella degli uffici stampa che sublimano il loro impegno professionale con un supplemento di creatività. Questa specie superiore sta un passo oltre il confine della prosa affabulatoria. Sono straordinari generatori di fake news. Non è detto che lo facciano con piena consapevolezza. È, piuttosto, una forma di autosuggestione. Come se, nello slancio santificatore, perdessero il contatto con la terrena realtà. Il bello è che le loro pirotecniche invenzioni attecchiscono sulla carta e sul web, trasformando le frottole in fatti reali, come l’acqua in vino. Fu il caso di un ristorante milanese, collocato all’ultimo piano di uno scintillante grattacielo. Il comunicato (vergato da una delle interpreti più estreme del surrealismo a mezzo stampa) gli assegnò l’etichetta di “ristorante più alto d’Italia”. Non era vero. A Torino svetta ben più in alto il Piano 35, nel corpaccione del grattacielo Intesa Sanpaolo. Ma giornalisti e blogger recepirono il messaggio, lo assimilarono e lo avvalorarono rendendolo pubblico, senza porsi domande. Più divertente e immaginifico il caso di un’altra insegna milanese, presentata al mondo col supporto di una citazione virgolettata: “ ‘La felicità non dipende dal superfluo.’ Così diceva Giorgio Gaber e così, in poche parole, si possono riassumere il concetto e la sfida di XXX, ristorante gastrocratico.” Dal giorno successivo alla suddetta presentazione, l’intero popolo del fuff ha ribattuto tra carta e web la frase gaberiana. Se qualche collega si fosse preso la briga di operare una verifica, avrebbe scoperto che quel virgolettato - contuso nella forma, banalissimo nella sostanza - non è mai transitato dai testi di Giorgio Gaber. “Ma forse è una frase che ha detto una volta, sai?”, s’è difeso l’ufficio stampa che l’aveva suggerita. Ah, certo. L’avrà detta. In segreto, magari. Naturalmente, esiste una vivace minoranza che interpreta il ruolo con dignità, sintesi e rigore. Ed è altrettanto ovvio che le ragioni di questa degenerazione mediatica non abbiano un solo colpevole. Scavando, troveremmo, piuttosto, radici profonde e complesse diramazioni. È un intero mondo che andrebbe messo alla sbarra e condannato per ignoranza volontaria e becerume doloso. Tuttavia, è chiaro che, sulla base di questi meccanismi, dobbiamo attenderci, in futuro, una gara di banalità illustri quanto apocrife. Da attribuire a eroi ormai estinti, mi raccomando, onde evitare smentite e querele. Mi permetto qualche suggerimento. “Quando hai sete, non c’è nulla come l’acqua o il vino di questo locale.” (Primo Levi) “C’è crisi, ma i ristoranti sono sempre pieni, specialmente quando sono eccellenti.” (Dario Fo) “Come si mangia a casa propria non si mangia da nessuna parte. Con la sola eccezione del ristorante di questo comunicato stampa.” (Gualtiero Marchesi)