Non è facile raccontare la Puglia dell’olivo e dell’olio in questo momento storico. È l’esatta fotografia dell’olivicoltura nazionale, ed è, a tutti gli effetti, la cartina al tornasole dell’Italia olearia. Se sta bene la Puglia, se ne avvantaggia l’intero Paese. C’è un dato incontrovertibile: la produzione regionale di olio si attesta intorno al 40 per cento di quella nazionale, con punte, in alcune annate, che raggiungono il 60 per cento. Un’enormità. Senza la Puglia, non ci sarebbe olivicoltura in Italia. Per decenni è stata la riserva aurea cui attingere olio per soddisfare le richieste dei consumatori italiani e del resto del mondo.
Oggi, tuttavia, il quadro non è idilliaco e si apre ad alcune laceranti contraddizioni. Ci sono ombre preoccupanti. La devastante aggressività del batterio Xylella fastidiosa è una certezza, e chi ha visitato i luoghi ha potuto solo inchinarsi in segno di cordoglio davanti ai vasti cimiteri di olivi rinsecchiti.Tutto è partito dal Salento, ma per l’infelice gestione dell’emergenza sono state intaccate anche le province di Brindisi e Taranto, sfiorando quella di Bari. La politica, in prima istanza, ha fallito: non decidendo, o decidendo male. La magistratura ha commesso errori gravissimi, impedendo agli scienziati di compiere il proprio dovere e accusandoli di essere loro stessi gli untori, per fini poco nobili, salvo poi assolvere tutti gli imputati. Infine, le più gravi colpe sono da attribuire a frange estremiste di pseudo ambientalisti, complottisti e negazionisti. Sembra assurdo, ma è così. A distanza di anni, ora si pagano a caro prezzo le conseguenze.
Ci sono anche tante luci all’orizzonte che fanno ben sperare. Nonostante la Xylella, c’è tanta determinazione tra olivicoltori e frantoiani. Alcuni impiantano nuovi olivi, non necessariamente autoctoni. Cercano di modernizzare la coltivazione, per abbattere i costi di produzione senza rinunciare alla qualità. La tradizione, del resto, è tale solo se è concepita in prospettiva futura. Sul finire di luglio è stato pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il disciplinare di produzione dell’Igp “Olio di Puglia”. Un’attestazione di origine che per la prima volta abbraccia l’intero territorio, mettendo insieme le diverse espressioni e peculiarità. Nonostante un germoplasma autoctono particolarmente ricco, infatti, sono poche le cultivar principali cui si ricorre d’abitudine. Nel Foggiano, l’ogliarola garganica e la peranzana. Nel Barese, la dominante coratina e l’ogliarola barese. Nel Salento, la cellina di Nardò e l’ogliarola salentina. Altre varietà, pur importanti, sono numericamente poco incisive.