Che il vino si presti a essere una valida chiave di lettura del contesto storico, socio-economico, politico e religioso di un territorio, attraverso la narrazione storiografica e iconografica, è cosa nota. Che permetta di mettere in luce aspetti differenti e oltremodo interessanti del discorso culturale, percorrendo gli itinerari insoliti e anticanonici della letteratura a firma di donne, è una piacevole sorpresa.
La peculiarità delle scritture a firma di donne sta nella consapevolezza della consistenza materica delle cose: le donne immettono nella pagina una componente esperienziale intesa come utilizzo dei sensi. Mentre la tradizione poetica tende a sublimare la prosaicità del reale, mirando a un modello estetico di perfezione, le scrittrici ci consegnano la verità dell’esperienza. E proprio sull’onda di questa caratteristica è possibile ravvisare analogie ed elaborare collegamenti con il mondo della degustazione.
E. Morgan Forster, scrittore inglese contemporaneo di Virginia Woolf, così commentava la scrittura woolfiana:“Amava ricevere sensazioni - visive, uditive e gustative - che lasciava attraversassero la sua mente dove incontravano idee e ricordi, per poi esprimerle di nuovo attraverso una penna o un pezzo di carta. Bisognava combinarle, organizzarle, enfatizzarle in un punto, eliminarle in un altro, dovevano nascere nuove relazioni e nuove note, fino a quando, da tutte queste interazioni scaturiva qualcosa. Quest’unica cosa sia che fosse un romanzo, un saggio, un racconto, una biografia o uno scritto privato da leggere agli amici, se otteneva un buon risultato, era in se stessa analoga alle sensazioni visive, uditive e gustative e la si sarebbe potuta descrivere meglio nel modo in cui descriviamo queste ultime; perché non era a proposito di qualcosa, era qualcosa”.
Woolf è descritta come una donna sensualmente attenta, solita utilizzare la mente come una cisterna in cui immagazzinare gli stimoli provenienti dall’esterno. Un procedimento simile alla degustazione di un vino. L’atto del degustare si differenzia da quello del bere perché, svincolato dall’aspetto funzionale, richiama alla memoria sensazioni visive, olfattive e gustative che giungono al cervello sotto forma di stimolo e che, se riconosciamo, si traducono in percezione di un certo sentore.