Priorat, sangre y llicorella Betty Mezzina Una scala sormontata da una croce, con due angeli oranti ai lati inginocchiati su rigogliosi grappoli d’uva, introduce simbolicamente nel mondo della mistica denominazione spagnola Priorato. La Catalogna è un mosaico fatto non solo di e di spiagge della Costa Dorada: a pochi chilometri da lì esiste un mondo nascosto dietro i tornanti dell’entroterra, su per i passi di montagna, fatto di vigne, boschi, rovine romane, monasteri, eremi, edifici modernisti e paesaggi rurali rimasti a lungo quasi disabitati. Proprio nella regione autonoma politicamente più instabile della Spagna, ai piedi di una spettacolare quinta teatrale rappresentata della Sierra del Montsant - le cui pareti nude si vestono di rosa al tramonto - si incastona la prestigiosa Doq Priorat, una delle due denominazioni spagnole a potersi fregiare dal 2000 del prestigioso status di Qualificada (fino ad allora esclusivo appannaggio, dal 1991, della Doca Rioja Calificada, in castigliano). Tutto ruota intorno a un pugno di silenziosi municipi con poche centinaia di abitanti, le cui vigne circostanti danno vita a vini rossi fra i più apprezzati di Spagna dell’era moderna. ramblas Storicamente la provincia di Tarragona, all’interno della quale si trova la del Priorat, fu una delle più intensamente romanizzate, seguendo il consueto sistema agricolo basato sulla trilogia mediterranea di cereali, vigneti e oliveti. La vera espansione vitivinicola del Priorato inizia nel XII secolo quando nel 1194, su richiesta del re Alfonso II detto il Casto, i certosini giunti dalla Provenza fondano la Certosa di Scala Dei (Cartoixa d’Escaladei) Leggenda vuole che i monaci, in cerca del luogo in cui costruire il convento, furono informati da un pastore di un evento soprannaturale che avveniva da molto tempo nella valle: sul pino più alto appariva una scala dove gli angeli salivano e scendevano dal cielo. Interpretandolo come un messaggio divino, posero le fondamenta del monastero sotto la “scala di Dio”, piantarono viti e produssero vino. Col passare del tempo, i villaggi circostanti, ora in parte inclusi nella denominazione, furono sottoposti al dominio del Priore e la zona divenne nota come “Priorato”. comarca . Nel 1835 la Certosa subì le conseguenze della , ovvero la confisca dei beni e delle terre non produttive appartenenti alla Chiesa e agli ordini religiosi: in pochi anni la potente Cartoixa fu distrutta, e rimasero solo le rovine visibili ancora oggi. La zona conosce un lungo periodo di decadenza e oblio, aggravato dall’arrivo della fillossera. Successivamente, nonostante l’attribuzione della Denominació d’Origen nel 1954, il Priorat non brilla per qualità dei suoi prodotti; le cooperative inondano il territorio di vini alcolici e grossolani. desamortización di Mendizábal La svolta avviene grazie a un gruppo di giovani visionari con un chiaro progetto: far conoscere la qualità del Priorato al mondo. L’operazione inizia nel 1979 quando René Barbier, di origini provenzali, trapiantato nella Rioja, acquista un vigneto a Gratallops, comune tra i più vocati dell’intera area e fonda Clos Mogador. A lui ben presto si affianca Álvaro Palacios, forse il personaggio più emblematico: curriculum di ferro, con studi a Bordeaux e tirocini in cantine famose come Petrus a Pomerol o Stags’ Leap nella Napa Valley, è lui a comprare 1,3 ettari di garnacha piantata nel 1910, una vigna posizionata di fronte all’Eremo della Consolazione dalla quale elabora il suo vino icona, L’Ermita, inizialmente un blend con il cabernet sauvignon e dal 2006 da garnacha in purezza, uno dei vini più costosi di Spagna. Presto inizia la corsa all’acquisto di piccole parcelle di vecchie vigne da restaurare e alla creazione di nuovi impianti da parte sia di piccoli investitori, sia di grandi aziende come i colossi del Cava Freixenet e Codorníu, il produttore di Sherry Osborne o Miguel Torres Jr., capo della più grande azienda vinicola iberica a conduzione familiare, che nel 2005 ha messo in commercio la prima annata del Salmos, etichetta omaggio ai monaci certosini. Piccole dimensioni quelle del Priorato, meno di 2000 ettari vitati - completamente circondati dalla Do Montsant - distribuiti fra i nove comuni di Bellmunt del Priorat, Gratallops, El Lloar, La Morera de Montsant, Porrera, Poboleda, Torroja del Priorat, Vilella Alta e Vilella Baixa, e le tre frazioni di Escaladei, Masos de Falset e Les Solanes del Molar, tutti situati tra i 300 e gli 800 metri di altitudine; una sorta di alto e basso Priorat. Una viticoltura di montagna a tutti gli effetti, tanto da far parte del Cervim, l’organismo internazionale creato nel 1987 - con la supervisione dell’OIV, l’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin - per tutelare le vigne d’altura terrazzate o in forte pendenza, oppure con condizioni orografiche che ne impediscono la meccanizzazione. La maggior parte della Doq si trova su un bacino di sedimenti paleozoici del periodo carbonifero a basso contenuto di materia organica; l’erosione ha modellato l’ambiente con pendenze ( ), burroni e tranquille valli, la principale attraversata dal fiume Siurana. Lo scrittore catalano Josep Pla lo ha definito “un paesaggio tormentato e cataclismatico di impressionante violenza geologica”, occupato da boschi, mandorleti, oliveti, circondati da erbe aromatiche in un tipico contesto di montagna mediterranea. costers La sua storia orografica ha dato origine a una sorta di recinto, un mondo chiuso costituito da sierre di varie altezze, degradanti ad anfiteatro verso la costa, che generano un clima principalmente mediterraneo con influenze continentali. Forse è più corretto parlare di tre microclimi: il più freddo, a nord-est, dovuto alle maggiori altitudini e alla lontananza della brezza marina; una zona temperata al centro dove il vento freddo settentrionale risulta considerevolmente indebolito dal grande protettore, il Montsant; il più caldo nel versante sud grazie al delta dell’Ebro che incanala aria mite. Le estati nel Priorato sono tendenzialmente lunghe, calde e secche; gli inverni piuttosto freddi, a rischio siccità a causa delle basse precipitazioni medie annue (400-500 mm). Una condizione che determina una bassa incidenza di malattie, ma soprattutto costringe le viti in cerca d’acqua a farsi largo nel “pavimento” di llicorella, la tipica ardesia carbonifera formatasi in era paleozoica che, con il suo alto contenuto di minerali, lascia un’impronta marcata sul carattere dei vini della zona. Ben visibile nelle vigne e lungo le tipiche pareti a sfoglie dei pendii delle strade, la parola deriva probabilmente dal celtico likka, che significa pietra; a seconda della composizione, del calore, della compressione e dell’ossidazione può assumere sfumature tendenti al rosso, al blu o al grigio, mentre le piccole particelle di mica presenti riflettono la luce del sole e conservano il calore. Caratterizza gran parte del settore centrale del Priorato tranne la parte meridionale, dove dominano argille e ciottoli. Sui pendii di llicorella (in catalano, o pizarra in castigliano) sono ben 19 le varietà ammesse dalla Doq, rosse e bianche, anche se il Dna del territorio è costituito da due vitigni profondamente solari e mediterranei come garnacha e cariñena, spesso accompagnati dai cosmopoliti cabernet sauvignon, syrah e merlot. La più diffusa è la garnatxa tinta, come la chiamano in questa zona, uva perfettamente a proprio agio nel clima caldo-secco e che, grazie alle basse rese dei vecchi alberelli aggrappati ai suoli poveri, riesce a esprimere grande concentrazione, profondità e longevità in un contesto densamente fruttato. Sui pendii di llicorella (in catalano, o pizarra in castigliano) sono ben 19 le varietà ammesse dalla Doq, rosse e bianche, anche se il Dna del territorio è costituito da due vitigni profondamente solari e mediterranei come garnacha e cariñena, spesso accompagnati dai cosmopoliti cabernet sauvignon, syrah e merlot. La più diffusa è la garnatxa tinta, come la chiamano in questa zona, uva perfettamente a proprio agio nel clima caldo-secco e che, grazie alle basse rese dei vecchi alberelli aggrappati ai suoli poveri, riesce a esprimere grande concentrazione, profondità e longevità in un contesto densamente fruttato. Per usare le parole di Álvaro Palacios, la garnacha è “l’unica uva che trasforma il clima caldo e secco in un vino bello e rinfrescante”. Il disciplinare ammette anche la variante peluda , così chiamata per la “peluria” presente nella parte inferiore delle foglie, utile a trattenere l’umidità durante i periodi più afosi; si caratterizza per la gradazione alcolica inferiore e il colore meno intenso rispetto alla sorella maggiore. La cariñena, qui chiamata samsó , aggiunge ai vini potenza alcolica, colore, estratti e componente tannica; le migliori espressioni in purezza provengono dal comune di Porrera. Lo sfaccettato terroir del Priorato si traduce in vini con trama densa e “inchiostrata”, con profumi di timo selvatico, ribes nero e radici, esaltati da tipici tratti di grafite con inserti ferrosi in una texture gustativa densa e piena, su tannini piacevolmente vellutati. Vini che possono pazientare in cantina diversi decenni ed evolvere superbamente. In questa regione vinicola “boutique” i produttori di vino, personificando lo spirito fieramente indipendente della regione, narrano all’unisono la fatica legata a una orografia così irregolare. A Gratallops, Carles Pastrana, uno degli artefici della rinascita del Priorat, titolare di , giustificando il nome di un suo vino battezzato Miserere, ironizza:“È quello che i monaci di Escaladei avrebbero voluto esclamare quando hanno dovuto arare la terra: (Abbi pietà di noi!)”. Nel suo vino di punta , blend di garnatxa, cabernet sauvignon, syrah, merlot e cariñena, proveniente da sette minuscoli vigneti di oltre cinquant’anni a diverse altitudini ed esposizioni, emerge tutto l’inconfondibile carattere Priorat di straordinaria potenza, struttura e complessità. Clos de l’Obac Miserere nobis! Clos de l’Obac Non mancano esempi in cui la cariñena svolge un ruolo primario, come nella giovane ma affermata azienda , creata nel 2001 dall’incontro tra Dominik Huber, studente tedesco di economia, l’enologo sudafricano Eben Sadie e il viticoltore locale Jaume Sabaté. Il vero motore aziendale, Huber, nei suoi vini come Dits del Terra o Les Tosses punta a uno stile meno possente e più elegante, privilegiando la freschezza del frutto, la finezza gustativa e la bevibilità; le vinificazioni avvengono in vasche di cemento e per gli invecchiamenti si utilizzano botti usate da 500 fino a 1800 litri. Terroir al Limit Impossibile nel Priorato non andare in pellegrinaggio a , la cantina dell’antica certosa nella frazione di Escaladei, dove le poche decine di anime che abitano le antiche case intorno la piazza-chiostro gravitano intorno alle attività della celebre azienda. Cellers Scala Dei I circa settanta ettari di proprietà distribuiti su quarantuno appezzamenti composti da ardesie o argille, posti in terrazzamenti tra 400 e 800 metri d’altezza, generano numerose etichette, fra cui Cartoixa, vero inno alle sfaccettature polifoniche di un territorio dove la llicorella lascia la sua inconfondibile improntata di grafite, ruggine e china su una succosa base fruttata di ribes nero. Il Priorato non dorme sugli allori, appagato dall’ottenimento della Doq: l’obiettivo rimane sempre la ricerca dell’eccellenza unita al prestigio internazionale. Dal 2007 accanto alla denominazione generica è prevista la dicitura aggiuntiva Vi de Vila, una sorta di appellation communale o villages: dodici comuni selezionati soprattutto in funzione di criteri geografici, enologici e geologici. Ancora una volta è il riojano Álvaro Palacios a irrompere sulla scena enologica catalana a metà maggio 2019, insieme a Sal·lustià Álvarez, presidente del Consell Regulador del Priorat, alla presenza di giornalisti e addetti ai lavori, presso il luogo simbolo della Cartuxia, per presentare Els noms de la terra: si tratta di un progetto pioneristico attraverso il quale il Priorato aspira a ricalcare il sistema di classificazioni delle più celebri regioni vinicole dei confinanti francesi, in questo caso ispirandosi ai principi di trasparenza, umiltà e recupero delle radici storiche della comarca. La zonazione dei 459 “nomi della terra”, durata dodici anni, è stata semplificata grazie alla presenza di cantine che nell’80 per cento dei casi gestiscono uve di proprietà, puntando a valorizzare l’unicità delle singole parcelle. L’obiettivo, come ha sostenuto Palacios, è rispettare l’origine del vino, la vigna in cui nasce, i suoi dintorni, gli insetti che volano intorno al vigneto, e non la cantina o il suo viticoltore. Alla base dei cinque scalini della piramide Els noms de la terra si trova Priorat, riflesso generico dei vini della denominazione, per i quali è consentito l’assemblaggio di uve provenienti da tutti comuni della Doq. Al secondo scalino si posizionano i Vi de Vila, primo passo verso una classificazione più precisa, dove emerge l’identità dei singoli comuni. Salendo la gerarchia, i Vi de Paratge mirano a cercare l’essenza di un singolo luogo con particolari caratteristiche orografiche, geologiche e microclimatiche; 459 i siti inizialmente identificati che possono avvalersi di questa dicitura. Ai Vinya Classificada corrispondono vigne con condizioni uniche, a cui sono dedicati imbottigliamenti specifici; la loro delimitazione, precisa e rigorosa, è ereditata dalla storia vinicola e socio-economica della zona. La vetta della piramide è occupata dai Gran Vinya Classificada, rari esempi di vigneti frutto del capriccio della natura e della tradizione in grado di generare i vini più esclusivi senza alterazioni fino ai nostri giorni. Els noms de la terra dedica grande attenzione alle numerose Velles Vinyes, attribuendo tale nome alle vigne piantate prima del 1945 o che comunque oggi abbiano più di settantacinque anni. Tutto il Priorato supporta questo ambizioso progetto? Stando alle parole del presidente Álvarez, al momento del varo dell’iniziativa erano d’accordo 47 su 109 aziende, anche se non è obbligatorio aderire, dal momento che ogni produttore è libero di continuare a identificare i vini usando la denominazione generica o certificando la territorialità. Il futuro della denominazione appare più dinamico che mai: del resto, in un territorio dove gli angeli in movimento su e giù per le scale vegliano sulle religiose terre del Priorat, tutto è possibile.