Per chi ama l’olio ricavato dalle olive, oggi è possibile avere un approccio più diretto e immediato con tutte le produzioni mondiali, anche se è ancora
molto difficile trovare bottiglie di olio extra vergine di origine forestiera sugli scaffali italiani. Siamo poco inclini ad accogliere oli di qualità
dall’estero, perché ci limitiamo a introdurli allo stato sfuso, per poi imbottigliarli con marchi nostrani, segnalando l’indistinta origine comunitaria
o extra comunitaria. È un retaggio culturale che dobbiamo superare. Non è come per i vini, dove è possibile acquistare prodotti esteri con facilità.
Ovviamente è bene specificare che le frontiere italiane sono sempre aperte, anche perché abbiamo carenza di oli per soddisfare i consumi interni e le
quote da destinare all’export. In certi anni di olivagioni scarne importiamo fino all’80 per cento di oli provenienti da altri Paesi produttori. Siamo
fortemente deficitari e non ci diamo alcuna scossa per voltare pagina e piantare nuovi olivi.
Lo scenario mondiale è cambiato: fino a non molto tempo fa era soprattutto l’area del Mediterraneo a essere associata alla coltivazione degli olivi, con
una produzione di olio o di olive da tavola limitata al Sud Europa, in particolare Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, e solo marginalmente la Francia.
Oggi i paesi del Nord Africa stanno investendo di più, in quantità e qualità. Lo scenario sta radicalmente mutando anche nei Paesi che ignoravano la
pianta dell’olivo. In Asia, ad esempio, si produce in Pakistan, India, Cina, Giappone, luoghi un tempo impensabili. Oltre a Paesi già rodati come Stati
Uniti, Nuova Zelanda, Australia, cresce anche il Sud America, con Perù, Cile, Argentina, Uruguay.
In Africa, Tunisia e Marocco stanno manifestando tutte le loro potenzialità, il Sud Africa si sta rivelando molto attento, e così molte altre nazioni,
come la Turchia, che sta crescendo a dismisura, investendo in nuove piantagioni di olivo. Si risveglia anche l’area balcanica. Insomma, è tempo di
grandi investimenti e la qualità è un traguardo ora possibile per tutti, anche perché i nuovi Paesi si avvalgono dell’esperienza di grandi
professionisti oleologi. La qualità non è un’esclusiva italiana, è di chi si impegna a farla.
Nel viaggio attraverso il mondo degli oli, questa volta volgiamo lo sguardo, ma soprattutto il naso e il palato, agli oli di Tunisia e Marocco, per il
Nord Africa; di Spagna, Portogallo e Istria, per l’Europa; e uno, infine, della Turchia, per l’Asia.