Mai espressione fu più efficace per immortalare un concetto: “bollicine di montagna”. In Trentino, regione prevalentemente montuosa, contrassegnata da
una grande varietà di climi e altitudini, i vigneti godono dei benefici influssi determinati dalle forti escursioni termiche, risentendo del freddo
pungente proveniente dalle Dolomiti e delle miti brezze che salgono dal lago di Garda. La storia di questo Metodo Classico, il primo a ottenere il
sigillo della Doc in Italia, inizia alla fine dell’Ottocento. Un giovane Giulio Ferrari, nato nel 1879, dopo aver frequentato l’Istituto Agrario di San
Michele all’Adige, effettua una serie di viaggi a Montpellier, Geisenheim e nella zona di Épernay. Affascinato dal mondo delle bollicine e strenuo
assertore delle affinità tra la sua terra e la Champagne, una volta tornato in Italia inizia a elaborare quanto appreso all’estero, e nel 1902 produce
le prime duecento bottiglie di spumante con rifermentazione in bottiglia della regione (che ancora faceva parte dell’Impero austro-ungarico). È
un’intuizione felice, e già nel 1906, all’Esposizione Internazionale di Milano, il suo Grand Crémant Impérial Maximum Sec è insignito della Medaglia
d’oro.
Dopo di lui sono moltissimi i viticoltori trentini che si cimentano con questo metodo di spumantizzazione. Nel 1984 nasce il marchio collettivo
Trentodoc, con il compito di tutelare la qualità delle bollicine di montagna trentine e promuoverle in Italia e nel mondo. Le due O del logo richiamano
il fondo delle bottiglie colte nel classico movimento del Metodo Classico, il remuage. Nel 1993 arriva il sigillo della Doc: Trentodoc è la prima
denominazione di origine controllata in Italia riservata espressamente a uno spumante Metodo Classico, e una delle prime al mondo dopo lo Champagne.
Oggi sono 54 le case spumantistiche associate che producono sotto l’egida del Trentodoc, rispettando rigidi canoni e controlli lungo tutta la filiera.
Gli enologi sono formati e supportati dalla Fondazione Mach, centro di eccellenza a livello internazionale che si occupa di ricerca e formazione; dal
2008 la Fondazione prosegue l’attività dello storico Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
La zona di produzione comprende 74 comuni della provincia di Trento. Della superficie vitata totale di 10.000 ettari, sono 800 quelli dedicati alla
produzione spumantistica, che si attesta sui 9 milioni di bottiglie (anno di riferimento: 2017). L’area è prevalentemente montuosa o collinare e i
terreni vitati, per lo più in declivio, si spingono fino a 900 metri d’altitudine. La posizione altimetrica dei vigneti influisce sulla maturazione dei
grappoli, in particolare sull’acidità. Le forti escursioni termiche giornaliere regalano alle uve una spiccata complessità aromatica, un’articolata
gamma di profumi, freschezza ed eleganza. Inoltre, le condizioni di drenaggio e aerazione del suolo, ricco di detriti calcarei e di componenti silicei,
donano sfumature minerali.
Le uve impiegate possono appartenere solo alle varietà chardonnay, pinot nero, pinot bianco e meunier. Chardonnay e pinot nero sono i protagonisti
indiscussi, favoriti dalle condizioni climatiche. Lo chardonnay conferisce freschezza e sapidità, il pinot nero dona eleganza e struttura, mentre il
pinot bianco arricchisce il bouquet e incrementa la longevità; meno frequente è l’impiego del meunier, pur essendo un vitigno dotato di grande capacità
di adattamento. Il sistema di allevamento più utilizzato è la tradizionale pergola trentina, che permette alle vigne di catturare tutti gli effetti
benefici della luce e del calore del sole. Inoltre, data la pendenza dei terreni, consente di sfruttare i terrazzamenti e facilita le operazioni di
potatura e legatura dei tralci. Altre pratiche diffuse sono il guyot e il cordone speronato.
Quando l’uva raggiunge il giusto grado di acidità, dopo aver analizzato anche gli zuccheri, i sali minerali e le sostanze aromatiche, si dà avvio alla
vendemmia. I grappoli sono raccolti a mano, adagiati con cura in cassette di piccole dimensioni e portati immediatamente in cantina. A proposito della
rifermentazione in bottiglia, il disciplinare prevede un passaggio sui lieviti di 15 mesi per la tipologia Brut, 24 mesi per i Millesimati, 36 mesi per
le Riserve. In realtà, spiega il Presidente dell’Istituto Trento Doc Enrico Zanoni, le aziende applicano regole molto più restrittive, prolungando la
sosta sui lieviti ben oltre la richiesta, anche fino a dieci anni, a tutto vantaggio della qualità finale.
Il risultato di tante cure è uno spumante bianco o rosato, dotato di bollicine finissime e incessanti. All’olfatto richiama fragranze floreali e
fruttate, con sensazioni di mughetto, mela golden, albicocca e frutta esotica; con il prolungarsi della sosta sui lieviti emergono rimandi a crosta di
pane, nocciola, vaniglia, crema inglese, cioccolato bianco. Il gusto è dotato di una spiccata freschezza, è avvolgente al palato, in equilibrio tra le
componenti morbide e la sapidità. Compagno ideale a tutto pasto, versatile negli abbinamenti, saprà regalare momenti indimenticabili.