Il racconto del vino sperimentale di Antonio Arrighi, un anno dopo la sorprendente degustazione di AIS sui vini affinati in mare.
Ansonica, sale e sole
Roy Zerbini
Il mar Egeo è punteggiato di isole, alcune famosissime, come Santorini e Mikonos, altre soltanto minuscole rocce aculeate destinate a ingannare i velisti sprovveduti. Nella parte nord-est di questo mare profondamente dipinto di blu, quasi a toccare le coste della Turchia, ecco la magica Chio. Nonostante la felice posizione, è poco conosciuta dal turismo che solca questa parte del bacino mediterraneo. Mediterraneo cantava Mango nel 1999, osannando le arance, i pini, il sole, il mare e una nuvola che vola già dentro l’eternità. È un’isola emozionante, racconta chi l’ha visitata; si respira qualcosa che avvicina all’antico. I prodotti della terra sono sempre stati benevoli con i suoi abitanti; fu inoltre famosissima per il mastice, ricavato dal lentisco, che arricchì i genovesi fino agli inizi del XIII secolo.
L’antica Scio, al pari di Santorini e Mikonos, produce anche vino, e che vino! Varrone e Plinio il Vecchio lo consideravano il miglior vino dell’Egeo, e Cesare l’offrì in abbondanza durante il banchetto che celebrava il suo terzo consolato. Quel vino ricercato, proibito ai più, aveva una straordinaria peculiarità: i grappoli d’uva ben maturi erano immersi nell’acqua del mare per alcuni giorni, protetti da ceste di vimini strettamente intrecciate per impedire che qualche curioso pescetto ne mordicchiasse gli acini.
Dall’Egeo all’Elba il tragitto non è breve, ma il legame è diventato fortissimo grazie al professor Attilio Scienza che, da acuto ricercatore e storico del vino, da tempo aveva in animo di riproporre quell’esperienza di archeoenologia. Prima di approdare all’Elba, Scienza aveva tentato di convincere diversi produttori a intraprendere questo esperimento, ma invano. Tutto cambiò il 21 aprile 2018, quando, in occasione della Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio istituita dall’AIS, presentò una relazione sul metodo di vinificazione utilizzato a Chio, appassionando l’intera platea con un racconto ricco di pathos.
All’organizzazione del convegno partecipava Antonio Arrighi, albergatore di lunga data, sommelier curioso e sperimentatore, temerario quel tanto da correre per oltre cento chilometri nel deserto, ma soprattutto viticoltore. Agli inizi degli anni Novanta deliziava gli amici con un Sangiovese passito che taluni ancora rimpiangono. Qualcuno tra i presenti lo segnalò al relatore.