Eiswein, figli del gelo
Francesca Zaccarelli

Il vino, bevanda mediterranea per eccellenza, evoca nel nostro immaginario climi caldi e generosi, con uve maturate al sole cocente di agosto (o di dicembre-gennaio nell’altro emisfero), nelle estati torride che favoriscono un accumulo di zuccheri prezioso per il futuro grado alcolico. Quando la canicola, il vento e le maturazioni spinte si combinano, gli acini entrano in un delicato e largamente sfruttato processo di disidratazione, capace di alzare ulteriormente i gradi Brix. E se il viticoltore non è ancora soddisfatto, può ricorrere all’appassimento vero e proprio, un processo indotto e controllato per ottenere nettari profumati e avvolgenti, i vini passiti.

Dove mancano queste condizioni climatiche, sembrerebbe impossibile conseguire risultati simili. Infatti, i luoghi con climi algidi e continentali non possiedono una vera vocazione alla viticoltura, ad eccezione di alcune microzone, dove il territorio è stato adattato attraverso secoli di viticoltura o grazie alla tecnologia. Basti pensare alle valli del Reno, alle zone pedemontane austriache e alle colline ungheresi – trasformate in vigne già dagli antichi romani – e ai più moderni ettari vitati del Nord America. Ma il freddo non è una minaccia? Certamente sì. Eppure, in taluni casi, lo stesso freddo si rivela un elemento essenziale per ottenere vini preziosi, dolci e concentrati per effetto del gelo anziché del calore: gli Eiswein.

Per Eiswein si intende un vino prodotto da uve, a vendemmia tardiva, che hanno subito un processo di congelamento naturale sulla vite. La temperatura al momento della vendemmia non può essere superiore ai -7 °C, affinché la pressatura sia effettuata con i chicchi ancora ghiacciati. La raccolta è svolta spesso di notte, per compiere tutte le operazioni durante le ore più fredde, e i torchi frequentemente si trovano a ridosso delle vigne per non perdere tempo prezioso. Selezionati e raccolti a mano, i grappoli sembrano di marmo, ma nonostante la loro consistenza vengono spremuti delicatamente. Così facendo, gran parte dell’acqua, sotto forma di cristalli di ghiaccio, resta nella pressa e si estrae di fatto pochissimo succo, contenente la forma più concentrata di acidi organici, zuccheri e composti aromatici. Il mosto è così ricco anche grazie al lieve appassimento del frutto, ottenuto attraverso le fasi di gelo e disgelo in vigna nei mesi precedenti la raccolta.

L’Eiswein è una tipologia di vino molto apprezzata per la sua rarità, la dolcezza, l’intensità e la purezza, perché la concentrazione del mosto non passa attraverso alcun processo chimico-batterico, come nei botritizzati, e nemmeno è indotta attraverso il caldo e il secco, con quell’appassimento forzato che porta inevitabilmente a ossidazioni e alla perdita di acidi organici. La sua ricercatezza si giustifica anche considerando la quantità di uva necessaria per ottenere una bottiglia da 37,5 cl di vino: si parla di almeno 3-4 kg di uva, equivalenti a un bicchiere scarso per pianta.