l'isola del tesolio
Luigi Caricato

La Sicilia ha custodito il valore identitario delle proprie produzioni preservando un patrimonio olivicolo autoctono di incomparabile ricchezza.

La Sicilia è un microcosmo. Non è paragonabile al resto d’Italia, è un mondo a sé. In questa bellissima isola l’olivo è sempre stato presente, e più che altrove è stato preservato il patrimonio olivicolo autoctono, un nutrito germoplasma interessante anche sotto il profilo lessicale. I nomi delle tante varietà di olivi sono originali ed eufonici: troviamo la nocellara del Belice, quella etnea, la biancolilla, la cerasuola, la tonda iblea, la moresca, e tante altre varietà. Negli ultimi vent’anni hanno fatto il loro ingresso cultivar esterne all’isola, soprattutto negli oliveti ultramoderni che richiedono una forma di allevamento specifica, con impianto più fitto, ora intensivo, ora superintensivo. Anche se le cultivar possono essere diverse da quelle comunemente coltivate, il terroir lascia il segno sugli olivi. Oggi la Sicilia da un lato rimane fedele a se stessa, con gli olivi autoctoni, dall’altro si innova creando una nuova tradizione, una nuova identità, attraverso nuove cultivar, senza per questo creare una discrasia, un’alterazione dei profili sensoriali identitari. Vedremo come si svilupperà questo nuovo corso.

Nel frattempo, chi ha piacere di camminare tra gli olivi non manchi di visitare, nella provincia di Enna, il campo di raccolta e conservazione del germoplasma internazionale di olivo. Si tratta di un campo sperimentale collocato in contrada Zagaria a Pergusa. Contemplando la bellezza degli olivi, ai quali viene riservata una grande cura, ci si chiede come mai la Sicilia, pur avendo un’alta vocazione olivicola, per anni non si sia imposta nei commerci mondiali. Produce da sempre olio in quantità notevole, essendo la terza regione produttrice del Paese, eppure è sempre rimasta in disparte, accomunata in questa sorte ad altre terre del Sud. Tanti olivi, tanto olio, ma pochi marchi commerciali, perché tutto l’olio, sfuso, era destinato a regioni caratterizzate da un commercio oleario in bottiglia più strutturato.