italico ambasciatore Wladimiro Gobbo Verona e Treviso, Amarone e Prosecco sono le associazioni più ovvie per noi enoappassionati. Da oggi alle due città possiamo collegare Ambasciator Italico, i sigari made in Veneto che hanno a Verona le coltivazioni del tabacco Kentucky e a Treviso la manifattura. Questo approfondimento è rivolto non solo agli estimatori della fumata lenta, ma soprattutto ai curiosi, nella speranza che trovino piacere nel fumare un sigaro così come nel degustare un calice di vino. La fumata lenta, infatti, si assapora da rilassati, a differenza delle boccate spesso rapide e ansiose della sigaretta. Il fumo non va aspirato, ma solo trattenuto e gustato nella cavità orale con una ritualità attenta a esaltare ogni puff grazie a una gestualità appropriata. Dietro al marchio Ambasciator Italico c’è il Moderno Opificio del Sigaro Italiano (MOSI), e a rappresentarlo è Cesare Pietrella. Lo hanno definito capitano coraggioso, visionario e folle; di fatto è un imprenditore con una grande esperienza specifica, che in poco tempo ha messo a punto una lavorazione di alta qualità con un’ampia gamma di prodotti. Dal 2014, anno della prima produzione, i numeri aziendali sono stati sempre in crescendo, passando dai 13 dipendenti iniziali per 500 mila sigari a 43 dipendenti e 9 milioni di sigari nel 2019, con una quota di mercato italiano del 7 per cento e vendite in sette nazioni. Si utilizza la cultivar Kentucky, varietà aromatica per eccellenza, che storicamente ha trovato nelle pianure statunitensi del Tennessee e del Kentucky la sua espressione maggiore. Sentori floreali e ricchezza di gusto sono le sue peculiarità, unitamente a una foglia robusta e scura. È spiccatamente diversa dalla più diffusa Virginia, con foglie grandi e chiare, dalle caratteristiche più leggere, utilizzata per la grossa produzione di bionde con il filtro. Dissimile ancora è l’Habano, ugualmente chiaro dal gusto speziato, impiegato nei noti sigari caraibici. Numerose sono le tipologie discendenti della Nicotiana rustica o tabacco selvatico, forte e ruvido al gusto, ottimo antiparassitario naturale. Qualità e forza superiore caratterizzano quindi quella del Kentucky, che occupa solo l’1 per cento della produzione mondiale, poiché esige terreni specifici e lavorazioni impegnative a fronte di una produzione minore. Le piantagioni di MOSI si trovano principalmente nel Veronese, ma anche in Valtiberina, Val di Chiana, nel Beneventano, nonché nel Tennessee e nel Kentucky. Le diverse provenienze caratterizzano i singoli prodotti, tutti derivati da una filiera selezionata e controllata. Il processo di lavorazione, che parte dal seme e termina con il confezionamento, è articolato e molto affascinante, e richiede competenze in ogni stadio. Tutto inizia con la fase agricola nel semenzaio, e prosegue con il trapianto delle piantine in campo, curate fino alla perfetta maturazione e al giusto grado di clorofilla, fondamentali per la regolarità della fumata e dell’armonia gustativa. Si procede con il taglio delle foglie, seguito da un giorno di appassimento a terra per ammorbidirle. Vengono quindi appese nel locale per l’essicazione, che dura fino a tre settimane. Questo trattamento consiste nel far bruciare senza fiamma – particolarità italiana – legni dalla forte essenza, come quercia e rovere, in apposite camere, dove il variare dell’umidità e l’innalzamento della temperatura, da 15 fino a 50 °C, portano dapprima all’ingiallimento e poi all’ammarronamento delle foglie. Questo processo affumica e innesca diverse trasformazioni, come quella degli amidi in zucchero, fino a giungere con l’ossidazione alla caramellizzazione, esaltando naturalmente l’aromaticità. Terminata questa fase, le filze (foglie unite in ceppi) sono smontate e selezionate in base a integrità, colore, uniformità e consistenza. A questo punto le foglie sono “ammanocchiate”, raggruppate intere in mazzetti, e lasciate maturare per minimo due anni. Trascorsa la maturazione, iniziano le lavorazioni specifiche a seconda che siano destinate alla fascia o al ripieno, cioè alla parte esterna o interna del sigaro. Altra particolarità del sigaro italiano è quella di far fermentare il tabacco, ottenendo qualità organolettiche differenti, alla pari del tè nero rispetto al tè verde. Le foglie che costituiranno la fascia, private della nervatura centrale, sono lavorate e rese piatte e regolari. Il tabacco destinato al ripieno invece viene fermentato, ovvero sottoposto prima a un “bagnamento” con successiva asciugatura a caldo per 10-20 giorni. Questa fermentazione è doppia per MOSI, per far evaporare al massimo l’ammoniaca che si sprigiona naturalmente e ottenere un sigaro dalla fumata più elegante. Le foglie sono quindi liberate dalle parti legnose, battute, tagliate, pronte per essere miscelate nei diversi blend dei ripieni. Con l’arrotolamento della fascia sul ripieno si ottiene infine la tipica forma bi-troncoconica. Meticolosi controlli garantiscono uniformità di peso e di tiraggio. I sigari posti su telai sono trasferiti in camere termoregolate per subire l’essiccazione finale e l’affinamento, che va da un minimo di tre a oltre quindici mesi. Una ulteriore selezione, taglio e inscatolamento, tutto rigorosamente a mano, rendono il sigaro pronto per essere acceso. L’offerta è ben calibrata, caratterizzata dalla provenienza del tabacco, dai formati e dalla stagionatura. Prevede il Classico, da tabacco dal Tennessee per la fascia e italiano per il ripieno; il Tradizionale, con tabacco da Verona per la fascia e dalla Campania per il ripieno, entrambi con 6 mesi di maturazione. Poi ancora il Maturo, con tabacco dal Tennessee nella fascia e misto americano-italiano nel ripieno; e per concludere, il Superiore, sintesi e apoteosi dei precedenti, dalla lunghezza di ben 17 cm. La maturazione in questi ultimi due casi arriva ai 12 mesi. Altrettanto ampia la proposta di ammezzati, dal formato conico, giusto la metà dell’intero. Fra i neutri si annoverano il Classico e il Buttero, interamente da tabacchi italiani. Gli aromatizzati, dalla piacevolezza gusto-olfattiva esemplare grazie ad aromatizzazioni naturali e a tabacco di qualità alla pari dei sigari interi, comprendono il Bianco Stellato e il Rosato del Grappa. Merita una segnalazione la speciale partita di 100 pezzi del Superiore, sigaro ufficiale del 53° Congresso nazionale AIS svoltosi a Verona, confezionato con apposita fascetta celebrativa. Ormai disponibile solo nei bei ricordi di chi lo ha condiviso informalmente e nelle degustazioni dedicate. Importante nel formato quanto nella forza, ben dosata nella fumata. Color carruba con striature nere. Da spento profumava intensamente di mallo di noce, cacao amaro, pepe di Sichuan, tè lapsang souchong, fico secco, mentre da acceso le boccate richiamavano cioccolato fondente, liquirizia dura, rabarbaro e stuzzicanti note piccanti. Il protagonista di oggi è il Superiore Piramide edizione 2019, da un blend di annate differenti, per 15 cm di lunghezza e un diametro massimo 1,8 cm, con forma bi-troncoconica poco pronunciata. Per la fascia si utilizza Kentucky della Valtiberina, mentre per la sottofascia, sua particolarità, foglie dal Tennessee. Il ripieno è un blend italo-statunitense. La maturazione di questo sigaro è molto lunga: 3 mesi con la sottofascia e altri 12 dopo la fasciatura nel formato esclusivo a piramide, appuntito chiuso. Lo abbiamo conservato nell’humidor al 70% fino a un’ora dall’accensione. Decisamente compatto al tatto, uniforme, di color nocciola tostata con sfumature grafite. Da spento profuma delicatamente di fava di cacao, pepe bianco, torba, legnetto di liquirizia, tè nero e miele di castagno. Si è spuntata la testa con la ghigliottina ottenendo un foro di 8 mm per una fumata controllata: un diametro maggiore ne avrebbe aumentato la forza. Riscaldato il piede, è stato acceso roteandolo con le dita per ottenere un braciere uniforme. Una serie di brevi boccate è seguita alla prima per un tiraggio ottimale. Dotati di un posacenere che permettesse l’appoggio orizzontale, evitando che il fumo passivo influisse negativamente sulla fumata, abbiamo tenuto braciere e fumo sopra le narici e a dovuta distanza, gustando ogni puff lentamente, senza scuotere il sigaro per mantenere la cenere attaccata, favorendo stabilità di tiraggio e durata. Al gusto ha svelato forza; dopo due centimetri ha trovato armonia, con stimoli tattili piccanti e di leggero tannino, e sapori di gianduia, caffè arabica e note sapide. Costanti il piacere e l’intensità fino a oltre metà. Siamo così arrivati, dopo circa 35 minuti, all’ultimo terzo, nel quale la fumata aumenta la forza della trama gustativa. Marmorea la cenere zebrata grigio nera. Per l’abbinamento abbiamo cercato un distillato che permettesse ai due prodotti di esaltarsi a vicenda. Siamo rimasti in Veneto, scegliendo per la prima parte il distillato d’uva Prime Uve Nere di Bonaventura Maschio; per la prosecuzione la grappa Of Amarone riserva Vintage di Bonollo: hanno garantito morbidezza e piacevoli persistenze alla perfezione. Una gran bella fumata con gli amici Bruno e Leonardo che ringrazio.