Ha condito ed esaltato il sapore della storia, e per il suo carattere esuberante, forte e puro era una panacea contro i piccoli problemi della quotidianità. È l’aceto di vino.
divino aceto
Morello Pecchioli
Svetonio, l’antico cronista romano abituato a guardare la vita dei potenti dal buco della serratura, una sorta di Alfonso Signorini dell’epoca, nelle Vite dei Cesari racconta che Cesare (Gaio Giulio) “ebbe per amanti molte regine, ma la sua più grande passione fu Cleopatra, che colmò di onori e splendidi doni e da lei ebbe un figlio a cui diede il suo nome”. Cleopatra era una bomba sexy, la Wanda Nara dell’antichità. Oltre a sedurre Giulio Cesare che, secondo Svetonio, non faceva nulla per resisterle, fece perdere la testa anche a Marco Antonio, che avrebbe avuto la possibilità di succedere a Cesare se non si fosse lasciato ammaliare dalla bella faraona.
Bella e sprecona. Plinio il Vecchio, che non era pettegolo come Svetonio, riferisce nella Naturalis historia che la regina dell’Egitto aveva scommesso con il bel Marc’Antonio che in una sola cena avrebbe consumato cibo per diecimila sesterzi. Sesterzio più, euro meno, corrisponderebbe a un abbonamento annuo all’Osteria Francescana di Massimo Bottura a Modena (300 euro a cena senza vino). Cleo vinse sciogliendo una perla preziosissima in una coppa di aceto e lo bevve senza storcere quel nasone che fece dire a Pascal: “Se fosse stato mezzo centimetro più corto avrebbe cambiato il corso della storia”.
L’episodio ci introduce al pregio dell’aceto (anche senza perla) a tavola. I Romani lo apprezzavano molto in cucina, vedi le ricette di Apicio. Marco Valerio Marziale, poeta dalla battuta urticante, insaporiva gli epigrammi con l’aceto, condimento che amava in modo particolare. “Lo stesso cibo non piace più se gli togliamo il morso dell’aceto”, diceva. Uomo di gusti forti, suggerì a un amico poco convinto: “Questo vaso ripien di aceto egizio / non disprezzarlo. Quando esso era pieno / di vino, valea meno”.