l'eleganza è un'altitudine Massimo Zanichelli Dislocata ai margini nord-occidentali della Penisola, al confine con la Francia, la Svizzera e il Piemonte, la Valle d’Aosta - piccola, appartata, poco conosciuta - è la cenerentola del vino italiano solo per estensione e numeri produttivi (cinquecento ettari per circa 20.000 ettolitri annui, un’inezia), non certo per la qualità dei suoi vini, che anzi sono tra i più interessanti e personali del panorama italiano ed europeo. La sua è un’aspra viticoltura di montagna - frammentaria, estrema, di rara bellezza - che scende maestosa lungo il corso della Dora Baltea secondo una direttrice ovest-est inusuale per la catena alpina, dividendosi in tre settori (alta, media e bassa valle) lungo due versanti orografici: l’ , “il dritto”, la zona più coltivata e meglio esposta, sulla sinistra del torrente, e l’ , “l’inverso”, la sponda opposta meno vitata e soleggiata, ma non per questo meno importante. Scandita da montagne a perdifiato e punteggiata in ogni dove da castelli medievali e fortezze turrite, è spezzettata in una miriade di parcelle e appezzamenti, spesso letteralmente strappati alla roccia, in un assieme spettacolare e impervio di pendenze, terrazze, ciglioni e muretti a secco. I suoli, di origine morenica, presentano una tessitura sabbioso-ghiaiosa, con uno spesso strato di limo grigio- azzurro di basso contenimento idrico. Le temperature sono scandite da forti escursioni termiche tra giorno e notte, una peculiarità della viticoltura montana che si riflette nel carattere intenso e spiccato dei vini valdostani, tra cui i bianchi, tra i più personali e avvincenti dell’enologia nazionale, prodotti con ugual merito dal talento dei piccoli vignaioli ( ) come da alcune virtuose cantine sociali ( ). Adret Envers viticulteurs encaveurs caves cooperatives Partendo dalle alture alpine di Morgex per arrivare alle porte di Donnas in bassa valle, quello che segue è un viaggio tra i principali bianchi regionali, suddivisi per vitigni, siano essi espressione delle principali sottozone o menzioni geografiche (Blanc de Morgex et de La Salle, Chambave, Nus), oppure più semplici tipologie varietali previste dal disciplinare, tutti comunque ricadenti all’interno dell’onnicomprensiva Valle d’Aosta o Vallée d’Aoste Doc: la regione è bilingue, ma il francese che vi si parla è in realtà il , un dialetto franco-provenzale che un parigino faticherebbe a capire. patois valdôtain Prié blanc Chiamato anche blanc de Morgex, come la denominazione che lo rappresenta, è l’unico vitigno bianco autoctono valdostano. Buccia sottile, aroma solo apparentemente neutro e vena eclettica (l’acidità lo rende interprete ideale anche negli spumanti Metodo Classico e nei vini dolci), cresce sulle alture tra Morgex e La Salle da vigne franche di piede su pergole molto basse, mediamente a un metro da terra, in modo che l’uva – lavorata in piedi e vendemmiata in ginocchio – possa beneficiare anche del calore restituito dal terreno, evitando di gelare. Il Blanc de Morgex et de La Salle, un’isola alpina di ventisei ettari coltivati in condizioni estreme, rappresenta infatti il punto più alto della viticoltura europea, che qui arriva a sfiorare i 1200 metri di quota. In un paesaggio viticolo quasi ancestrale dimora un bianco artico e roccioso, fragrante e tagliente, che, contrariamente a quanto si è sempre creduto, restituisce la sua più completa espressione con la maturazione in bottiglia. Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle 2018 PIERO BRUNET Idraulico da sempre, Piero Brunet, oggi sessantaseienne, è diventato vignaiolo per caso, o forse per destino, comprando nel 1985 una delle vigne appartenute ad Alexandre Bougeat, il leggendario abate cui è indissolubilmente legata la rinascita del Blanc de Morgex in epoca moderna. Dal Closey di Morgex, vigneto di bellezza montana, nascono circa 3500 bottiglie di un bianco rigoroso, a volte ruvido, dal colore paglierino nitido, con profumi di pietra umida e pietra focaia, e un palato tutto d’un pezzo, solido, rigoroso, austero, di sprezzante acidità e immediato sapore. Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle 2018 Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle La Piagne 2016 CAVE MONT BLANC DE MORGEX ET LA SALLE Nata nel 1983, questa cantina cooperativa – la realtà quantitativamente più importante del territorio, con ottanta soci conferitori per diciotto ettari vitati – ha da sempre valorizzato la doppia vocazione del prié blanc, affiancando alle vinificazioni in bianco una produzione spumantistica con Metodo Classico. Il Blanc de Morgex del 2018 è una lama pietrosa e citrina, aspra e succosa, invitante e tagliente, un bianco dal carattere d’acciaio. Per contro, La Piagne del 2016 si avvale del maggior tempo trascorso in bottiglia per sfoggiare sentori di fiori ed erbe di montagna, un profilo di zeste d’agrume, un crescendo gustativo minerale e roccioso. Proviene da uno dei rari cru del territorio che è un’icona di Morgex: uno spettacolare terrazzamento a tre livelli, dislocato a 1150 metri di altitudine, con pergole sorrette da piloni in pietra (éhatze) e delimitato da imponenti muretti a secco. Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle 2018 Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle Le Sette Scalinate 2016 ERMES PAVESE Ex grafico ed ex macellaio, Ermes Pavese è diventato un vignaiolo di talento cominciando a vinificare nel 1999, su sprone di Marziano Vevey, duemila metri quadrati di prié blanc nel garage di casa. Oggi gli ettari sono sei, per la maggior parte in affitto. L’olfatto del Blanc de Morgex 2018 vibra di sensazioni pietrose, con l’agrume pronto a librarsi. Il palato è severo, succoso e sapido, tagliente e contrastato. L’anima indomita e rarefatta di questo bianco emerge con maggiore evidenza nella versione Le Sette Scalinate, da un vigneto di raro fascino, addossato alla parete della montagna, e di altrettanti terrazzamenti che Ermes sta pazientemente recuperando. Prodotto solo in magnum, ha veste color paglierino, profumi di marca minerale e agrumata, palato ricco di succo, dalla vibrante e cristallina vena acido-salina. Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle 2016 ALBERT VEVEY Mario Vevey, classe 1963, ex veterinario, direttore di un’associazione di allevatori, vignaiolo per passione e per vocazione familiare (il padre Albert è stato uno dei pionieri del moderno Blanc de Morgex), conduce insieme al fratello Mirko, guardia forestale, un ettaro e mezzo di vigna sparpagliato in una quindicina di parcelle. Il 2016 dimostra che cosa questo bianco riesce a offrire quando si ha la pazienza di aspettarlo: un limpido, brillante colore giallo paglierino, fredde fragranze di fiori di montagna e agrumi, un palato penetrante, contrastato, fresco, persistente. Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle 2018 MARZIANO VEVEY A Morgex la maggior parte dei vignaioli produce vino come secondo lavoro. Non fanno eccezione i Vevey: Marziano, ora in pensione, ha fatto carriera all’Enel, la figlia Valeria e il genero Mario lavorano invece presso la Compagnia Valdostana delle Acque. Da circa settemila metri quadri di vigna sparsi in più di una dozzina di appezzamenti (questo territorio è uno dei più frazionati della regione), nasce un Blanc de Morgex granitico e minerale: è così ai profumi, accarezzati anche da elementi floreali, è così al palato, una lama pietrosa innervata da un’infiltrante sapidità e un’acidità quasi elettrica. Finale profondo, saporitissimo. Moscato bianco Nella vasta e variegata famiglia dei moscati italiani, quello bianco o di Canelli, uno dei più eleganti ed eclettici, largamente diffuso in Piemonte, trova una sua preziosa nicchia produttiva tra le montagne valdostane, dove viene chiamato, alla maniera francese, “muscat petit grain”, il moscato dai piccoli acini. Non è una varietà autoctona (le sue antiche origini sono greche), ma è conosciuto in Italia dall’epoca delle Crociate. In valle è l’unico vitigno aromatico a rientrare in una denominazione territoriale, quella di Chambave, le cui origini storiche si perdono indietro nei secoli. In una manciata di comuni intorno ad Aosta, a cavallo dei due versanti orografici e al centro della valle, lungo una quindicina di ettari, il Muscat è prodotto sia nella tradizionale versione flétri o passita, sia in una fragrante, raffinata, irresistibile versione secca. Valle d’Aosta Chambave Muscat 2019 EDOARDO BRAGA Privo di tradizioni vitivinicole familiari alle spalle, ma con studi in enologia e diverse esperienze sul campo in Borgogna e nella stessa Valle d’Aosta, Edoardo Braga, classe 1987, comincia a produrre vino nel 2014, partendo da settemila metri quadri in affitto per arrivare ai tre ettari attuali. Il suo Muscat ha colore paglierino leggero e luminoso, un olfatto screziato di glicine, rose bianche, muschio e biancospino, un palato succoso, ricco, pieno, con un vigore alcolico imponente ma mai prevaricante, e un finale definito, limpido, saporito. Valle d’Aosta Chambave Muscat 2019 Valle d’Aosta Chambave Muscat Attente 2017 LA CROTTA DI VEGNERON Fondata nel 1980, questa cantina cooperativa, presieduta da Sandro Théodule e condotta dall’enologo piemontese Andrea Costa, è la voce produttivamente più importante della zona di Chambave e una delle maggiori nella regione. Il suo Muscat è un classico che difficilmente sbaglia un’annata e il 2019 non fa eccezione: profumato, maturo, brillante, contrasta la pienezza della bocca con un’accelerazione di freschezza muschiata e di zenzero. Addirittura stupefacente è la versione Attente, che, con quaranta mesi di affinamento sui propri lieviti di cui dodici in botte grande, rappresenta la sublimazione del Moscato secco valdostano: menta ed eucalipto all’olfatto, con tripudio di erbe aromatiche. Il palato è quasi elegiaco: succoso, tenero, complesso, con note di pesca bianca, continue rifrangenze balsamiche, buccia di bergamotto e sensazioni di rosmarino. Finale incessante, irresistibile. Valle d’Aosta Chambave Muscat 2018 ROSSET TERROIR Da un ettaro di vigneto tra Champlan e La Meyaz, a Chambave, con viti di quarant’anni ubicate a 800 metri d’altezza, e da una doppia vinificazione (una parte riposa per sei mesi in anfora a contatto con le bucce, l’altra parte in acciaio), Nicola Rosset trae un’interpretazione di Muscat giocata sulla sottrazione e sulla sottigliezza: colore paglierino leggero e limpido; profumi meno varietali e più pietrosi, che con l’ossigenazione spargono en plein air sentori di glicini e muschio; palato pieno, sobrio, essenziale, laminato, tonico, con progressione gustativa di erbe, fiori, sapori minerali. Inizia con un adagio, finisce in crescendo. Valle d’Aosta Chambave Muscat 2017 LA VRILLE Ex marinaio, Hervé Deguillame si è costruito, al suo ritorno in terra natia negli anni Novanta, un piccolo patrimonio personale di due ettari e mezzo di vigna, cominciando con l’impianto di una parcella di moscato bianco a Grangeon, poco sopra Verrayes, a 650 metri di quota, e conferendo l’uva prima di mettersi in proprio. Parte con la versione passita per arrivare a quella secca. Il suo 2017 ha colore paglierino intenso e profumi di grande charme: pesca, agrumi in scorza, muschio, glicini in fiore, albicocca e una spiccata nuance di rosa. Il palato è varietale, caldo, avvolgente, ricco di frutta matura, senza che lo sviluppo gustativo debba sacrificare tutto il sapore sottocutaneo di queste terre. Valle d’Aosta Muscat Petit Grain 2018 LO TRIOLET Tra le migliori espressioni del moscato valdostano fuori dal terroir storico di Chambave figura senz’altro quella prodotta da Marco Martin sulle alture di Villeneuve (quattromila metri quadri a 900 metri di altitudine). Colore paglierino brillante, arioso naso aromatico di erbe, salvia, sambuco, menta, basilico: un profilo sfizioso e guizzante che si apre a ventaglio. Palato pieno di succo, di limpida, aperta freschezza, con un fiorire continuo ancora di erbe (salvia, basilico, timo, ruta, menta); la sostenuta alcolicità è compenetrata in uno sviluppo gustativo dal tratto progressivo e sinfonico, dove l’incedere aromatico non annulla la componente più sapida. Tacsum VINTAGE Se letto al contrario, il nome di questo vino, Tacsum, diventa Muscat: l’inversione lessicale ha il sapore di una rivoluzione e di uno stravolgimento. Elisabetta Sedda, vignaiola a Pallein, frazione di Saint-Christophe, con un percorso da autodidatta, ha infatti deciso nel 2018 di vinificare le uve di moscato bianco vendemmiate tardivamente con una fermentazione spontanea, una lunga macerazione sulle bucce di 45 giorni e una sosta di un anno in un caratello proveniente da Marsala. Ne esce un “organic and orange wine”, giunto alla sua terza vendemmia, profumato ma non troppo (la vinificazione in rosso limita la portata aromatica del vitigno), con punture volatili, un’intensa alcolicità (15,5%) e un tannino dal tratto feroce. Un vino di sentimento, sincero e artigianale, prodotto in quantità confidenziale (135 bottiglie), che rischia però di sconfinare nell’esercizio di stile. Pinot gris Il pinot grigio valdostano, o pinot gris, si contrappone all’oceano di vino anonimo e redditizio ampiamente diffuso nelle piane del Triveneto, che spesso non supera la soglia del bianco da pizzeria da bere ghiacciato. Qui, per contro, ci si riavvicina a un modello nobile, più vicino ai prototipi francesi e svizzeri, che rende giustizia al rango di questo vitigno, una mutazione genetica – non dimentichiamolo – del pinot nero. Ha il suo habitat storico tra i rilievi della sottozona di Nus, dove tradizionalmente è chiamato Malvoisie, come nel Vallese o in Loira: qui il pinot grigio ha visto però progressivamente assottigliare la sua estensione agli attuali due ettari e mezzo contro gli abbondanti dodici che ricadono nella più generica Doc regionale. Valle d’Aosta Nus Malvoisie 2019 LA CROTTA DI VEGNERON Dai vigneti posti tra i 450 e i 680 metri di quota nei comuni di Nus, Fenis e Quart lungo diverse esposizioni, e da una vinificazione in acciaio con sei mesi di bâtonnage, Andrea Costa trae un vino dal colore paglierino tenue, freschi profumi di nocciola, un palato polposo, con alcol sostenuto ma composto, dal finale modulato e piacevole, e una delicata persistenza di erbe. Valle d’Aosta Nus Malvoisie 2018 LES GRANGES Dai seimila metri di pinot gris a 600 metri di altitudine in località Les Granges, dove conduce un accogliente agriturismo in posizione panoramica insieme alla moglie Liana, Gualtiero Crea trae un Malvoisie di personalità, vinificato con fermentazione spontanea, una breve macerazione di cinque giorni su una piccola parte della massa e una decantazione naturale, lasciando un piccolo sedimento che rende il colore arancio-ramato del vino lievemente velato, senza tuttavia privarlo di brillantezza. Ha profumi di marca spiccatamente floreale e un palato di struttura e nerbo, in cui l’elemento alcolico si fonde con un’astringenza delicata e saporita, mentre la progressione finale rilascia sensazioni di fiori, e frutti bianchi e rossi. Valle d’Aosta Pinot Grigio Le Plantse 2017 DIDIER GERBELLE Sono passati diversi anni da quando Didier Gerbelle convertì la tradizione viticola di famiglia in una realtà produttiva indipendente. Era il 2006 e l’allora giovane talento dal promettente futuro è diventato una realtà di riferimento nelle gerarchie della regione. Ricavato da un piccolo vigneto terrazzato nel comune di Villeneuve, questo Pinot Grigio fermenta e matura in botti di rovere. Ha colore paglierino intenso e brillante, profumi dritti, ramati, metallici in una specie di “distillato” varietale, e un palato, al contempo pragmatico e trasognato, ricco di sensazioni di anice, dai sottili equilibri, con finale di accennata freschezza balsamica e fitti elementi di sapore. Valle d’Aosta Pinot Gris 2018 INSTITUT AGRICOLE RÉGIONAL Importante centro regionale di didattica, formazione e ricerca, l’Institut Agricole è anche un polo produttivo di primaria importanza. Lo dimostra, tra le altre etichette, questa versione “in grisaglia” di Pinot Grigio, proveniente dal vigneto ubicato in località Moncenis, sopra Aosta, a 770 metri di quota, fortemente inerpicato, e frutto di una vinificazione in acciaio e legno. Colore paglierinoramato, dall’olfatto accarezzato da fiori bianchi e rossi, contrassegnato da un palato speziato e grintoso di anima ferrosa. Valle d’Aosta Pinot Gris 2018 ROSSET TERROIR La storia vitivinicola della famiglia Rosset è iniziata nel 2001 con l’acquisizione dei primi tre ettari a Saint-Christophe e nel giro di una manciata di stagioni si è affermata con determinazione sulla scena enologica regionale. Assaggiando il Pinot Gris, proveniente da una vigna ubicata a più di 900 metri di quota nella zona di Villeneuve, si capisce il perché: colore paglierino intenso con riflessi dorati, olfatto di alito ramato, con petali di fiore e anima metallica, palato cospicuo, ricco, energico. Valle d’Aosta Pinot Gris 2018 Valle d’Aosta Pinot Gris élevé en barriques 2018 LO TRIOLET Caparbio, versatile, talentuoso, Marco Martin si è fatto conoscere all’inizio della sua produzione con alcune compiute interpretazioni di Pinot Gris, che sono degli evergreen. Quella vinificata in acciaio ha spiccati sentori minerali e toni floreali che si riverberano al palato, dove la generosità del vitigno viene stemperata da un tono asciutto e roccioso di sapida progressione gustativa. La versione in legno esplora la dimensione “barricadera” della varietà (ci si perdoni il facile calembour) con un profilo dal colore paglierino intenso, profumi elegantemente boisé, un palato speziato-burroso quanto basta, non privo di sfumature floreali, con note di anice e una progressione di sapore. Le uve arrivano da circa due ettari di vigne sparse tra Introd e Villeneuve (rispettivamente a 800 e 900 metri di altitudine). Valle d’Aosta Pinot Gris Trii Rundin 2018 Tramontana 2018 LA PLANTZE Figlio d’arte, Henri Anselmet fin dai suoi primi passi nel 2013 ha cercato di allontanarsi dai modelli paterni con piglio personale e spirito sperimentale. Da una parcella del comune di Fenis, a 650 metri di quota, derivano due versioni di Pinot Gris. La prima, il Trii Rundin (i nomi di fantasia accompagnano tutte le etichette), nasce da una breve macerazione sulle bucce e da una doppia maturazione, parte in acciaio e parte in barrique: è un bianco stilistico, ma non per questo poco territoriale, di grinta fumé e fervore tannico, con un bel sale a rimorchio (gergo del basket) ma senza backdoor, anzi del tutto frontale, con sviluppo potente pur senza rinunciare al surplace. Il Tramontana, otto mesi in acciaio, ha toni rugosi, input chiaroscurali, stile simil-alsaziano nel palato morbido-succoso, dal residuo zuccherino, spiazzante, fuori dal coro, molto gourmand. Petite arvine Originaria del Vallese svizzero, e precisamente della zona di Sion, la petite arvine è stata introdotta in Valle d’Aosta dal canonico Joseph Vaudan nel 1970 con barbatelle provenienti da Chamoson – Saint- Pierre-de-Clages e messe a dimora nella vigna Cossan dell’École Pratique d’Agriculture, poi diventato l’Institut Agricole Régional, di cui il canonico era direttore. Varietà tardiva e versatile, ricca di profumi, alcol e acidità – una combinazione pressoché ideale per ottenere grandi vini – è la seconda uva a bacca bianca più coltivata in regione dopo l’autoctono prié blanc: non stupisce che i produttori valdostani l’abbiano sempre sentita come parte integrante del proprio patrimonio ampelografico, fino addirittura a considerarla autoctona. Valle d’Aosta Petite Arvine 2019 CHÂTEAU FEUILLET Piemontese d’origine e valdostano d’adozione, Maurizio Fiorano, dopo varie esperienze professionali, intraprende l’attività di vignaiolo acquistando un incolto sulla cima del Torrette a metà degli anni Novanta, comincia a imbottigliare nel 2001 e diventa in breve tempo un produttore di riferimento per la valle. La Petite Arvine, proveniente da due appezzamenti in alta quota (700 e 800 metri), affascina per il suo stile fresco e disinvolto: colore paglierino delicato; al naso fragranze di agrumi, pesca, fiori di primavera e sottofondi minerali; palato succoso, tonico, slanciato, pieno di brio, con fresca persistenza fruttata innervata da un’acidità al sapore d’agrume (pompelmo, limone). Valle d’Aosta Petite Arvine Fleur 2018 LES CRÊTES Ad Aymavilles, nell’Envers, gli Charrère vantano una tradizione agricola secolare, ma solo con Costantino, al tempo professore di ginnastica e maestro di sci, la proprietà ha imboccato con successo la strada della vitivinicoltura, spalancando alla valle le porte della notorietà al di fuori dei confini regionali. Ereditando dal padre la passione per la petite arvine, Elena ed Eleonora Charrère ne propongono da qualche anno una dall’evocativo nome Fleur, proveniente dalla vigna Devin Ros di Montjovet, in bassa valle, e maturata in acciaio. Ha colore paglierino intenso, profilo olfattivo spiccatamente floreale, con sfumature di buccia d’agrume, e un palato maturo e tonico, dall’alcol presente ma quasi inavvertibile grazie a un brillante contrasto acido e a una persistenza continua e fresca, di rilievo sapido. Valle d’Aosta Petite Arvine 2018 DI BARRÒ Nel 2015 Andrea Barmaz ed Elvira Rini impiantano tremila metri quadrati di petite arvine a Pertusat, un villaggio a monte del castello di Sarre, a 700 metri di quota, con le barbatelle provenienti dal vigneto storico del canonico Vaudan, coronando così un sogno che avevano nel cassetto fin dal 1990. Pressatura pneumatica di uve intere e dieci mesi in acciaio sulle fecce fini senza far svolgere al vino la fermentazione malolattica per preservarne l’acidità. La brillantezza è la sua caratteristica principe: colore paglierino limpido, olfatto punteggiato da fresche note minerali, sensazioni d’agrume, fiori di melo cotogno, erbe montane e camomilla. Al palato la pienezza di una polpa matura trova il contrasto di un nerbo aspro, tonico, elettrico. Valle d’Aosta Petite Arvine Vigne Rovettaz 2018 GROSJEAN VINS Dai primi imbottigliamenti di nonno Dauphin nel 1968 all’attività dei suoi cinque figli capitanati da Vincent fino al dinamismo produttivo della generazione dei nipoti guidata da Hervé e Simon, i Grosjean rappresentano a pieno titolo la storia moderna dell’enologia valdostana. Ubicata nella splendida Vigna Rovettaz di Quart, dove occupa un ettaro e mezzo dei cinque e mezzo di cui si compone l’intero vigneto (uno dei più grandi in regione tra quelli coltivati da un singolo produttore), la petite arvine è vinificata per due terzi in acciaio e un terzo in barrique. Ha colore paglierino limpido, un naso di buccia d’agrume, camomilla, fiori di tiglio e di albicocco, un palato maturo, caldo, sensuale, accogliente, con un finale di frutta esotica. Valle d’Aosta Petite Arvine 2018 INSTITUT AGRICOLE RÉGIONAL A Cossan, su una collina spiovente di Aosta sopra l’Institut, a 620 metri di altitudine, con esposizione solatia e una sistemazione a ritocchino di accentuata pendenza, su un suolo sabbioso ricco di scheletro, dimorano ancora i vecchi ceppi di petite arvine piantati dal canonico Vaudan nel 1970. La versione firmata dal giovane e preparato Daniele Domeneghetti è ogni anno tra le migliori della regione. Colore paglierino intenso e vivo con spiccati profumi floreali: camomilla, acacia, tiglio e quasi una nuance di fieno di montagna. Palato di polpa tenera e succosa, dallo sviluppo modulato, dal frutto invitante, dal brillante contrasto acido. Valle d’Aosta Petite Arvine 2018 MAISON ANSELMET Se la tradizione viticola degli Anselmet si perde indietro nei secoli e se i primi fermenti aziendali iniziano alla fine degli anni Settanta con papà Renato, è solo nel 2001 con l’ingresso del figlio Giorgio – produttore serio, preparato, versatile – che questa maison entra di diritto tra i protagonisti dell’enologia valdostana. La Petite Arvine, dedicata al canonico Vaudan, risolve mirabilmente i non facili equilibri tra vitigno e legno (qui tonneau, nuovi solo per un terzo): le note elegantemente boisé del naso non spezzano infatti la linea varietale dei fiori e degli agrumi, ammantandosi anche di rilievi minerali, mentre il succoso palato fonde efficacemente registro speziato e rilievo sapido, senza perdere tonicità e persistenza. Valle d’Aosta Petite Arvine 2018 Valle d’Aosta Petite Arvine Nuances 2017 OTTIN Rossista per vocazione, come hanno dimostrato le perentorie affermazioni di Pinot Nero, Torrette o Fumin nei primi anni della sua attività produttiva, Elio Ottin si è favorevolmente cimentato anche con la Petite Arvine in due versioni stilisticamente differenti. Quella in acciaio disciplina il portato tardivo del frutto aprendolo verso fragranze d’agrume, sentori di fiori ed erbe di montagna, note di albicocca, con un palato intenso e maturo, polposo e tonico. Nuances invece trova nel passaggio in tonneau per un anno un calibro che scongiura anche gli effetti potenzialmente dirompenti di un’annata siccitosa come la 2017. All’olfatto il lato speziato del rovere si traduce in un elegante fumé, la crema pasticciera convive con i fiori, mentre al palato il calore del frutto trova uno sviluppo tutt’altro che statico, con un finale esotico (ananas) che sfuma nel fresco agrume del pompelmo. Valle d’Aosta Petite Arvine 2018 Valle d’Aosta Petite Arvine Sopraquota 900 2018 ROSSET TERROIR Nicola Rosset propone due interpretazioni di Petite Arvine che sembrano messe lì apposta per avvalorare la funzione della parola Terroir presente nel nome aziendale. La prima, vinificata in acciaio, arriva da un vigneto di due ettari situato a Montjovet, in bassa valle, a 600 metri di quota. Ha tratto floreale, una pienezza di frutta bianca al palato e media persistenza. La seconda proviene invece da un vigneto arrampicato intorno ai 900 metri (da cui il nome del vino) a Cumiod, una frazione di Villeneuve, su terreno sabbioso e pietroso, con vinificazione in acciaio e anfora e fermentazione malolattica in legno. Ha colore paglierino intenso e olfatto di slancio montano (sentori di fiori, erbe, genepì), maturo quanto fresco, così come il palato, dove il frutto tardivo trova il contrasto di un agrume acido-citrino per un’evoluzione articolata e dinamica. Chardonnay In voga tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila, lo Chardonnay maturato in legno dai trionfi del recente passato è approdato agli ostracismi del presente. Eppure, questo vitigno di Borgogna diventato suo malgrado internazionale, croce e delizia degli appassionati, ha trovato terreno fertile in Valle d’Aosta – per la natura sciolta dei terreni, per le condizioni climatiche, per le positive influenze francesi – con interpretazioni mai troppo opulente, caricaturali o naïf. Gli ettari di chardonnay coltivati in regione sono una ventina. Valle d’Aosta Chardonnay Cuvée Bois 2017 LES CRÊTES È il bianco che, nella stagione calda degli Chardonnay “barricati”, ha contribuito a sdoganare il vino valdostano di qualità, per molto tempo confinato all’interno del perimetro regionale, diventando nel tempo uno degli Chardonnay più importanti d’Italia, anzi un vero e proprio “cult wine”. La Cuvée Bois si ripresenta anno dopo anno con le sue caratteristiche più riconoscibili e peculiari: il colore dorato intenso, i profumi speziati, tostati e floreali, il palato pieno, ricco, boisé, esotico, vigorosamente alcolico. Valle d’Aosta Chardonnay élevé en fût de chêne 2018 Valle d’Aosta Chardonnay Mains et Coeur 2018 MAISON ANSELMET Amante dei bianchi maturati nel legno, Giorgio Anselmet ne produce addirittura due a base chardonnay. Il primo (uve da Saint-Pierre e Villeneuve, 800-900 metri di quota) fermenta e riposa in barrique, il secondo (da una piccola parcella di Saint-Pierre, 880 metri di altitudine) vi fa anche la pressatura, senza chiarifica dei mosti e con una sosta in rovere di diciotto mesi. Il primo fonde ascendenza francese e spirito montano, sfoggiando l’eleganza di un boisé aristocratico e unendo una polpa ricca e alcolica a un tessuto di spezie, anice e menta. Il secondo interiorizza ancor di più il rovere di elevazione, offrendo un olfatto pieno di sottigliezze nocciolate e legni raffinati, un palato di stoffa e finezza, sottile e saporito, dal boisé epidermico, dallo sviluppo profondo, incisivo, puro. Valle d’Aosta Chardonnay 2018 ROSSET TERROIR Proveniente da una piccola parcella a Thuvex, comune di Saint-Christophe, a 800 metri, su suolo sabbioso-sassoso, lo Chardonnay di Nicola Rosset, contrariamente alle versioni più comuni passate in legno, attenua sensibilmente la percezione del rovere. Ha colore paglierino leggero e luminoso, profumi speziati tanto quanto floreali e fruttati, palato succoso, tonico, dritto, contrastato, dal fresco finale di agrumi e sfumature muschiate.