l'eleganza è un'altitudine
Massimo Zanichelli

Dislocata ai margini nord-occidentali della Penisola, al confine con la Francia, la Svizzera e il Piemonte, la Valle d’Aosta - piccola, appartata, poco conosciuta - è la cenerentola del vino italiano solo per estensione e numeri produttivi (cinquecento ettari per circa 20.000 ettolitri annui, un’inezia), non certo per la qualità dei suoi vini, che anzi sono tra i più interessanti e personali del panorama italiano ed europeo.


La sua è un’aspra viticoltura di montagna - frammentaria, estrema, di rara bellezza - che scende maestosa lungo il corso della Dora Baltea secondo una direttrice ovest-est inusuale per la catena alpina, dividendosi in tre settori (alta, media e bassa valle) lungo due versanti orografici: l’Adret, “il dritto”, la zona più coltivata e meglio esposta, sulla sinistra del torrente, e l’Envers, “l’inverso”, la sponda opposta meno vitata e soleggiata, ma non per questo meno importante. Scandita da montagne a perdifiato e punteggiata in ogni dove da castelli medievali e fortezze turrite, è spezzettata in una miriade di parcelle e appezzamenti, spesso letteralmente strappati alla roccia, in un assieme spettacolare e impervio di pendenze, terrazze, ciglioni e muretti a secco. I suoli, di origine morenica, presentano una tessitura sabbioso-ghiaiosa, con uno spesso strato di limo grigio- azzurro di basso contenimento idrico. Le temperature sono scandite da forti escursioni termiche tra giorno e notte, una peculiarità della viticoltura montana che si riflette nel carattere intenso e spiccato dei vini valdostani, tra cui i bianchi, tra i più personali e avvincenti dell’enologia nazionale, prodotti con ugual merito dal talento dei piccoli vignaioli (viticulteurs encaveurs) come da alcune virtuose cantine sociali (caves cooperatives).


Partendo dalle alture alpine di Morgex per arrivare alle porte di Donnas in bassa valle, quello che segue è un viaggio tra i principali bianchi regionali, suddivisi per vitigni, siano essi espressione delle principali sottozone o menzioni geografiche (Blanc de Morgex et de La Salle, Chambave, Nus), oppure più semplici tipologie varietali previste dal disciplinare, tutti comunque ricadenti all’interno dell’onnicomprensiva Valle d’Aosta o Vallée d’Aoste Doc: la regione è bilingue, ma il francese che vi si parla è in realtà il patois valdôtain, un dialetto franco-provenzale che un parigino faticherebbe a capire.