Georgia, tra qvevri e futuro
Betty Mezzina

Il fascino della tradizionale vinificazione negli arcaici contenitori di terracotta decreta l’attuale successo commerciale dei vini della Georgia, la più antica nazione vinicola al mondo.

Il benvenuto nella città di Tbilisi è offerto dalla Kartlis Deda, la Madre Georgia, enorme statua in alluminio di epoca sovietica che dalle colline della capitale accoglie gli amici con una coppa di vino in una mano, mentre con l’altra minaccia i nemici brandendo una spada. Le sculture a forma di grappolo d’uva che incorniciano le panchine, i distributori automatici di gelato al gusto “vino” nel centro storico, i fregi con rigogliosi tralci e grappoli che adornano le chiese ortodosse e il museo nazionale – fra i più ricchi al mondo di reperti archeologici legati alla vinificazione – lasciano intuire che qui tutto ruoti intorno alla millenaria civiltà della viticoltura, rappresentandone il leitmotiv nazionale.

La stessa evangelizzazione della Georgia è avvenuta con una croce formata da tralci di vite legati dai capelli di santa Nino, la più venerata dalla popolazione. Una cultura del vino che ha forgiato fortemente l’identità nazionale e che, unita al patrimonio straordinario di varietà autoctone e a tecniche di vinificazione uniche invariate da millenni, si è rivelata seducente per i movimenti del vino naturale in tutto il mondo. Una tradizione che, al tempo stesso, pone la nazione dinanzi a scelte commercialmente strategiche, senza trascurare il delicato contesto geopolitico nel quale è inserita.

Posta al crocevia tra Europa e Asia, la Georgia è la più antica nazione vinicola del mondo, come confermano le campagne archeologiche multidisciplinari effettuate nel 2016 dal professor Patrick McGovern, una sorta di Indiana Jones del vino antico. I risultati degli scavi condotti nei siti di Shulaveris Gora e Gadachrili Gora nella zona vinicola del Kartli, pubblicati dalla National Academy of Sciences, hanno fornito prove biomolecolari del vino in grado di riportare l’orologio indietro al 6000-5800 a.C., puntando l’attenzione sulla presenza di acido tartarico e altri acidi minori. Con buona probabilità le comunità georgiane hanno coltivato per prime la Vitis vinifera, come riscontrato dai vinaccioli rinvenuti, morfologicamente diversi da quelli delle viti non addomesticate.