Pizza&birra, l’italica accoppiata che divide e infiamma gli animi dei buongustai più attenti, può trasformarsi in un rapporto intrigante, senza cadere nello scontato.
una coppia
che scotta
Riccardo Antonelli
Cari amici e colleghi Sommelier, da quasi cinque anni mi occupo di birra su questa autorevole rivista, un’oasi di malti e luppoli in mezzo a tanto ottimo vino. La birra ci inebria e ci incuriosisce al punto da elevarla, tra queste pagine, a filo conduttore di qualunque abbinamento gastronomico. Più volte abbiamo ripetuto che la birra non ha nemici nel gioco dell’accostamento alle pietanze, anzi, a tavola riesce a stupire i palati più scettici. Faraone alla leccarda, tartufo nero di Norcia, ostriche, sottaceti, gelati, e così via… In questi anni abbiamo giocato con la birra, indirizzandola verso ogni possibile proposta culinaria. Abbiamo stuzzicato la fantasia, spingendo l’immaginazione (e l’acquolina) verso lidi spesso inconsueti. La birra può effettivamente sposare all’incirca tutte le pietanze della tavola, in virtù della sua intrinseca poliedricità. Una vera birra non è mai “soltanto” una birra, anche laddove cerchiamo grande semplicità di beva: abbiamo imparato che la semplicità non è sinonimo di banalità, e che questo nettare può essere “tutto e il contrario di tutto”, in virtù degli innumerevoli stili e sottostili esistenti al mondo, considerando anche le migliaia di interpretazioni e le infinite invenzioni brassicole nate senza seguire alcuno stile di riferimento (mi piace definirle amichevolmente “birre Arlecchino”). Tutto e il contrario di tutto: una birra può essere bionda, rossa, nera, rosa, ambrata… persino verde. Può essere secca, abboccata o dolce; leggermente amara sui toni del vegetale o del tostato (o entrambi) o amarissima; piatta, acidula o acida; sviluppare 3% di alcol o 20%; carbonata per la frizzantezza con infiniti gradi di gassatura, o essere ferma; può scomodare l’umami, può celebrare il tannino, o qualunque tipologia di aroma o profumo, direttamente o indirettamente. Insomma, la birra può, e lo può fare con la stessa foga, curiosità e pathos con cui Gene Wilder, nei panni del dottor Frederick Frankenstein, annuncia una scoperta ai limiti dell’assurdo nel geniale film di Mel Brooks. Come si può pertanto supporre che una birra, una vera birra, possa essere banale, anche quando si ricerca immensa semplicità? Come si può pensare che possa esistere un abbinamento banale? In Italia, parlando di birra a tavola, l’accostamento immediato nella mente di tutti celebra la banalità, dando spazio unicamente alla Regina degli impasti lievitati. In questi anni, ho scomodato l’abbinamento tra pizza e birra solo in quattro occasioni, perché la birra merita ben altra attenzione gastronomica.