Navarra.
Un vino in cammino

Roberto Bellini

In Francia, a otto chilometri dal confine con la Spagna, c’è una piccola porzione di territorio chiamato Bassa Navarra, con capoluogo Donibane Gazi (Saint-Jean-Pied-de-Port, in francese). Il Cammino di Santiago di Compostela passa da qui, a 165 metri di altezza, sale fino al colle di Lepoeder, a 1432 metri, entra nella Comunità Forale della Navarra, in Spagna, infine scende a Roncisvalle. Ancora una cinquantina di chilometri ed ecco Pamplona, celebre per la controversa Festa dei tori di San Firmino. Seguendo le conchiglie in direzione sud-ovest, si giunge a Puente La Reina, con lo stupendo ponte romanico, e poi Estella (la basca Lizarra), punto di contatto tra la Montagna e la Ribera, tra l’agricoltura d’altura e quella di collina, dove le vigne cominciano a ornare le sommità e a colorare il paesaggio. Il cammino prosegue fino a Ayegui, per dissetarsi finalmente con il vino della Navarra alla Fuente del Vino di Irache, quella stessa fonte che dissetava i pellegrini presso l’Abbazia di Iratxe, negli anni in cui i vigneti si espansero fino a raggiungere nel 1891, poco prima della fillossera, i 50.000 ettari. La fonte è ancora lì a fare bella mostra di sé e a dispensare gratuitamente ai pellegrini acqua e vino, riempita ogni giorno con centro litri di vino rosso.

Le vigne tutt’intorno erano piantate a tempranillo, graciano, viura e garnacha. Il mercato del vino era fiorente: considerato il miglior prodotto sulla via religiosa di Compostela, il vino riuscì a raggiungere, trasportato dai pellegrini, molte zone della Francia e d’Europa e pure il Nuovo Mondo durante la colonizzazione delle Americhe. La viticoltura della Navarra crollò catastroficamente a causa dell’oidio e della fillossera, registrando una perdita del 97 per cento delle piantagioni, ridotte all’inizio del XX secolo a poco meno di 1500 ettari.