birre a giudizio
Riccardo Antonelli

Anche nelle situazioni più informali e conviviali, da una bottiglia di vino ci attendiamo che sia esente da difetti, ed è giusto così. Impariamo e abituiamoci a dedicare le stesse attenzioni anche alle birre, perché i difetti sono molti e sempre in agguato.

Per quale motivo, quando ordinate un vino, persino nella più rustica delle trattorie, se sa di “tappo” lo rimandate subito indietro, e invece in una qualunque delle migliaia di pizzerie disattente, davanti a una birra dal sapore di “metallico” non battete ciglio?

Come mai, se vi capita lo sgradito olezzo dell’aceto in un vino, ne chiedete la sostituzione, e il rivoltante odor di cavolo cotto nel boccale non vi fa storcere il naso dal disgusto? Iniziamo questo viaggio indagatore volto a conoscere e svelare le “magagne” che si possono celare in una pinta. Alterazioni particolari di gusti e aromi ricadono nel turbinoso quanto fitto mondo dei difetti.

È vasta la casistica di situazioni in cui, inconsapevoli, accettiamo di buon grado anche birre dall’evidente alterazione. La domanda centrale perciò è: evidente per chi? Se molti difetti delle birre, così come quelli riscontrati in un vino, sono di facile riconoscimento, è pur vero che non è ancora diffusa la cultura sul mondo della birra, men che meno sulla birra di qualità. Principale indiziata chiamata alla sbarra di questa inquisizione è certamente la storia del nostro Paese.