In questi giorni variopinti se ne vedono e sentono di tutti i colori. Perciò desideriamo smorzare questa negatività legata alla colorazione parlando di vino e dei suoi effetti benefici. Un argomento che talvolta ricorre per preservare il vino dai maldestri tentativi di associarlo all’abuso di alcol operati dagli ortodossi di una salvifica astemia: vogliamo precisare che uso non è abuso.
Ciò che riportiamo è apparso sui magazine europei e ha destato molto interesse, con conseguente dibattito tra i medici, perché si parla di polifenoli contro l’obesità e la Dmle, una malattia legata all’invecchiamento che colpisce la macula, cioè la porzione più centrale della retina. La ricerca di una dottoranda dell’Istituto Superiore della Vigna e del Vino di Bordeaux, Pauline Beaumont, sottolinea l’effetto benefico del vino legato a un polifenolo derivato dal resveratrolo, che è presente in vigna e nel vino, l’ε-viniférin: “È stato dimostrato che nei topi l’ε-viniférin attiva i geni che regolamentano il metabolismo dell’ossidazione degli acidi grassi; favorendo l’ossidazione di questi acidi nelle cellule, rallenta la lipogenesi e il loro accumulo nel tessuto adiposo. Sembra che attivi anche un enzima capace di degradare i lipidi”. Se dovesse proseguire la certificazione dell’efficacia, si potrebbe giungere a una lotta vincente contro l’obesità, prospettiva che stravolgerebbe moltissimi concetti dietetici e frantumerebbe una miriade di teorie. Uno studio dall’Università della Borgogna ha invece prospettato i positivi effetti dei polifenoli sulla limitazione della degenerazione maculare, che crea problemi di vista alle persone con età superiore ai cinquant’anni. Chiaramente la produzione dovrà essere di sintesi e non di degustazione.
Infine, la “vera salvezza” è stata annunciata all’inizio dell’anno: alcuni ricercatori americani sostengono che i flavoni e le proantocianidine dell’uva e del vino impedirebbero al virus Sars-Cov-2 di fissarsi nelle cellule umane, sembra quasi alla stessa stregua degli anticorpi monoclonali. Sarà così? Non abbiamo cognizioni medico-scientifiche per avvalorare questa ipotesi; alcuni tentativi di abbinare vino e Sars sono stati stroncati dagli infettivologi, per cui aspettiamo qualche riscontro in merito. Per la cronaca, il varietal studiato è una specie di vitis rotundifolia, molto utilizzata come uva da tavola. Aspettiamo a rallegrarci; gli studi hanno bisogno di tempi lunghi, anche se gli annunci spesso li presentano come se fossero già conclusi e calati nella realtà. Quindi spazziamo via la speranzosa affermazione “la salvezza è nel vino”, ma siamo lieti che alcuni suoi ingredienti abbiano determinate potenzialità, perché, a furia di degustare, chissà come andrà a finire.
Ci interessa molto di più se si debba o no salvare il vino alla ripresa delle attività che includono il suo consumo. Tutti sostengono che la vendita on-line è aumentata, e questo ci può stare, ma occorre chiedersi se l’aumento porti a un saldo positivo, una volta sottratto quanto si è perso nelle attività “in presenza”. Le indagini di mercato pre-pandemiche effettuate sulle nuove generazioni segnalavano che circa il 23% dei giovani tra 18-30 anni gradiva il vino come aperitivo (minimo una volta a settimana); aggiungendo quelli della fascia 31-39 anni, si arrivava al 41%. Un altro dato interessante indicava al 44% il consumo a cena (a pranzo solo il 25%), poi c’era il consumo in famiglia, insieme agli amici, che incideva per il 28%, e la percentuale residua era pura occasionalità di beva.
Leggendo i dati è evidente che gran parte di questo consumo “di convivialità” non si è verificato a causa del distanziamento sociale. Dobbiamo dunque anticipare ogni accenno di deriva che possa innescare il distanziamento o distaccamento tra vino e convivialità: questo potrebbe essere il vero rischio della ripresa. Chi ci garantisce che la nuova movida degli aperitivi confermerà la percentuale dedicata al vino? La parte di convivialità collegata alla cena al ristorante e con gli amici si riconfermerà a pandemia finita? Non ci sono oggi esperti in grado di stabilire cosa accadrà all’anelato: liberi tutti!, perché i problemi “materiali” sono ben manifesti, e politicamente anche risolvibili, quelli “immateriali” (risvolti di psicologia individuale) non sono visibili e la soluzione passa dalla serenità sociale.
Questi interrogativi in materia vino e pubblico, e le conseguenti incertezze, non possono essere demandati ai sommelier. Noi ci prodigheremo con ogni mezzo per alimentare la filosofia conviviale, ma sarà necessario che tutta la filiera si unisca, si confronti, dialoghi, per evitare di giungere al temuto “il vino va salvato”.