ritratti di
vecchie viti

Massimo Zanichelli

Vieilles vignes in francese, alte Reben in tedesco, viñas viejas in spagnolo o l’internazionale old vines: in qualsiasi lingua le si pronunci, le “vecchie vigne” – da sempre ritenute depositarie di una qualità superiore – stuzzicano la fantasia come tutto ciò che nel mondo del vino è storico, alimentando un fascino feticistico che sconfina nel culto. Le vecchie viti suscitano venerabili rispetti, amori territoriali, narrazioni appassionate. Impressionano per le loro dimensioni e i loro contorcimenti, tanto da ricordare i rami “non schietti, ma nodosi e ’nvolti” del tredicesimo canto dell’Inferno dantesco, o gli alberi non meno ritorti delle Cattive madri di Giovanni Segantini. Qui però la vite non è matrigna, bensì nutrice: nella riproduzione per propaggine si parla non casualmente di “piante madri”, scelte per le loro caratteristiche genetiche e capaci di trasmettere alla posterità un corredo secolare di informazioni.

Oltre che storico e agronomico, le viti di antica età fomentano spericolate analogie figurative come macchie di Rorschach: i ceppi, i fusti, i nodi, i “gomiti” o altri dettagli di queste piante richiamano i volti grotteschi e caricaturali che Leonardo amava disegnare, o le montagne di aspetto umanoide rappresentate nei quadri dei pittori lombardi della sua cerchia; le teste antropomorfe dei panieri di frutti e ortaggi di Arcimboldo, tra cui l’autunno ricolmo di grappoli d’uva e pampini; creature cinematografiche come Barbalbero del Signore degli anelli, Scrat dell’Era glaciale o il demone della Notte sul Monte Calvo, uno degli episodi di Fantasia; gli esseri raccontati da Borges nel Manuale di zoologica fantastica; profili di leoni come nei bassorilievi assiri, o buffi personaggi che sembrano usciti dal Paese delle meraviglie. Talvolta queste viti danno l’impressione di avere le braccia alzate o distese in atto di resa, sofferenza o preghiera, come nell’Abbazia nel querceto di Caspar David Friedrich.

Al netto di queste rêverie, le vecchie vigne hanno radici profonde ancorate al piano della realtà, della terra, del sottosuolo; stupiscono per la loro capacità di resistere in condizioni ambientali estreme; sono capaci come poche altre di fornire uve con vigorosi indici acidi e tannici, prerogative di longevità; rappresentano un patrimonio da custodire e raccontare.