nuovo spazio all'Associazione Antonello Maietta L’Associazione Italiana Sommelier è un organismo in perenne divenire, con una storia che la vede protagonista dal 1965. L’elevato incremento numerico degli associati, cresciuto di quasi il 50 per cento nell’arco dell’ultimo decennio, apre prospettive inedite, crea nuove sfide stimolanti, ma impone anche dei cambiamenti, per poter essere sempre all’altezza delle aspettative. Da tempo si avvertiva l’esigenza di dotare l’AIS di una sede nazionale più ampia e maggiormente rappresentativa, e la necessità di disporre di spazi adeguati si faceva via via sempre più impellente. Era il 1986 quando, da via Cesare Correnti, nella zona di Milano nota con il nome Carrobbio, l’AIS si traferì in un appartamento al secondo piano di viale Monza 9, nelle immediate adiacenze di piazzale Loreto; il palazzo, sapientemente ristrutturato, mostrava i severi tratti architettonici tipici del periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Nonostante l’ampliamento operato nel corso del tempo tramite l’acquisizione di alcuni locali attigui, dopo trentacinque anni la sede era diventata ormai troppo angusta per raggruppare sotto un unico tetto le innumerevoli attività che ci impegnano quotidianamente. Lunga e laboriosa è stata la ricerca di un luogo in grado di coniugare diverse esigenze, legate sì alla metratura dei locali e alla loro funzionalità, ma tenendo in gran conto i criteri connessi alla viabilità e alla vicinanza alle infrastrutture, per consentire un accesso agevole ai Soci. La scelta si è infine orientata verso l’acquisto di un immobile – a circa un chilometro e mezzo dalla precedente sede – in zona Lambrate, comodamente raggiungibile in metropolitana e con i mezzi di superficie per chi si muove in città, ma anche in treno, in autostrada, data la prossimità a un’uscita della tangenziale Est, e a soli cinque chilometri dall’aeroporto di Linate. L’area, che si sviluppa su una superficie complessiva di circa 1500 metri quadri, è composta da due corpi di fabbrica di natura industriale degli anni Sessanta. L’edificio principale si affaccia su via Ronchi, con ingresso al civico 9. La struttura era occupata in precedenza da una concessionaria di auto, con annessa officina di riparazione, dotata di cinque ampie vetrine e un grande cortile interno. A costruirla era stato nel 1961 Carlo Bertoni, in un’area ai tempi considerata periferica, disegnata solo dagli orti curati dai tranvieri, che abitavano numerosi nel circondario. Con venticinque lire, nel 1929 si poteva gustare un menu completo, che spaziava tra pâté de foie gras e caviale, consommé in tazza, riso e fegatini, tagliatelle fresche alla bolognese, cappelletti in brodo, uova fritte all’americana, alla turca o poché, sogliole e trote, pollo in gelatina, quaglie alla piemontese, costolette alla milanese, costate alla griglia e molto altro, per terminare con l’ananas al maraschino. Molto in voga nel primo Dopoguerra, perse il suo fascino dopo la Seconda guerra mondiale e fu interrato negli anni Cinquanta per far posto al nascente quartiere Feltre, prospiciente il parco Lambro. Del Miralago rimanevano negli anni Sessanta solo le vestigia dell’arco d’ingresso. Qui, dunque, Carlo Bertoni ebbe l’intuizione di realizzare una palazzina indipendente per ospitare la concessionaria di auto e l’officina, che poi lasciò ai figli Mariangela e Agostino. Agostino Bertoni vi ha lavorato per decenni, ingrandendo i volumi iniziali con l’aggiunta di un’area destinata agli uffici. La zona era stata di recente bonificata, dopo aver ospitato un vero e proprio lago artificiale che riempiva una grande cava, di proprietà dei fratelli Ingegnoli, noti vivaisti (furono loro a importare in Europa dal Giappone i primi cachi nel 1880). Proprio da via Ronchi 24 si accedeva al Miralago, dove i milanesi si recavano per una gita fuori porta, per trovare sollievo alla calura estiva. In questo centro di attrazione, ornato da piante, fiori e statue, era possibile effettuare escursioni in barca, in canoa, cimentarsi in partite a tennis, sorseggiare una birra o pranzare godendosi la fresca ombra degli alberi, o ancora cenare e danzare nel curatissimo ristorante. L’intervento architettonico realizzato dallo studio Bertero Project ha provveduto al recupero e alla riqualificazione dei due edifici esistenti, adattandoli senza forzature alle nuove esigenze progettuali, tenendo conto della natura dei luoghi. La trasparenza delle vetrate su strada invita a entrare visivamente e instaura un continuo dialogo tra interno ed esterno. Lo spazio di questo primo edificio è progettato per permettere lo svolgimento di diverse attività e comprende ambienti di varia tipologia funzionale. Dopo lo scenografico banco della reception e la confortevole lounge, si apre un’ampia aula, che una parete divisoria permette di modulare a piacere, dotata di grandi monitor, una luce particolare che si avvicina quanto più possibile a quella solare, e tutto il necessario per organizzare master e seminari di approfondimento, riunioni, conferenze e molto altro. Al pianterreno sono situati una saletta per riunioni, una biblioteca tematica dedicata al mondo del vino, dell’olio e di quanto è attinente alla gastronomia e alla ristorazione, in più lingue, una cantina climatizzata con esposizione di circa tremila bottiglie, un corner bar, una grande cucina professionale e un attiguo spazio verde. Ci sono inoltre ampi magazzini e locali per le strutture di servizio. Il primo piano, più riservato, è interamente destinato agli uffici. Gli spazi sono stati riorganizzati per valorizzare le competenze di dipendenti e collaboratori, assicurando una maggiore funzionalità al lavoro, distribuito su aree omogenee. Riunire in un solo luogo uffici, sale riunioni, archivi e magazzini apporta evidenti benefici in termini di praticità e di risparmio di tempo. Il giardino principale rappresenta il punto di collegamento tra i due corpi di fabbrica: spiccano un olivo centenario e due ceppi di vite, a simboleggiare il continuo impegno dell’AIS nella valorizzazione dei prodotti di queste due piante, che accompagnano da millenni la vita dell’uomo. Il secondo edificio, accessibile anche da via Plezzo, è un grande open space che può ospitare eventi di diversa natura. Il progetto ha lasciato intatto l’originario carattere industriale, conservando lo scheletro dell’architettura, la copertura con la sequenza di travi in cemento armato e il lucernario, che segna la linea centrale della volta e copre quasi interamente l’edificio. I locali adibiti alle funzioni di servizio, come i bagni e il guardaroba, sono contenuti in due volumi che si contrappongono su un corridoio di accesso: il campo visivo, in questo modo, dapprima si restringe, per poi aprirsi in una prospettiva ampia e ariosa, illuminata dalla luce naturale proveniente dalle finestre del lucernario. È un luogo polivalente e versatile, che si presta a molteplici funzioni, potendo contare anche su una cucina professionale di ultima generazione. La scelta di valorizzare, in maniera sobria, l’originaria destinazione industriale della struttura permette di lasciarla armonicamente inserita nel contesto del quartiere di Lambrate, dal tessuto un tempo popolare e operaio, oggi invece orientato verso le attività artigiane e soprattutto il design. Prende il nome dal fiume Lambro che lo attraversa, un corso d’acqua che fin dall’antichità concentrò intorno a sé una comunità basata sull’agricoltura, l’allevamento e il commercio, sfruttando la via d’acqua, preziosa risorsa per la pesca e per le comunicazioni. Furono i romani a costruire un funzionale sistema di canali navigabili che rimase in uso per secoli. Municipio indipendente fino al 1923, dunque separato dalla metropoli, a partire dagli anni Trenta si trasformò in un rione a forte vocazione industriale. Nel 1933 iniziarono le attività della storica azienda metalmeccanica Innocenti: produceva i tubi metallici ancor oggi utilizzati nelle impalcature, autovetture come la celebre Mini, e la mitica Lambretta, scooter di grandissimo successo e uno dei simboli del boom economico nella seconda metà del Novecento, dal nome intrinsecamente legato al suo luogo d’origine e al fiume Lambro. E proprio una Lambretta del 1955, finemente restaurata, fa bella mostra di sé nella sala biblioteca: un modello di raro pregio, di proprietà di Agostino Bertoni, a segnare la memoria storica dell’edificio. Sono numerose le aziende che hanno contribuito a dare lustro a questo industrioso quartiere, dando lavoro a migliaia di operari, come la Faema, produttrice di macchine per il caffè dal 1945; la Brionvega, che negli stessi anni, nel complesso industriale di via Pordenone 8, costruiva apparecchi radiofonici e i primi televisori, vincendo nel 1962 il premio Compasso d’Oro per il design; la Bracco, azienda chimico-farmaceutica nata nel 1927, che dall’imponente stabilimento di 50.000 metri quadri in via Folli 50 ha lanciato sul mercato internazionale preziosi strumenti per la diagnostica per immagini; la Bombelli, celebre per le strutture metalliche e le opere in ferro battuto, come la grandissima arcata che sovrasta la stazione Centrale, o il cancello che orna l’Altare della Patria a Roma. E ancora la Columbus, produttrice di tubi d’acciaio, associata alla fabbrica di biciclette da corsa Cinelli, e le Tre Marie, che dopo aver deliziato i clienti nella pasticceria di corso Vittorio Emanuele, dal 1960 aprì a Lambrate un laboratorio per la produzione su larga scala di prodotti lievitati. Non dimentichiamo l’ingegnere elettrotecnico pugliese Oronzio De Nora, attratto dalle applicazioni della chimica nell’industria. Quando era ancora studente al Politecnico, attraverso esperimenti sul cloro e la soda caustica arrivò a brevettare l’ipoclorito di sodio, a noi tutti noto con il più comune nome di Amuchina. La sua azienda, fondata nel 1923 quando aveva solo ventiquattro anni, è oggi è una multinazionale di successo nel campo delle tecnologie sostenibili, del risparmio energetico e nel trattamento delle acque. E, infine, la Emilio Gola & Conelli, antesignana, fin dal 1897, nella realizzazione di macchinari adatti alla costruzione di strade, come compressori, macchine per catramare e asfaltare, sgombraneve, emblema dunque della città che cresce, che si modernizza, della viabilità che la rende efficiente. Dopo la crisi industriale degli anni Settanta, e la delocalizzazione di molte attività, il panorama ha preso a modificarsi dal punto di vista architettonico, ospitando strutture residenziali. Una rigenerazione urbana che ha portato alla creazione della cosiddetta Nuova Brooklyn italiana. Dal Duemila si sono moltiplicati studi di architettura, gallerie d’arte, locali di intrattenimento, e il quartiere, sempre più pulsante, è diventato una delle mete privilegiate per il Fuori Salone, evento che ogni anno attira migliaia di designer e di appassionati da tutto il mondo in occasione della Milano Design Week, ma non solo. Mostre d’arte, spettacoli, concerti, eventi di vario genere animano le vie e lo rendono uno dei distretti più internazionali della città. Citando Renzo Piano, “Il futuro è nelle periferie”. Il previsto recupero del cosiddetto Palazzo di Cristallo, ultimo residuo della produzione automobilistica della Innocenti, in zona Rubattino, porterà alla realizzazione della Cittadella della Scala, un nuovo spazio dedicato ai laboratori del Teatro alla Scala, che garantirà un nuovo centro culturale e creativo, per dialogare con la città. La scelta del luogo non è casuale. In via Bellincione, che scorre parallela alla nostra via Ronchi, abitava da bambina un’artista che ha dato infinito lustro al mondo dell’arte e della danza, l’indimenticata Carla Fracci, figlia di un tranviere e di una operaia della Innocenti. Creatività, artigianalità e industria sono i criteri con cui sono stati scelti le finiture e gli arredi fissi e mobili, individuando soprattutto quelle aziende italiane che promuovono etica del lavoro, valorizzazione del saper fare e del made in Italy, attenzione al design. I materiali adottati esprimono un effetto materico, caldo e vivo, creando un comfort che rispecchia quello domestico, in cui sentirsi accolti, a proprio agio. Pannelli in fibre di legno, cemento a vista, ferro grezzo traducono l’intenzione di dare una nuova identità estetica ad alcuni materiali semplici e non lavorati, soprattutto se messi a confronto con quelli tradizionalmente considerati più nobili. La selezione di marmi e pietre è legata alla storia del nostro territorio: il pregiato ceppo di Gré, dal lago d’Iseo, che impreziosisce il pavimento della cantina a vista, la pietra piasentina delle Prealpi Giulie, utilizzata come cornice delle finestre e dei davanzali esterni, oppure la pietra serena, toscana, per le scale interne e la pavimentazione esterna. Nella quasi totalità di toni neutri spicca il monolite che racchiude e delimita la reception: simbolicamente rappresenta un’immersione nella natura simulata dalle venature del marmo toscano fior di bosco. Per ogni tipologia di marmo e pietra, Ligeri Marmi ha curato l’individuazione dei blocchi e dei tagli da cui ricavare i rivestimenti. Molto particolare il parquet di Listone Giordano, realizzato con una tipologia di rovere della Borgogna usata generalmente dalle tonnellerie francesi per le piccole botti destinate a cullare il vino in maturazione. Questo trait d’union simbolico con il luogo deputato alla valorizzazione del vino è sembrato incisivo e coerente. Le carte da parati per interni e per esterni, con motivi che evocano la natura, tra sagome di alberi e foglie, proiezioni di folte chiome, cespugli sfocati, visti in lontananza, sono il frutto della collaborazione tra Bertero Projects e Wall&decò, azienda leader nel settore dei rivestimenti murali su misura, che si contraddistingue per estetica, ricerca e innovazione, codici attraverso cui interpreta le aree del vivere quotidiano. La facciata del primo corpo di fabbrica rivolta verso il giardino principale, ad esempio, è stata animata con la sagoma dell’ombra proiettata dalla chioma di un albero, creando un effetto molto suggestivo. Gli arredi in parte sono stati disegnati su misura, in parte sono stati selezionati nel catalogo di alcune delle aziende più rappresentative del design italiano. Moroso e Molteni&C, dai linguaggi estetici differenti, incarnano entrambe il saper fare che coniuga capacità imprenditoriale, tecnica artigianale e innovazione. Un altro richiamo alla storia del design è offerto dalla scrivania Cavour disegnata da Carlo Mollino nel 1949, nell’ufficio presidenziale. Per l’arredo dei bagni sono state ingaggiate tre aziende che producono interamente in Italia e che danno grande importanza alla capacità manuale, al lavoro di squadra fra designer e artigiani, coinvolgendo la creatività nel processo industriale e viceversa. Le rubinetterie hanno la firma dell’azienda Fantini. Di Tubes, che si distingue per la ricerca e la sperimentazione su materiali alternativi e nuove tecnologie, consentendo di raggiungere un equilibrio tra massima efficienza energetica ed estetica, sono i radiatori del modello Step by Step, elementi funzionali e architettonici che generano un impatto estetico. Le ceramiche sanitarie provengono invece da Simas (Società Italiana Manufatti Articoli Sanitari), che produce dal 1955 basandosi su qualità, made in Italy, ricerca di un disegno contemporaneo e raffinato. Moroso è un punto di riferimento per la forte espressione creativa, la collaborazione con i più importanti designer internazionali, l’arredo di alta gamma. Il confronto creativo si è tradotto nella personalizzazione del prodotto con declinazioni tipiche di un elemento sartoriale più che industriale. Molteni&C rappresenta ancor oggi la miglior espressione del legame tra bottega e industria, che si manifesta in uno studio raffinato dei particolari avvalendosi di metodi industriali. La qualità si riflette in mobili ben disegnati, in cui si riconoscono sia la storia del design italiano sia la contemporaneità. Sono stati scelti alcuni pezzi tra le riedizioni dei prodotti disegnati da Gio Ponti, come il tavolo collocato nella sala riunioni, dalla linea raffinata ed essenziale, dotato dei caratteristici puntali in ottone, e alcuni elementi firmati da Rodolfo Dordoni e Vincent Van Duysen. Per l’illuminazione è stata scelta Artemide con la sua filosofia “The Human and Responsible Light”. Artemide non è solo sinonimo di design, competenza e innovazione, ma anche espressione di ricerca e grande qualità del manufacturing. Sono stati selezionati prodotti a risparmio energetico, con segni distintivi discreti e contemporanei, come Alphabet of Light, che segna lo spazio attraverso linee minimali. Gli uffici sono attrezzati con arredi IOC, International Office Concept, per una nuova interpretazione dello spazio di lavoro inteso come ambiente fluido, accogliente, di relazione e condivisione, che prevede scrivanie leggere, in cui è garantita massima operatività. Oltre agli arredi mobili, le grandi pareti vetrate interne servono a creare intimità e comfort acustico, ma contestualmente generano permeabilità visiva e rafforzano l’idea del lavoro in team. L’individuazione delle essenze arboree presenti nelle due aree verdi, tra cui la vite e l’olivo, è stata supportata dal socio AIS Gianluca Romiti, della Romiti Vivai di Pistoia, di lunga tradizione, risalente al 1921. Infine, la collaborazione con Electrolux Professional ha permesso di realizzare una cucina professionale di alto livello tecnologico e operativo, per poter garantire una polifunzionalità a tutto campo. Nel definire la fisionomia concettuale del nuovo spazio AIS, l’intera progettazione è andata di pari passo con una sensibilità dall’impronta sostenibile, per creare un’identità fortemente connotata ma al contempo rispettosa e responsabile. Perché oltre alla conoscenza occorre coscienza. Questa attenzione alla sostenibilità si è concretizzata nella scelta di materiali naturali, o derivati da scarti di produzione, o colorati con sostanze organiche. Inoltre, la selezione di tecnologie di ultima generazione permette un risparmio energetico complessivo, attraverso l’utilizzo di pannelli solari in copertura, pompe di calore dedicate a climatizzazione e produzione di acqua calda, rubinetti elettronici che ottimizzano il consumo idrico e riducono lo spreco. Per l’illuminazione sono state selezionate unicamente sorgenti luminose a led. Di grande effetto sono le due poltrone da esterni della M’Afrique Collection, confezionate a Dakar, in Senegal, intrecciando a mano il filato utilizzato per le reti da pesca e colorate con le tinte che richiamano il cielo, il mare e la terra. È nato, dunque, un vero e proprio hub dell’enogastronomia, uno spazio polivalente che si presta a molteplici usi. La nuova sede nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier è un contenitore all’interno del quale transiteranno idee, progetti, espressioni artistiche e culturali, occasioni di incontro, confronto e relazione con partner e professionisti d’eccezione, per dare voce a tutto ciò che merita di essere divulgato e conosciuto, all’insegna del buono e del bello. La nostra dimensione associativa ha cambiato passo nei decenni, affermandosi come il maggiore brand della sommellerie. Ecco allora un rivoluzionario punto di riferimento per i soci AIS, dove ciascuno potrà trovare spazio per progetti e iniziative. Benvenuti a casa!