Sarebbe bastato stappare la mitica Orval e cullarla con solennità nella sua coppa dedicata per raccontarne entusiasticamente l’eredità della tripla fermentazione. Ma perché accontentarsi quando giunge l’occasione di una sorprendente verticale?
goût d'Orval
Riccardo Antonelli
Questo è un viaggio che attraversa il tempo. Ho cominciato sei anni fa una collezione personale per capire l’evoluzione di un prodotto che da sempre considero un gioiello di elaborazione e di gusto. Esistono, infatti, alcune birre iconiche che possono raccontarci gli anni della paziente attesa in bottiglia. Capita di assaggiare lo stesso vino in venti annate diverse o più, così come alcune birre, anche se con minor frequenza rispetto al cugino enoico, ma la lenta, caparbia collezione ha un altro sapore. Tutto è iniziato nel 2015 durante una lezione AIS sulle birre nella mia magnifica Umbria. In degustazione, da analizzare con la classe, avevo tre birre, tra cui l’Orval. L’amore per questo “nettare” era nato durante una vacanza in Belgio alla scoperta dei birrifici trappisti. Conoscevo quindi molto bene la delizia che si celava dentro la bottiglia.
Durante la lezione ci fu però un problema tecnico inaspettato: ogni bottiglia inviata dal fornitore apparteneva a un lotto – nello specifico annata – diverso. L’Orval è una birra che riporta cinque anni in etichetta rispetto alla scadenza: la difficoltà dunque risiedeva nella disomogeneità della degustazione. La mia analisi di una birra con tre anni di vita in più rispetto a quella di alcuni corsisti impediva loro di seguirmi passo passo nella degustazione. Questo inconveniente fece scoccare una scintilla giocosa nella mente di tutti. Essendo un prodotto incredibilmente complesso e mutevole, iniziammo un percorso coinvolgente alla ricerca del profilo aromatico, o filo conduttore, che si delineava nelle birre man mano che le annate si susseguivano. Dalla follia scattante della gioventù alla pacata pienezza e saggezza dell’età avanzata, quasi metafora della vita. Quella birra, o per meglio dire “quelle birre”, resero possibile a tutti oltrepassare mentalmente i cancelli dell’Abbazia d’Orval, assaporando un luogo, un’antica ricetta e il sapore degli anni. Folgorato da questa bella e inattesa esperienza, iniziai la mia personale collezione privata. Se l’Orval riporta in etichetta una data di scadenza di cinque anni dal momento della produzione, avrei custodito con cura il successivo lustro di annate per godermi appieno e con la dovuta calma una birra unica al mondo.