editoriale
Antonello Maietta

A giudicare dalle recenti analisi sull’export del vino italiano nel 2021, sembra che il settore se la stia cavando piuttosto bene sui mercati internazionali, dimostrando uno stato di salute che non ricordavamo da tempo. Un dato che deve trasmettere ottimismo sulle prospettive dell’intero comparto agroalimentare del nostro Paese, in un periodo in cui nulla lasciava presagire una performance così entusiasmante. Le motivazioni sono varie, tutte riconducibili alla qualità e alla capacità attrattiva che l’Italia esprime in molteplici settori, dalla moda al design, passando appunto per l’enogastronomia.

Non è però il momento di abbassare la guardia, perché l’incremento di alcune voci significative nei bilanci, come i costi energetici e quelli delle materie prime, potrebbe mitigare gli effetti positivi sulle aziende, ancora alle prese con un lento recupero delle posizioni pre-pandemia. Senza dimenticare che le instabilità geopolitiche e i conflitti nelle loro drammatiche evoluzioni non generano mai prosperità.

Un eccellente banco di prova è rappresentato dal Vinitaly, la prima grande opportunità per tutti gli attori della filiera di riprendere il filo di un dialogo che si era bruscamente interrotto. Se da un lato le trattative commerciali possono trovare un pratico surrogato attraverso il web, i rapporti umani – di cui il cibo e il vino costituiscono un efficace volano – necessitano di momenti di socializzazione e condivisione, poiché questo tipo di relazioni coinvolge molto spesso la sfera dei sentimenti.

Per l’Associazione Italiana Sommelier si era già delineato un cauto ottimismo grazie alla ripartenza di tutte le attività formative e di buona parte degli eventi in presenza, anche se condizionati dal ridimensionamento dei numeri. Lo scenario che si apre ci responsabilizza maggiormente nel formare professionisti in grado di intercettare le nuove aspettative della clientela e di ampliare il bacino dei consumatori. Dal nostro osservatorio privilegiato appare evidente un repentino cambiamento delle abitudini, orientate su una diversificazione delle scelte, che potrebbe alla lunga accelerare la contrazione della domanda. È ben vero che nel mondo del vino siamo stati tra i primi a operare un’opportuna e coraggiosa distinzione tra abuso e consumo moderato, ma il saldo rimane abbondantemente positivo, perché abbiamo avvicinato generazioni di appassionati che ne ignoravano il valore culturale. Su questo aspetto possiamo dire di avere anticipato i tempi, inaugurando più di dieci anni fa la Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio, quest’anno celebrata in tutte le regioni il 7 maggio.
Ci aspetta proprio una bella sfida.
Buona lettura e buona Vitae a tutti!