Il 24 dicembre 1651 l’esploratore Jan van Riebeeck, con un equipaggio composto da ottantadue uomini e otto donne, salpò da Texel in Olanda diretto verso
il Sudafrica, dove arrivò il 6 aprile dell’anno successivo. Per conto della VOC, la Compagnia delle Indie Orientali, aveva assunto il compito di
costruire un nuovo insediamento che servisse come punto di appoggio e rifornimento per le navi mercantili facenti spola tra l’Olanda e le Indie
Orientali Olandesi, l’attuale Indonesia. Ben presto quella che avrebbe dovuto essere una semplice stazione di ristoro si trasformò in una città vera e
propria, Città del Capo. Gli eventi bellici contro l’Inghilterra, poi, resero permanente l’insediamento europeo.
Le prime notizie certe sulla viticoltura sono raccolte nel diario di van Riebeeck, che il 2 febbraio 1659 annota: “Oggi, lode al Signore, il vino è
stato fatto per la prima volta con l’uva del Capo”. Il vigneto, probabilmente realizzato con viti di chenin blanc e muscat à petits grains, pur tra le
difficoltà legate alla scarsità e all’incompetenza della manodopera, fu messo a dimora nel 1655. Bisogna attendere l’arrivo del secondo Governatore,
Simon van der Stel, nel 1679, e i primi ugonotti francesi, perché sia impressa un’accelerazione. I primi successi si registrano nella seconda metà del
Settecento con gli apprezzatissimi vini da dessert prodotti da Groot Constantia, la fattoria del Governatore van der Stel.
Nel secolo successivo sulla giovane e attiva vitivinicoltura sudafricana si abbatte il flagello della fillossera, che nel volgere di pochi anni
distrugge gran parte dei vigneti. Queste tristi premesse favoriscono la nascita delle prime cooperative, vere e proprie ancore di salvataggio per la
neonata industria del vino. Dapprima la Drostdy Ko-operatiewe Keller Beperkt a Tulbagh, poi la più nota Wijnbouwers Vereniging van Zuid-Afrika (KWV).
Al Sudafrica mancava tuttavia qualcosa di fortemente identitario. Dopo anni di ricerche e studi il professor Perold nel 1925 ottiene il primo vitigno
originario, il pinotage, incrociando pinot nero e cinsault (il cinsault in Sudafrica era chiamato hermitage, da cui la crasi pinotage). Seguono anni di
grande dinamismo per la viticoltura sudafricana: nuove fattorie, nuovi imprenditori e soprattutto molti capitali. Arrivano anche anni bui: la Seconda
guerra mondiale e l’apar theid nell’immediato dopoguerra isolano di fatto il Sudafrica. L’abolizione delle discriminazioni razziali nel 1994 apre le
porte del Consesso delle Nazioni civili e soprattutto dà il via al commercio mondiale. In pochi anni il Sudafrica, non solo quello del vino, cambia
radicalmente volto e oggi molti segnali indicano che il Paese può entrare di diritto nel gotha mondiale dei produttori di vini di qualità. Usando le
parole di Jancis Robinson, “in una ipotetica gara per il vigneto più bello del mondo, il Sudafrica sarebbe sempre in finale”.