L’antico insediamento di Luni - colonia romana fondata nel 177 a.C. alla foce del fiume Magra - ebbe per secoli rinomanza e prosperità grazie alla sua posizione ideale per il commercio: dal suo porto, ad esempio, si imbarcavano i marmi estratti dalle vicine Alpi Apuane, che andavano ad accrescere i fasti della Roma imperiale. Anche il vino era assai rinomato. Lo testimonia Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. nel suo capolavoro, la Naturalis historia: “Etruriae Luna palmam habet, Liguriae Genua” (Luni detiene il primato [dei vini] per l’Etruria, Genova per la Liguria), scriveva a proposito del vinum lunense.
La decadenza iniziò nel IV secolo d.C. a causa dei ripetuti saccheggi di cui fu oggetto e per l’avvento della malaria che ne decimò gli abitanti. In seguito, per sette secoli fu sede vescovile, ma il suo ruolo venne definitivamente ridimensionato nel Duecento con il trasferimento della curia a Sarzana; la città a poco a poco fu abbandonata. Oggi dell’antica Luni si possono ammirare il maestoso anfiteatro, che conteneva fino a settemila spettatori (e già questo dato offre la dimensione della grandezza dell’abitato), il foro, l’area capitolina, il cardo e il decumano, i resti di alcuni edifici pubblici e di abitazioni private, abbellite da mosaici e affreschi; e ancora, una chiesa edificata su una precedente costruzione romana. Nelle vicinanze si scorgono tratti della cinta muraria, mentre il museo archeologico accoglie una parte del materiale rinvenuto nel corso degli scavi: ceramiche, iscrizioni, vetri e marmi.
Con il termine Lunigiana si intende l’area identificabile con la vallata del fiume Magra e quelle dei suoi affluenti, che si conclude alla foce nell’alto Tirreno, quasi al confine tra Liguria e Toscana. Il territorio ha acquisito nel tempo i tratti più peculiari di queste due regioni, visibili nelle costruzioni rustiche e gentilizie. Caratteristici nella vallata sono i castelli della famiglia Malaspina, che qui dominò per tutto il Medioevo, alternati a una serie di affascinanti borghi cinti da mura, come Ortonovo, Castelnuovo Magra, Sarzana e Fosdinovo, solo per citarne alcuni.
Eppure, a dispetto di un tale blasone, le vicissitudini del territorio sono state tali da far cadere nell’oblio quasi tutta la produzione vitivinicola che nei secoli aveva trovato una felice dimora, soffocata dai crescenti fasti dei vini delle Cinque Terre, da un lato, e da quelli della Toscana centrale, dall’altro. Ad accrescere le difficoltà, con il progressivo abbandono delle campagne e l’emigrazione oltreoceano, ci furono le due guerre mondiali del secolo scorso. Nel secondo dopoguerra si registrò una timida ripresa delle coltivazioni agricole, ma l’interesse più recente nei confronti dei vini dei Colli di Luni si data al 1967, quando un giovane cronista del quotidiano “Il Giorno”, Luigi Veronelli, non ancora così famoso come giornalista enogastronomico, al seguito del Giro d’Italia scoprì a Castelnuovo Magra i vini del generale Giorgio Tognoni, un eroe della Grande Guerra. A catturare la sua attenzione, in particolare, fu il Barbera, che il Generale declinava al maschile. Qualche anno più tardi ci pensò Mario Soldati a rinfrescare la memoria collettiva con la sua pregevole opera Vino al vino, e da quel momento si tornò a parlare in modo concreto della Lunigiana come di un’area vocata alla produzione di vini di qualità.