il più alto (de) grado di nobiltà
Betty Mezzina

Muffa nobile, noble rot, pourriture noble, Edelfäule, aszúsodás: stesso nome per esprimere, in lingue diverse, la manifestazione benigna della botrytis, quella cinerea, fenomeno considerato inequivocabilmente come uno dei più magici e misteriosi del vino. Compagni ideali di grandi occasioni o importanti pranzi festivi, i vini muffati - nettari dolci tra i più opulenti, costosi e desiderati al mondo - nascono dalla fortunata combinazione tra uve specifiche, singolari influenze climatico-ambientali e l’indispensabile saggia mano dell’uomo in grado di ricavare da singoli acini produzioni tanto preziose quanto rare. E proprio questo delicato equilibrio tra fattori esporrà sempre più questa tipologia di vino alla sfida dei cambiamenti climatici.


All’origine dalle Sélection de grains nobles in Alsazia, degli stili più dolci di Germania e Austria quali Beerenauslese (BA) e Trockenbeerenauslese (TBA), dei Sauternes di Bordeaux, dei Tokaj ungheresi, ma anche dei muffati italiani e del nuovo mondo enologico, la botrytis cinerea, un micete della famiglia delle Sclerotiniaceae, deve il suo nome al greco βότρυς (grappolo) e al latino cinereus, il colore appunto “cinereo”, grigio che riveste la buccia degli acini quando ne è infetta. Il primo a utilizzare questo nome nel 1729 è stato il botanico Pier Antonio Micheli nella sua monografia Nova Plantarum Genera dopo avere osservato al microscopio la notevole somiglianza tra la morfologia di questi funghi patogeni e l’infiorescenza della vite. Si tratta di una presenza permanente ma anche di una minaccia continua nella maggior parte dei vigneti durante tutto l’anno, capace, nelle costellazioni opportune, di trasformarsi da molesto visitatore vestito di muffa grigia, a invitato di riguardo in mantello nobilmente cinereo.