Storico controcorrente Massimo Zanichelli In quell’arcipelago del vino italiano chiamato Oltrepò Pavese (13.500 ettari lungo 42 comuni: una regione prima che una denominazione) si nasconde un’isola di terra di 22 ettari lungo la dorsale dello sperone di Stradella. È l’enclave del Buttafuoco Storico che si fregia nella Doc Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese o Buttafuoco (circa 2.000 ettari), circoscrivendone però l’area: epicentro produttivo tra Canneto Pavese, Castana e Montescano, e parziale coinvolgimento dei comuni di Broni, Stradella, Cigognola e Pietra de’ Giorgi (questi ultimi due non hanno però al momento vigne iscritte allo Storico) nella parte compresa tra i due torrenti – Scuropasso a ovest, Versa a est – che delimitano il territorio. Ah, l’Oltrepò Pavese! Territorio collinare imponente e magnifico, scandito da borghi storici e castelli; mosaico stratificato di rilievi, pedologie, microclimi, vitigni, tipologie; luogo straordinariamente vocato quanto perennemente assediato da controversie e contraddizioni, coni d’ombra nell’immaginario collettivo e sopraccigli alzati in quello della critica ufficiale. Qualcosa, insomma, d’irriducibile e viscerale. Come il Buttafuoco Storico, un rosso che rifiuta compromessi e accondiscendenze: fermo, potente, longevo in terra di rossi frizzanti, leggeri, spesso di pronta beva. Vino possente e gagliardo, orgoglioso del suo profilo vagamente démodé. L’origine del nome pare si debba all’etimo dialettale “ ”, “brucia come il fuoco”, in relazione al suo carattere ardente e impetuoso. Quella storica affonda invece nella leggenda di un veliero della seconda metà dell’Ottocento che una compagnia della Marina Imperiale di stanza in Oltrepò e in guerra contro l’esercito del Regno di Sardegna avrebbe dovuto traghettare sul fiume Po per combattere il nemico. Ma i marinai austro-ungarici, insoddisfatti della situazione, si disinteressarono delle operazioni militari, nascondendosi nelle cantine locali e facendo più stragi di botti di vino che di truppe nemiche. Riscaldati e resi più mansueti dall’alcol, furono propensi a stringere accordi di pace con i franco-piemontesi anziché promuovere operazioni di guerra. L’immagine di questo veliero campeggia oggi a sbalzo come un vessillo sul vetro delle bottiglie del Buttafuoco Storico. Il logo è chiuso in un ovale, che rievoca il ciüf, la botte tipica locale, da cui dipartono due nastri rossi che rappresentano lo Scuropasso e il Versa. È il segno, produttivo e distintivo, dei vini del Club del Buttafuoco Storico, nato il 5 marzo del 1996 (la sede è nella Piazzetta del Buttafuoco Storico a Canneto Pavese in frazione Vigalone, dove è prevista per la primavera del 2023 l’inaugurazione di una nuova, modernissima struttura) come libera associazione di un gruppo di produttori locali che si sono dotati di un severo regolamento interno. Il Buttafuoco Storico proviene esclusivamente dalla raccolta (c’è una commissione che decide la data della vendemmia) e dalla vinificazione congiunta di almeno tre delle quattro uve locali che compongono l’ossatura ampelografica del vino (croatina e barbera dal 25% al 65%; uva rara, ughetta di Canneto o vespolina fino a un massimo del 45%); da vigne storiche gestite con pratiche colturali sostenibili (inerbimento, concimazioni organiche, basse produzioni); dalla permanenza del vino in botti di rovere per almeno un anno, dal successivo affinamento in bottiglia per almeno sei mesi e dalla commercializzazione non prima che siano trascorsi tre anni dalla vendemmia. L’encépagement conferisce equilibrio e complessità: la croatina si fa garante d’intensità cromatica, fruttata e tannica; la barbera dona acidità e freschezza; l’ughetta e l’uva rara cedono note speziate, eleganza, austerità. Privilegiando nella raccolta la croatina, che è il vitigno più tardivo, la barbera e l’uva rara risultano in stato di surmaturazione e l’ughetta quasi di appassimento. Le vigne del Buttafuoco Storico sono 20 (di cui si presenta qui una selezione delle principali), suddivise in 18 soci (tutti vignaioli, vinificatori e imbottigliatori in proprio) e distribuite in tre fasce territoriali che, dal punto di vista pedologico, specificano i tratti dominanti delle marne che caratterizzano questo piccolo, imponente, spettacolare distretto del vino d’Oltrepò: Ghiaie, Arenarie e Argille. al buta me al feüg GHIAIE È il territorio più a nord del Buttafuoco Storico: parte dalla prima fascia collinare sopra l’abitato di Broni per addentrarsi nel cuore di Canneto Pavese. I suoli sono caratterizzati da un fondo di ghiaie inglobate a sabbie e la sottozona è scandita da una serie di vigne ripide dalle pendenze aspre, spesso mozzafiato: filari a rittochino che assumono linee fortemente diagonali. Le uve selezionate per il Buttafuoco Storico sono in genere localizzate a monte della collina, dove raggiungono elevati gradi di maturazione. I vini presentano sentori di frutta rossa selvatica e una spiccata sapidità. Badalucca Iscritta nel 2019, è una delle poche vigne del Buttafuoco Storico che ricade nel comune di Broni. Benché l’altitudine sia moderata (180-280 metri), la parte anteriore, esposta a nord, svetta letteralmente sopra l’abitato del paese. L’estensione complessiva raggiunge i tre ettari e mezzo in più appezzamenti, ma la parte dedicata allo Storico, esposto a sud-ovest e invisibile dal fondovalle, si ferma a 2.000 metri quadri. Guarda la Valle di Recoaro e fronteggia da una parte la vigna Montebuono e dall’altra la vigna Barbacarlo della famiglia Maga e, come quest’ultimo cru, presenta una pendenza estrema. Per arrivarci si percorre la via crucis del Monte San Contardo, rappresentata da una serie di capitelli votivi. Roberto Alessi ha comprato la Vigna Badalucca nel 2009: c’è ancora una piccola parte degli impianti degli anni Settanta e Ottanta più altri recenti dovuti a fallanze. Uvaggio: croatina al 50%, barbera al 25%, uva rara e ughetta al 25%. La cantina di Roberto, chiamata , è stata fondata a metà del XVI secolo e ha conosciuto un periodo d’inattività durato più di mezzo secolo, dal 1930 al 1998. Si trova a Volpara, territorio celebre per il suo moscato, che Roberto produce in tre versioni: tradizionale, ovvero dolce frizzante, passito e bianco secco. Per il suo Storico, attualmente in botte, bisognerà invece aspettare qualche mese, ma l’assaggio in anteprima lascia presagire interessanti sviluppi. Il Poggio Carì È al momento la seconda vigna del Buttafuoco Storico che ricade nel comune di Broni ed è un’acquisizione recente, dovuta all’ingresso della cantina nel Club. Vignaiolo di lungo corso (prese in mano le redini dell’azienda di Canneto Pavese nel 1985 a causa della scomparsa del padre Bruno), Paolo Verdi, la cui famiglia ha con la frazione Vergomberra un rapporto secolare che risale indietro nel tempo di ben otto generazioni (il primo a insediarsi fu Antonio Verdi nel XVIII secolo), ha preso in affitto nella zona di Casa Zoppini l’ettaro dei Carì (diminutivo di Beccarie) di proprietà di Chiara Bassani, che nel 2015 l’aveva impiantato dedicandolo al padre Giuseppe Franco Bassani (1929-2008), fisico, professore emerito e rettore della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dell’ettaro di cui si compone il cru (una vigna ritta come un muro, con pendenze quasi spietate e un terreno così sciolto da risultare scivoloso), circa la metà (4.375 metri quadri) è dedicata allo Storico, la cui prima annata è il 2022: croatina al 45%, barbera al 25%, vespolina e uva rara con il 15% ciascuna. L’assaggio dalla botte di questo millesimo (il vino fa follature manuali in tini e vecchi tonneau, dove poi matura) è promettente, perfino sorprendentemente formato in rapporto alla verde età: presenta quel sentore di mora matura, di frutto selvatico e quella sapidità che sono i tratti tipici, anzi le prerogative, del Buttafuoco delle Ghiaie e più in generale dello Storico nelle sue migliori versioni. Bruno Verdi Solenga Di proprietà della famiglia dal 1814 e reimpiantata l’ultima volta, e per intero, nel 2007, il Solenga, l’unica vigna attuale dello Storico che ricade nel comune di Stradella, è composta da due specchi di particolare pendenza che partono dai 250 metri di quota della parte alta (la parcella più piccola di forma triangolare) per arrivare ai 50 metri di quella più bassa, dove si estende l’apprezzamento più ampio. È un sud pieno, dunque un vigneto molto caldo, da cui il nome, che rispecchia quello della valle (Solinga), benché la zona sia rinfrescata da una corrente d’aria che scende soprattutto la sera. L’estensione del cru è di un ettaro e mezzo, quasi interamente dedicato allo Storico (10.973 metri quadri), e la prima annata di produzione – 1996 – coincide con la nascita del Club, di cui Giulio Fiamberti è stato presidente e il padre Ambrogio uno dei primi soci fondatori. L’uvaggio è: croatina 50%, barbera 35%, uva rara 10%, ughetta 5%. Il vino ha colore porpora scuro, un naso selvatico dal respiro fruttato (mora, ciliegia, visciola) e minerale, un palato carnoso, succoso, dal tannino affilato e profondo, e da uno sviluppo di crescendo sapido. Fiamberti Casa del Corno È la vigna più antica della famiglia , che da tempo si lega alla storia (le origini dell’azienda, oggi guidata da Fabiano Giorgi, risalgono al 1875) e all’imprenditoria (tre cantine in altrettante frazioni – Casa Chizzoli, Camponoce, Vigalone – e 60 ettari di proprietà) del territorio. Con la Casa del Corno ci si addentra nel cuore delle Ghiaie di Canneto Pavese, comune che deve il nome ai canneti diffusi un po’ dovunque e che è contraddistinto da più di una dozzina di frazioni simili a contrade: si ricordano, tra le altre, Beria, Colombarone, Montebruciato, Monteveneroso, Casa Bazzini, Fornace, Serra, Vergomberra, Vigalone e Montù de’ Gabbi, l’antico nome del comune (quello attuale risale al 1885). La porzione della vigna Casa del Corno destinata allo Storico si estende per 5.331 metri quadri con esposizione sud-est a 200 metri di quota. Il vigneto è di particolare pendenza, l’uvaggio prevede una maggioranza di croatina e barbera (ambedue al 45%), più un saldo di uva rara e ughetta (5% a testa). Il diradamento dei grappoli, la raccolta tardiva delle uve e la maturazione in legno (barrique e botte grande) mirano alla concentrazione e il vino ne è il diretto risultato: colore porpora fitto, sentori di marca fruttata con forti rilievi speziati, palato di volume e saldezza, ben piantato a terra, dal sapore di prugna matura, quasi disidratata, con un tannino vigoroso e un finale potente dal registro boisé. Giorgi Riva Bianca Poco oltre la Solenga, sulla stessa costa vitata, procedendo verso est, si trovano i 13.000 metri quadri del Riva Bianca. Tecnicamente, questa vigna non è iscritta al Buttafuoco Storico, o, per meglio dire, lo era, e sono in molti ad aspettare il suo ritorno, ma territorialmente vi appartiene, ed è difficile prescinderne, sia per la sua conformazione (filari a rittochino esposti a sud-ovest che scendono in picchiata con una pendenza del 45%), pedologia (terreni sabbioso-ciottolosi con pochissima argilla) e ampelografia (croatina 65%, barbera 25%, ughetta 10% vendemmiate e vinificate congiuntamente), sia per i risultati conseguiti dal vino che vi viene prodotto dal 1990: il Buttafuoco Bricco Riva Bianca di , vignaiolo in contrada Camponoce a Canneto Pavese, comune dentro cui ricade il cru. È interessante notare come una delle vigne di proprietà di Andrea, situata nei pressi della Riva Bianca ma ricadente nel comune di Stradella, venga denominata “Buttafuoco” nell’atto di vendita, a determinare come questo nome debba la propria origine non tanto alla focosità del vino (né tantomeno alla leggenda del veliero), quanto a un legame con la terra: un toponimo, dunque, che – come quello della Solenga (vigna) e della sua valle (Solinga) o, poco distante, dello stesso Montebruciato – ha stretta attinenza con il calore del sole, quasi fosse una specie d’“Inferno” d’Oltrepò. Derivante da viti tra i trenta e i quarant’anni d’età, da una fermentazione spontanea, da una lunga macerazione e da una maturazione per due anni in botte grande, questo vino sfoggia una cornucopia di frutti rossi e neri (mora, cassis, ciliegia), fremiti selvatici, un tatto succoso, un tannino vellutato e capillare, una corrente di freschezza che nel tempo diviene balsamica. Andrea Picchioni Sacca del Prete Erede di una famiglia dalla storia vitivinicola ormai bicentenaria, Giulio possiede, oltre al Solenga, anche un altro cru iscritto al Buttafuoco Storico: è il Sacca del Prete di Canneto Pavese, situato in un’ampia conca (volgarmente “sacca”, da cui il nome) non lontano dalla sede della cantina. A differenza dell’altro, questo vigneto, più argilloso, genera vini più pieni e maturi dal punto di vista del frutto e meno acidi. La parte dedicata allo Storico occupa poco più di un ettaro dei cinque totali di cui è composta la vigna, che comprende anche la parte chiamata Bricco della Sacca destinata al Bonarda Frizzante. Le uve che confluiscono nello Storico (croatina 50%, barbera 35%, uva rara 10%, ughetta 5%) arrivano dalla parte alta di due specchi vitati: da quella più concava alla più convessa, nonostante una distanza minima di 200 metri, si riscontra nella croatina un grado alcolico di differenza. Posto tra i 280 e i 180 metri di quota, ha impianti, esposti in pieno sud, messi a dimora tra il 1996 (gli ultimi del nonno Giuseppe) e il 1998. Il Sacca del Prete fa fermentazione spontanea, una macerazione di circa 50 giorni, tre anni in legno piccolo (barrique e tonneau) e almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia. Ha colore porpora fitto e scuro, intensità olfattiva di frutta rossa, sentori speziati e note balsamiche, un palato di pienezza e velluto, dal sapore di mora e ciliegia selvatica, dal tannino compatto e vigoroso, dalla persistenza crescente e tenace, con allungo sapido e profondo. Fiamberti Buttafuoco Storico Pianlong Spesso il nonno e lo zio gli raccontavano come il Buttafuoco di Canneto Pavese avesse un sapore diverso da quello degli altri. Così Fabio Marazzi, già affermato spumantista con Cantina di Rocca de’ Giorgi, riesce nel 2016 ad acquistare un ettaro di vigna posta, insieme alla Sacca del Prete (occupano due versanti differenti ma sono quasi limitrofe), nella parte più a sud della zona delle Ghiaie. L’appezzamento, composto da sette diversi mappali, ha impianti del 1969 (parte sinistra, i cui filari, messi a dimora in modo irregolare, non permettono l’ingresso di mezzi agricoli) e del 1972 (parte destra, disposta in modo più razionale), poi rinnovati nei primi anni Ottanta con pali di cemento e filo zincato. Sono 4.000 i metri quadrati del Pianlong (pronunciato con la “o” lunga tipica del dialetto di Canneto) dedicati allo Storico (l’ingresso nel Club è datato 2017, che segna anche la seconda vendemmia della figlia Flavia, la quarta generazione della famiglia), con filari a girapoggio posizionati a solatio a 200 metri di quota. L’uvaggio prevede il 50% di croatina, il 25% di barbera, il 13% di ughetta e il 12% di uva rara con fermentazione spontanea, macerazione prolungata per una cinquantina di giorni e 14 mesi di botte grande da 50 ettolitri. È un vino di profondità e potenza, dal colore porpora fitto, quasi impenetrabile, al naso ferroso-selvaticospeziato, al palato carnoso e materico, ricco e voluminoso, tannico-alcolico, di ascendenza lignea, con finale di camino e grafite. Scuropasso ARENARIE È la fascia centrale del Buttafuoco Storico, che dall’area di Canneto Pavese transita verso Castana. Esposte prevalentemente a sud-est lungo ripidi versanti, le vigne poggiano su suoli caratterizzati da un fondo di arenarie compatte, in alcuni punti affioranti, che nei primi anni limitano la crescita delle piante, preservandole però nel tempo dalla siccità. I vini di questa zona sono spesso austeri sul piano tannico, complessi e non di rado minerali su quello del gusto. Bricco in Versira A vederlo di prospetto, fa quasi impressione. Quasi 6.000 metri quadri di rittochini esposti a ovest a 250 metri di quota tanto ripidi da sembrare verticali. L’impianto, situato nel comune di Canneto Pavese, è del 1994, mentre la sua iscrizione al Buttafuoco Storico risale al 2014, sei anni dopo la nascita della cantina del milanese , che da bambino trascorreva la domenica sulla collina di Monteveneroso e che da adulto, dopo aver iniziato a produrre per diletto un vino da un arcaico fazzoletto di Buttafuoco di 600 metri quadri, si trasferisce qui, coronando un sogno d’infanzia. Oggi la “Piccola Cantina dei Vini Fermi” conta su 5 ettari vitati condotti a basso impatto ambientale. Il Buttafuoco Storico Vigna Bricco in Versira (croatina 50%, barbera 35%, uva rara 10%, ughetta 5%), prodotto con una lunga macerazione e una maturazione di almeno un anno in barrique, si presenta con un colore porpora fitto, una messe di frutta scura (prugna, mora) in un olfatto calibrato e calligrafico, elementi balsamici trattenuti ma pronti a sbocciare a contatto con l’ossigeno. Il palato ha un sorso strutturato che abbraccia la pienezza, la densità e un tannino copioso, fitto, compatto. L’alcol è vigoroso senza uscire dalle righe, il finale cede sensazioni di grafite. Massimo Piovani Pregana La vigna si erge nel cuore della zona del Buttafuoco Storico, assisa su una collina che funge da sentinella sul paesaggio circostante: impossibile non vedere l’olmo sul suo cocuzzolo, chiamato l’“albero dei sospiri” perché era il luogo degli innamorati. Un tempo si raccontava che ogni anno i suoi rami rifiorissero solo nel giorno in cui doveva commemorare l’addio alla vita di due innamorati osteggiati dalle loro famiglie, oggi segna il punto di passaggio tra il comune di Canneto Pavese, cui appartiene, e quelli di Castana e Montescano. Proveniente da poco più di un ettaro di vigna a rittochino piantato nel 1986 a 260 metri di altitudine in posizione assolata (sud-ovest), il della cantina , oggi gestita dai figli Umberto e Maria Teresa (i 60 ettari vitati, a conduzione biologica dal 2002, ne fanno una delle realtà familiari più importanti e lungimiranti dell’intero Oltrepò), interpreta l’uvaggio (croatina 55%, barbera 30%, ughetta 15%) con un passaggio di un anno in botte grande. Il risultato è un vino caldo nel colore, nel frutto e nel tatto. Profuma di ciliegie e amarene, ha un sorso di volume, solidità, stoffa tannica, con sviluppo cremoso e un allungo di erbe, spezie, frutta rossa. Buttafuoco Storico Vigna Pregana Francesco Quaquarini Montarzolo È l’alter ego del Pregana sul fronte del comune di Castana. I due bricchi si fronteggiano, svettando come sentinelle nel paesaggio circostante. Sulla cima del Montarzolo, specie all’ora del tramonto, lo sguardo che spazia dalla pianura padana all’abitato di Castana, dal castello di Cigognola alla Valle Versa si nutre dell’aria rarefatta della collina e si ammanta di poesia. Anticamente, era una cava di pietra usata per la costruzione della Basilica di San Michele Maggiore a Pavia, uno dei capolavori del romanico italiano. Il vigneto, piantato nel 1991 a circa 240 metri di altitudine, si estende per quattro ettari in forte pendenza con esposizione sud-ovest, di cui 6.000 metri quadri sono dedicati al prodotto da Valter con il figlio Davide, profondo conoscitore del territorio e attuale presidente del Club. La cantina in frazione Palazzina a Castana è stata fondata nel 1950, ma i Calvi hanno una tradizione vitivinicola lunga quattro secoli. La vigna Montarzolo è l’orgoglio della famiglia: Davide racconta che il padre la comprò negli anni Novanta dopo anni di sacrificio, pagandola sulla fiducia all’immobiliarista che aveva rilevato il fallimento dei Baroli Cardoli (gli ultimi proprietari del fondo che in precedenza era appartenuto ai Pallavicino Trivulzio e ancora prima ai Beccaria) e facendo il rogito solo due anni dopo, non dormendoci la notte. Il vino (croatina 50%, barbera 25%, ughetta 13%, uva rara 12%) ha colore porpora fitto, fragranze di fiori rossi e menta, sentori selvatici (visciola), rimandi all’amarena e alla prugna, un sorso di densità e portamento, un tannino ferroso, capillare, profondo, un finale a trazione sapida. Invecchia benissimo, come dimostra un recente assaggio del 1999. Buttafuoco Storico Vigna Pregana Calvi Costera Impiantata nel 1998 e iscritta al Club dello Storico nel 2001, la vigna Costera di Montescano si sviluppa a rittochino con andamento a schiena d’asino lungo il bricco di una collina: ha doppia esposizione (sud-est e sud-ovest) e una superficie di quasi mezzo ettaro. Appartiene alla cantina , nata a Montescano negli anni Quaranta del secolo scorso con soli 3 ettari, trasferita una trentina d’anni dopo a Canneto Pavese (oggi gli ettari sono saliti a 25) e attualmente guidata da Marco Maggi. La famiglia possiede anche i due ettari della vigna Rogolino di Canneto Pavese, che saranno all’origine di un nuovo Buttafuoco Storico. Formato per il 55% dalla croatina, per il 30% dalla barbera e per il 15% dall’uva rara, e maturato per 16 mesi in barrique e tonneau, il ha colore profondo e fitto, sentori di fumi, prugna, mora e sottobosco, un palato denso e fruttato, molto polposo, talvolta morbido, con un tannino foderante e capillare. Francesco Maggi Buttafuoco Storico Vigna Costera Pitturina Nel nome c’è la sua identità: il succo della sua uva, dicevano i contadini, aveva un colore talmente intenso che lo si sarebbe potuto usare per dipingere. Me lo racconta Cristina, la figlia di Ermanno Rebasti, la cui famiglia vanta una tradizione produttiva che risale alla fine del Settecento, quando Pietro Rebasti acquista la prima pertica di terra, mentre negli anni Trenta del secolo scorso l’omonimo discendente avrebbe riunito il nome della famiglia con quella della collina, fondando l’azienda . Ugo Rebasti, nonno di Cristina, è stato il primo a imbottigliare il vino di famiglia, mentre Ermanno ha impresso una svolta qualitativa alla produzione. I Rebasti sono sempre stati abili potatori: nel corso dell’Ottocento in molti si sono recati qui per imparare l’arte del taglio della vite. Esposti a sud a 220 metri di quota, i quasi 8.000 metri quadri (ma accanto stanno crescendo i nuovi impianti) della Vigna Pitturina, che appartiene nel comune di Montescano, occupano la parte alta della collina, spingendosi giù lungo i suoi crinali che guardano la Valle Versa e, sullo sfondo, il Monte Penice con rittochini in forte pendenza. Ogni filare è un encépagement. Prodotto con il 50% di croatina, il 30% di barbera, il 10% di uva rara e ughetta, maturato in legno per due anni e affinato in bottiglia per un anno, il ha colore porpora tendente all’inchiostro, un naso intenso e profondo di mora, amarena, grafite, una bocca carnosa e avvolgente, dal vigore alcolico compenetrato, dal tannino fitto e compatto, da un finale che, nelle migliori annate (il 2013 è oggi quasi ineffabile) tende alla fusione delle parti. Poggio Rebasti Buttafuoco Storico Vigna Pitturina Poggio Ca’ Cagnoni Piantato a rittochino su un versante collinare con esposizione sud-est, è uno specchio vitato che si sviluppa per 2.000 metri quadri sotto la torre dell’acquedotto di Castana. Iscritto al Club dello Storico nel 2014, è appartenuto all’azienda Diana fino a quest’anno, quando è stata rilevata da della famiglia Barbieri, che ha da poco iscritto al Club dello Storico anche il Poggio della Guerra, adiacente al Ca’ Cagnoni. In attesa degli sviluppi futuri di questo cru, che sarà curato dal giovane Fabio Barbieri, si possono assaggiare le annate prodotte dalla famiglia Diana – maturate nella barricaia ricavata in una cantina del Seicento –, godendone la spiccata vena fruttata (ribes, mora, visciola) insieme alle tensioni erbaceo-floreali, i sentori artigianali uniti il tatto cremoso e suadente, la verve balsamica e l’inebriante soffio alcolico a contrasto con gli spigoli acido-tannici. Quartidue ARGILLE È la fascia più a sud del territorio del Buttafuoco Storico, caratterizzata da un fondo di argille stratificate. Le vigne, meno ripide, si estendono nell’area di Castana, comune noto fin dal I secolo. I castagni ne hanno forgiato il nome, la vite ne ha sancito la vocazione. Il riassunto è tutto nella descrizione dello stemma: «Tagliato: il primo di azzurro, al riccio di castagno, aperto, fruttato di uno, unito al ramoscello in fascia, il tutto al naturale e fogliato all’insù di tre, di verde; il secondo, d’oro, al grappolo d’uva di porpora, pampinoso di tre, di verde». Più fresca la terra per la maggiore disponibilità idrica, più robusti e maturi i vini. Frach Si pronuncia, stranamente, “Fracc” (probabile errore di trascrizione del fonema), il nome si riferisce alla franosità del terreno per l’abbondanza d’acqua (diffusa la presenza dei canneti) ed è un piccolo eden naturalistico. Delle 13 pertiche complessive (poco meno di un ettaro) disposte a schiena d’asino, 3 (circa 2.000 metri quadri) sono dedicate allo Storico in una piccola conca esposta a sud-ovest e sorvegliata da un noce. Sui pali di testata sono scritti i nomi della varietà presenti nei singoli filari. Le piante hanno una quindicina d’anni e i rittochini in pendenza poggiano su un terreno argilloso con faglie bianche e arenarie. Luogo circondato dai boschi, è frequentato da lepri, scoiattoli, istrici e tassi. Ci sono profumi nell’aria e un senso di silenzio assoluto. Dal 2022 il vigneto, di proprietà di Carla Colombo, che aveva già iscritto il suo vino al Club nel 2012, è stato preso in affitto da Michele Cignoli. La sua cantina, situata a Molino di Pietra de’ Giorgi e chiamata , è dedicata al padre, che produceva vino in damigiana e lo vendeva alla Cantina Cerea di Bergamo. Il della famiglia Cignoli (croatina 50%, barbera 25%, ughetta 15%, uva rara 10%,) uscirà tra qualche anno. Nel frattempo si può assaggiare quello di Carla Colombo, di rustica artigianalità. Doro Cignoli Buttafuoco Storico Vigna di Frach Catelotta Collocata nel cuore delle Argille di Castana, ha conformazione rettangolare e aspra pendenza. I 4.374 metri quadri impiantati nel 1980 e situati a 250 metri di altitudine guardano a sud-est in direzione della Valle Versa. È conosciuta almeno dal XVIII secolo ed è di proprietà della , giunta alla terza generazione di famiglia con Cristian e Graziano Calvi, nipoti del fondatore Guido. Il – croatina 60 %, barbera 25%, uva rara 10%, vespolina 5% – ha colore porpora fitto, un naso che sulle prime sgomita sulle narici con sentori pungenti, poi, con il tempo, rilascia un cespo di fiori rossi (peonie, gerani), sensazioni mobili di frutti selvatici, note laccate, grafite, spezie. In bocca c’è pienezza, vigoria, potenza, con un tannino compatto e serrato, acidità infiltrante, sapidità sottocutanea che spinge. Tenuta La Costa Buttafuoco Storico Vigna Catelotta Esiste, infine, anche la bottiglia consortile del Buttafuoco Storico. Interamente nera, viene prodotta dal millesimo 2011 dai Vignaioli del Buttafuoco Storico come espressione collettiva e sintesi territoriale. Riporta sull’etichetta l’annata e il nome dell’enologo, diverso ogni anno, che seleziona le partite di vino provenienti dalle vigne storiche e procede all’assemblaggio. Il del 2018, firmato da Jean-François Coquard e di prossima uscita, ha un colore porpora fitto, la profondità della mora di rovo, la freschezza e il carattere del sottobosco, tanta polpa - il frutto è cremoso e croccante -, uno sviluppo definito e focalizzato, un allungo di tensione sapida. La potenza il controllo. Il 2017, firmato da Michele Zanardo, ha calore fruttato, sfumature di viole, note speziate, ciliegia sotto spirito, un tatto denso e flessuoso, un incedere di muscolo e armonia, è scandito da un tannino che ferisce e insaporisce, gestisce l’irruenza con equilibrio, ha un carattere focoso e indomito, un finale di grafite e tensione sapida. Il 2016, firmato da Marco Calatroni, sfoggia sentori di prugna e marasca, è balsamico, terroso, profondo, gode di un tannino fitto e capillare, di una persistenza di sapore. Il 2012, firmato da Aldo Venco, impone note di menta, china, eucalipto, canfora, genziana, grafite, cioccolato, ha forza dirompente e succo balsamico al palato, tannini copiosi e compatti, profondità di prugna, allungo molto saporito. Una breve, significativa verticale che riassume le caratteristiche e le prerogative di un vino che occupa una nicchia produttiva di 90.000 bottiglie annue. Buttafuoco Storico I Vignaioli con Il Buttafuoco Storico mira all’assoluto: della materia, del volume, della potenza, del tannino, della sapidità. È un vino che sviluppa facilmente il 15%-15.5% di alcol svolto, è un vino che spesso ruggisce, ma che è capace di sfumature, è un vino che non ha paura del tempo (molte di queste bottiglie le ho riassaggiate a distanza di giorni, perfino di settimane), è un vino controcorrente, è un vino da conoscere e tutelare. Accanto al Sagrantino di Montefalco e al Montepulciano d’Abruzzo, il rosso tutto d’un pezzo ha oggi un altro protagonista.