abbinamenti choc
Riccardo Antonelli

Spesso nella vita siamo portati alla generalizzazione. È un comportamento umano volto a semplificare concetti in nome della fretta o del disinteresse. È così che, purtroppo, nascono tante discrepanze, anche sociali, e che si alimenta il qualunquismo del pensiero. Chiunque di noi, nel nostro piccolo, è portato ad approssimare qualcosa lungo il percorso in modo assolutamente naturale, alle volte con coscienza e altre in sua totale assenza. Piccoli preconcetti che sbricioliamo alle nostre spalle fino a che qualcosa o qualcuno non ci desta dal torpore dell’omologazione, arricchendo il tutto con curiosità e cultura. Ci si ritrova così magari improvvisamente incuriositi dall’insospettabile sino a poco tempo prima.


Ci si ritrova, magari, per arrivare al nocciolo del nostro discorso, a smettere di ordinare una birra “bionda”, perché ormai si è imparato che questa non può essere una discriminante fondamentale sul gusto finale se si hanno altre materie prime di maggior protagonismo, e si inizia a chiedere quali siano le birre in carta. Alla ricerca di energia per la nostra curiosità improvvisamente accesa. Si scoprono così tantissimi stili diversi, moltitudini di birre in grado letteralmente di giocare con i nostri sensi e con le nostre papille. La conoscenza ovviamente ha vari step di approfondimento e inevitabilmente, prima o poi, si arriva alla consapevolezza più alta: e cioè che il cosiddetto “esperto” altro non è che qualcuno che, avendo studiato più di noi, generalizza – meno – di noi. Non poter mai davvero raggiungere la conoscenza totale di una materia, per quanto la si conosca in modo approfondito, è il vero motore della passione e della curiosità. È ciò che mi spinge da anni a riproporre con successo un evento per varie delegazioni AIS, anche online. Alla base, sempre lo stesso concetto (squisitamente generalista) ma ogni volta astutamente diverso: Birre Scure e Cioccolato. Siamo portati a immaginare che questo abbinamento sia aprioristicamente squisito, e difatti spesso lo è, ma occorre comunque padroneggiare le regole base del gioco. Modificando, infatti, in ogni edizione sia le birre che i cioccolati proposti, lo confesso, il più divertito e curioso della classe sono io, che vesto i panni del relatore. La scoperta, il mettersi in gioco e l’assoluta consapevolezza che (come saggiamente ripetevano i nostri nonni) “non si finisce mai d’imparare” fanno sì che questo sia sempre un tema goloso. In tutti i sensi.

Partendo, quindi, da quei primi passi mossi dalle Porter agli inizi del 1700 in Inghilterra facciamo la conoscenza delle birre a tonalità scura, birre queste certamente di carattere, essendo state pensate per rinfrancare le fatiche dei lavoratori del porto di Londra (porters), birre ovviamente dissetanti e nutrienti. Sino a percorrere quasi un secolo e fare la conoscenza delle Stout, originariamente birre Porter ma in versione più concentrata, meno diluita e pertanto dal tenore alcolico e aromatico superiori. Un fratello maggiore che con l’avvenire delle guerre e dell’aumento delle tasse vide ridurre la propria robustezza e alcolicità pur di mantenere una sorta di “trasversale economicità” di consumo anche per le fasce di popolazione meno abbienti. Sino ad arrivare ai giorni nostri dove, dopo numerose peripezie troviamo una quasi sostanziale sovrapposizione totale tra i due stili originariamente molto diversi tra loro, ma facciamo anche la conoscenza di una moltitudine di varianti che impreziosiscono così una famiglia di stili tra le più numerose e originali.