Petali & palati.
Morello Pecchioli

Ditelo con i fiori e poi metteteli in padella o, meglio ancora, nell’insalatiera. Conservo nell’album dei ricordi il mio primo, vero, incontro gastronomico con Clori, la dea della fioritura. Fu un’indimenticabile misticanza di erbette di campo e fiori policromi come le vetrate di un duomo gotico che mi venne servita da uno dei più grandi cuochi italiani dei tempi moderni, Renato Gualandi. Il cuoco bolognese, dopo una vita passata a cucinare per re, regine, presidenti e grandi personaggi della politica, della cultura e del cinema, si era ritirato con la moglie in una villa nell’entroterra riminese posta su un contrafforte appenninico che si protendeva verso l’Adriatico: un’isola di serenità circondata da un giardino e da un brolo dove prosperavano piante officinali e fiori edùli di tutti i tipi.

Gualandi, morto nel 2016 a 95 anni, è un mito nella storia della moderna ristorazione italiana. Fu lui a inventare la carbonara a Riccione nel settembre del 1944 per lo storico pranzo dei caporioni dell’Ottava Armata Britannica che avanzava verso la Pianura Padana. Nel corso della sua carriera deliziò il palato di personaggi come Enzo Ferrari, Enrico Mattei, Palmiro Togliatti, Giovanni Spadolini, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, Alfredo Binda, Felice Gimondi, Sandro Mazzinghi, Nino Benvenuti. Alcune sue creazioni fecero scuola, diedero impulso a una nuova filosofia gastronomica: gli Scampi col melograno, l’Anguilla con i cardi… Persino i francesi si inchinarono a lui insignendolo della Commanderie des Cordons Bleus. Fu l’unico cuoco italiano a essere ammesso all’Eliseo a cucinare per Charles De Gaulle.

Fu Giancarlo Roversi, giornalista e storico della cucina emiliana, amico e biografo di Gualandi, a farmi sedere al desco del cuoco bolognese. Il quale, poco prima del pranzo uscì con un corbello che riempì di sapori e odori: lattughette, rapanelli, cicorietta, foglie di gentile, germogli di pungitopo, spinacini novelli, basilico, erba cipollina.