Vulture coast
to coast.

Betty Mezzina

Laghi vulcanici incastonati nella roccia, foreste a tratti impenetrabili un tempo rifugio dei briganti, chiese che nascondono capolavori di varie epoche, imponenti castelli abitati dai dominatori del passato e attività agricole e zootecniche, olivicoltura ma soprattutto viticoltura. Tutti elementi umani e naturali che caratterizzano le pendici del Vulture, il vulcano spento posizionato nel cuore dell’Appennino centro meridionale tra Puglia e Campania, ben visibile da decine di chilometri di distanza nelle limpide giornate di maestrale; presenza che domina, e al tempo stesso, condiziona e caratterizza l’habitat di uno dei comprensori vitivinicoli di primaria importanza nel panorama italiano.

Lave, ceneri e lapilli vulcanici hanno generato terreni molto fertili, all’origine di rigogliosi boschi di querce, faggi e castagni, in grado di catturare l’umidità e regolare il clima di tutti i pendii circostanti. La natura vulcanica del suolo ha, inoltre, influenzato profondamente le falde idriche, originando numerose sorgenti di acque minerali effervescenti naturali imbottigliate e commercializzate in tutta Italia da noti marchi nazionali, collocando la Basilicata fra le regioni leader per capacità produttiva oltre che rappresentarne una delle tante attrazioni turistiche. La qualità delle acque si origina in un ambiente incontaminato, ricco di vegetazione e distante dagli insediamenti urbani.

Il Vulture – dal latino vultur, avvoltoio – in provincia di Potenza, con i suoi 1.326 metri sul livello del mare, tecnicamente è uno stratovulcano, originatosi nel pleistocene per fessurazione tra gli ottocentomila e i seicentocinquantamila anni fa. Fu un’azione prevalentemente esplosiva che generò abbondanti ceneri, poi stratificatisi in “tufo”, una roccia porosa simile a una vera e propria spugna che assorbe l’acqua d’inverno e la cede in estate: insomma un territorio dove “il tufo allatta la vite”, nel senso che la disseta, come frequentemente si sente dire dai contadini locali. L’ultima grande eruzione di tipo esplosivo risale a circa centoquarantamila anni fa con la formazione della grande caldera odierna di forma circolare, che oggi ospita al suo interno i due suggestivi laghi di Monticchio, il lago grande e il lago piccolo, meta di gite fuori porta durante tutto l’anno e di raccolta di castagne in autunno. La zona è popolata da centinaia di specie animali tra cui la rarissima piccola farfalla notturna, la bramea, un fossile vivente unico al mondo, di oltre 5 milioni di anni, che abita la riserva naturale protetta di Grotticelle.