Parola d’ordine sostenibilità. Paesaggio. Roberto Cipresso Intanto, un grato “bentornato” ai volenterosi lettori che hanno preso a cuore il nostro viaggio: una esplorazione del concetto di sviluppo sostenibile in alcune delle sue possibili accezioni, in particolare – ma non solo – in relazione a viti, vigne e vigneti. Abbiamo fino a oggi osservato come, sebbene si pensi sempre che debba essere il contrario, in realtà sia più che possibile l’instaurarsi di un collegamento virtuoso tra una maggiore salvaguardia dell’ambiente e una crescita in ambito economico, associata quest’ultima sia a un risparmio per l’istituzione di agroecosistemi più autosufficienti, sia a un più consistente introito per l’incremento conseguente di “valore aggiunto” del prodotto. Andiamo adesso a vedere come tutto ciò possa tradursi anche nella terza possibile declinazione della sostenibilità: l’attenzione al paesaggio e la sua salvaguardia. Ritengo debba, infatti, essere un nostro principio etico – per la sensibilità, il livello di educazione e consapevolezza, gli strumenti che abbiamo in tal senso in più rispetto a quelli in dotazione alle generazioni che ci hanno preceduto – lasciare a chi verrà dopo di noi un paesaggio in molti casi migliore rispetto a quello che abbiamo ereditato. Linee guida in proposito sono già fornite ancora una volta dal legislatore: tra gli obiettivi della Politica Agricola Comune – e tra i suoi motivi fondanti – c’è proprio anche l’esigenza di aiutare gli agricoltori, in quanto spesso primi protagonisti della tutela del paesaggio, perché tenuti a rispettare i vincoli previsti da appositi “Piani Paesaggistici”, e in quanto attivi ideatori e costruttori degli autentici quadri che, osservando la campagna, ci troviamo ad ammirare. Come già visto per le altre voci sulle quali abbiamo riflettuto insieme nelle “puntate” precedenti, anche in questo caso il legame virtuoso che si instaura tra le diverse forme di “atteggiamento sostenibile” è chiaro ed evidente: la ricchezza e l’armonia di un paesaggio rurale sono, come è davvero facile immaginare, senza ombra di dubbio favorite da tutte le pratiche che consentano un aumento di biodiversità; l’avvicendarsi nel tempo e nello spazio di colture diverse nello stesso ambiente è una gioia per gli occhi che osservano, oltre che un dono che si fa all’agroecosistema, che è reso più solido e autosufficiente. Lo stesso vale per l’idea di contornare gli appezzamenti con siepi che divengano sede spontanea di nemici naturali dei parassiti delle colture, e al contempo rendano il paesaggio più vario e composito; o per la possibilità di destinare parte della superficie aziendale al bosco, che mitiga l’impronta carbonica, è bello da vedere e da percorrere, e in alcuni casi, come per l’uva dei vini che sappiano parlare di sé e della loro provenienza, aggiunge al prodotto note di fascino e unicità che l’assaggiatore esperto saprà riconoscere. Se è vero che tutto ciò potrà a volte comportare un sacrificio per l’agricoltore, che vedrà talora una riduzione della propria produttività, d’altra parte un’azienda più bella da vedere, che si inserisca in un territorio di maggior pregio, potrà essere fonte di redditi alternativi e complementari a quelli immediatamente connessi alla produzione agricola, in linea con il concetto, ormai ampiamente conosciuto e in alcuni casi valorizzato ad altissimi livelli, della Multifunzionalità: con questo termine, si fa semplicemente riferimento alla messa in atto di tutta una serie di attività complementari all’azienda agricola – ricettività nella forma dell’agriturismo, visite in azienda con degustazioni e vendita diretta, fattorie didattiche e via dicendo – rese possibili e utilizzabili come fonte di reddito anche in virtù della possibilità di godere di splendidi paesaggi. Nelle aree del mondo particolarmente favorite dalla sorte, dove il valore dei vini – o dei prodotti agroalimentari in generale – sia già altissimo per le loro prerogative intrinseche o per l’alto appeal delle terre di provenienza, è bello vedere come i viticoltori possano contribuire attivamente – e lo facciano davvero – con preziosi arricchimenti di ambienti già molto dotati di attrattive, rendendo i loro vigneti dei sontuosi giardini dove prolificano e convivono varie e bellissime forme di vita, o affidando la progettazione delle loro cantine ad architetti di fama mondiale; esempi perfetti di fortunata interazione di grazia, creatività e ingegno umani con le meraviglie della natura. Si può dunque dire che, a fronte di modesti sacrifici, ciò che la salvaguardia del paesaggio restituisce sia notevole sia nell’ottica della sostenibilità ambientale sia nei termini della possibilità di tutelare, e magari anche potenziare, gli aspetti legati all’economia dell’azienda, ma il vantaggio più grande, non sempre apprezzato e riconosciuto in tutta la sua importanza, si ha forse per ciò che riguarda gli aspetti sociali: la possibilità di coltivare e salvaguardare paesaggi straordinari e di renderli fonte di reddito permette infatti di mantenere abitate anche aree – del nostro Paese come di altri a esso simili dal punto di vista geografico e orografico – altrimenti considerate sfavorite o marginali – magari perché peggio raggiungibili delle altre da servizi e infrastrutture. Tali aree – versanti e sommità di colline, vulcani, rilievi di catene montuose, che rendono l’Italia unica e che ospitano esempi autorevolissimi di produzione vinicola anche di alta qualità o di viticoltura estrema – sono peraltro spesso proprio le più affascinanti, varie, caratterizzate dal punto di vista paesaggistico, rispetto alle fertili e facili da gestire, ma decisamente più monotone zone di pianura. Dinamiche queste di importanza primaria per prevenire ed evitare gli effetti disastrosi dello spopolamento delle campagne, dell’allontanamento forzato delle comunità rurali dalle proprie radici, dell’urbanizzazione selvaggia, come in parte successo nel nostro recente passato. Conservo ricordi indelebili raccolti in tanti anni di lavoro: giaciture ed esposizioni diverse, soluzioni più o meno ardite ma sempre originali e peculiari di allevamento della vite e di gestione del suolo, scorci panoramici da brivido; e, in tali varie e memorabili circostanze, ricordo di essermi stupito per la linea immaginaria ma decisamente e fortemente percepibile che univa il carattere dell’uomo, l’essenza del paesaggio, il profilo del vino. È fondamentale che la legge del mercato non pieghi queste dinamiche, e sia, invece e viceversa, la ricchezza che abbiamo, se correttamente e adeguatamente comunicata, a suggerire la strada da percorrere e a dirigere le scelte del consumatore. Mi preme infine sottolineare altri due aspetti: in primo luogo, non sempre c’è perfetta coerenza e coincidenza tra impatto visivo e impatto ambientale, ovvero tra ciò che è soltanto bello da vedere e ciò che invece è anche davvero sostenibile e rispettoso dei naturali equilibri dell’ecosistema; esistono, ad esempio, scenari e panorami bellissimi realizzati però a seguito di interventi molto invasivi su suolo e sottosuolo; così come invece alcune strutture utili allo sviluppo sostenibile – come, ad esempio, le diverse attrezzature che dobbiamo utilizzare per avere accesso alle energie rinnovabili – tendono magari viceversa a “disturbare” un po’ i nostri occhi al momento non sufficientemente abituati alla loro presenza. E poi ancora: salvaguardia del paesaggio non significa necessariamente agire soltanto in una prospettiva conservativa; è senz’altro nostro dovere preservare tutto ciò che di pregevole ci sia stato lasciato dalle generazioni che ci hanno preceduto, come, ove possibile, gli antichi casali abitati dai nostri avi, o i muretti che, con tecniche diverse, siano stati edificati per suddividere gli appezzamenti coltivati. Credo sia, però, non soltanto auspicabile ma anche necessario che la custodia del passato si associ alla creazione di elementi nuovi, che ci aiutino a perseguire gli obiettivi virtuosi e complessi che ci prefiggiamo; trovo insomma giusto lasciare porte aperte alle soluzioni innovative e d’avanguardia che il progresso ci offre in termini di strategie di progettazione dei nuovi edifici, materiali, organizzazione degli spazi e dei servizi, fonti energetiche. L’uomo si evolve, e, parallelamente, anche il paesaggio in cui si trova a operare inevitabilmente cerca armonie nuove e diverse, nella consapevolezza che tutto ciò che ci aiuti a inquinare di meno, a ridurre i consumi, a potenziare il livello di autonomia dei sistemi nei quali operiamo, possa, entro certi limiti e se ben interpretato e rappresentato, essere considerato anche bello; la linea ideale da seguire, diretta dall’ingegno umano, unisce e pacifica l’etica e l’estetica, la produzione agricola e l’equilibrio dell’ecosistema, la cultura e la natura. La ricchezza e l’armonia di un paesaggio rurale sono senza ombra di dubbio favorite da tutte le pratiche che consentano un aumento di biodiversità.