Il nostro cervello ha circa il 50% delle sue cellule dedicate alla visione e solo l’1% dedicato al gusto e all’olfatto. Per questo motivo la vista gioca un ruolo fondamentale nel creare aspettative e nel provocare esperienze sensoriali gustative. Non a caso il sapore di un piatto, di un vino o di un prodotto alimentare è fortemente influenzato dalla vista. “Il sapore ha le caratteristiche dell’illusione”, scrive Shepherd (2015) e quindi risulta facilmente influenzabile. Molti studi pubblicati negli ultimi anni hanno dimostrato quanto i segnali visivi (in particolare quelli relativi al colore o alla luminosità) possano avere un profondo effetto sia sugli aspetti sensoriali discriminatori che sulla gradevolezza dell’esperienza. Attraverso l’immagine rilevata con la PET (risonanza con emissione di positroni) si evince, infatti, come la corteccia visiva possa avere un profondo effetto di condizionamento sul sistema cerebrale olfattivo e gustativo. Per questo motivo le persone trovano particolarmente difficile identificare correttamente una bevanda quando viene colorata in modo incongruente con le aspettative. Uno dei più noti studi condotti sull’influenza dei colori sulla percezione del sapore del vino è quello svolto da Morrot et al. (2001) presso l’Università di Bordeaux, terra del noto vino francese, nel quale vennero fatti assaggiare dei vini a un gruppo di 54 laureandi della Facoltà di Enologia di Bordeaux Segalen. In questa ricerca le sessioni sperimentali erano diverse, ma quella più interessante era riferita al confronto richiesto di due vini tra cui uno rosso e originariamente bianco ma colorato di rosso con una sostanza insapore. I partecipanti, neo-esperti, dovevano indicare quale dei vini presentava una gamma di caratteristiche più intensamente. Per l’esperimento furono usati dei Bordeaux del 1996: un rosso prodotto da uve cabernet sauvignon e merlot e un bianco prodotto da uve sémillon e sauvignon. In una prima prova si confrontarono il sapore dei rossi e dei bianchi. In una seconda prova si chiese di comparare i vini bianchi con gli stessi bianchi, ma colorati di rosso con un colorante naturale dell’uva rossa, l’enocianina. Prove in blind (alla cieca) mostrarono come non fosse possibile distinguere i due vini, poiché di fatto identici. Ciò che soprese è invece l’utilizzo di descrittori tipicamente da rosso quando i soggetti valutarono i vini, potendone vedere alche il colore oltre che sentirne il sapore come nella precedente fase in blind. Vennero usati i tipici descrittori del vino come limone, miele e paglia scelti per l’aroma del vino bianco e un’altra serie di termini, come prugna, cioccolato, tabacco, ecc. per descrivere il vino rosso. Una settimana dopo, agli studenti sono stati dati altri due bicchieri di vino (uno bianco, l’altro rosso, proprio come prima). Questa volta, tuttavia, quello che sembrava vino rosso era in realtà un vino bianco che era stato colorato in modo artificiale rosso.
Le parole utilizzate per descrivere sia il vino rosso che quello bianco (ma colorato di rosso) furono pressoché le stesse, o comunque si registrò una strana sovrapponibilità descrittiva. Sappiamo che le due tipologie di vino provocano sensazioni gustative differenti, ma l’effetto delle aspettative condizionate dalla vista furono tanto forti da annullare la capacità di riconoscimento sensoriale al gusto. Il colore del vino aveva indotto all’errore anche i più raffinati esperti, convincendoli sul fatto che i due vini fossero entrambi della stessa tipologia e quindi passibili di medesima descrizione lessicale.