Il vino è il risultato di una serie di strumenti, come quelli di un’orchestra, anche in campagna: ogni vigneto ha la sua voce.
Pierre Lurton
Cerchiamo equilibrio e persistenza. E la leggerezza in annate potenti.
Lorenzo Pasquini
È una domenica mattina di fine agosto dal cielo ondivago e dal meteo atlantico – scrosci di pioggia alternati a schiarite di sole dopo alcuni giorni di torrida canicule – quando arrivo a Château d’Yquem. Al centro di una campagna che si perde a vista d’occhio nel silenzio circostante, il castello si erge dal suo dolce rialzo dominando la valle senza alterigia, senza baldanza, ma con l’aristocratico portamento di una signoria nutrita da secoli di storia e consapevolezza. Il mondo che gira intorno a Château d’Yquem è tutto fuorché ostentato o sussiegoso. Anzi. Dall’amabilità del presidente Pierre Lurton al savoir-faire del direttore Lorenzo Pasquini, dall’understatement dello chef Olivier Brulard al garbo di tutta l’équipe fino alla liberalità dello stesso Château, che ogni giorno apre le porte della propria bellezza al pubblico affinché ognuno possa portare con sé un souvenir del mito, tutto a Yquem – il luogo dove si produce uno dei vini più famosi del mondo – è classe allo stato solido. Non solo perché dal 1855 Château d’Yquem è l’unico Sauternes Premier Cru Classé Supérieur, ma perché nella sua natura di fuoriclasse non tradisce mai la propria, incomparabile misura: non è un vino potente o spettacolare, ma un vino, appunto, di classe cristallina, un diamante di luce, un sole irradiante. Se il Sauternes è l’elogio dell’eleganza, Château d’Yquem è il suo frutto più puro, il suo spirito più alato.