Parliamo di tradizione, concetto talmente radicato nella cultura vinicola del Belpaese da essere onnipresente nelle descrizioni che le cantine italiane fanno di sé. La tradizione è ancora vista – in maniera più o meno esplicita – come contrapposta all’innovazione. Paradossalmente, ne è una dimostrazione il fatto che diverse aziende scelgano oggi di dichiarare il proprio impegno nell’unire tradizione e innovazione, due termini che non verrebbero comunicati uno accanto all’altro in questo modo se non si pensasse di creare una sorta di effetto sorpresa. E se invece l’innovazione fosse non soltanto rapportabile, ma addirittura essenziale per la tradizione?
Hugh Johnson, autorità e pietra miliare della tradizione in fatto di letteratura sul vino, non a caso è nel gotha degli autori enologici più venduti al mondo. Classe 1939, scrive di vino e dintorni dal 1960. I suoi libri, attualmente tradotti in oltre dieci lingue, hanno formato e ispirato generazioni di studiosi ed enofili a livello mondiale. Vorrei prendere spunto dal suo contributo al mondo del vino e dalla sua intervista per Italian Wine Podcast – episodio n. 1253 – per riflettere su due particolari percorsi d’innovazione e tradizione nel vino: quello di Hugh Johnson, che per diffondere la tradizione ne innova la comunicazione, e quello della tradizione stessa, che per sopravvivere in un mondo del vino in trasformazione deve innovare i propri strumenti e i relativi contesti di applicazione.