Sono trascorsi 250 anni da quel 1773 in cui John Woodhouse, mercante di Liverpool, approdò a Marsala e fece la fortuna di un vino già eccellente, prodotto in Sicilia da tempo immemore (il pittore Pieter Paul Rubens ne faceva già scorta durante un viaggio del 1606) e reso famoso grazie ai proficui contatti con la flotta inglese dell’ammiraglio Horatio Nelson. Da allora il destino del Marsala ha seguito strade accidentate, a volte piuttosto degradanti, declinato in oscure sigle (come i telematici C.O.M. – Choice Old Marsala e I.P. – Italia Particolare) o unito in matrimonio d’interesse con altri ingredienti, per dare vita a ibridi come il Marsala “all’uovo”, “alla mandorla” o “alla fragola”. Negli ultimi anni, invece, anche grazie alla rinascita del proprio Consorzio di Tutela, finalmente unito, il Marsala sta lavorando sodo per riconquistare il meritato prestigio. AIS ha avuto modo di toccare con mano il cambio di corso durante un incontro organizzato da due delle più importanti cantine della denominazione, Florio e Pellegrino, durante il quale i membri del Consiglio Nazionale hanno avuto modo di esplorare le iniziative a beneficio del grande vino fortificato.
La missione è chiara: veicolarne il valore culturale ed enologico. I punti su cui fare leva non sono pochi: una eredità storica che travalica quel fatidico 1773, il magnifico terroir, una severa filiera agronomica, la duttilità nelle occasioni di consumo, la presenza di coreografiche cantine e, naturalmente, il valore aggiunto del tempo. Un lavoro enorme, eppure destinato a non mutarne il destino, a meno di non intervenire sulla percezione del consumatore, obiettivo ultimo di tante fatiche. Per farlo è necessario sottrarre il Marsala a una visione angusta, che per troppo tempo lo ha vincolato al ruolo di ancella della cucina, valorizzandone invece le occasioni di consumo, grazie al ventaglio di tipologie disponibili, croce e delizia – queste – della denominazione. La revisione di un dendritico disciplinare, che conta a oggi 29 combinazioni, è infatti un passaggio obbligato per un’agevole comunicazione. Le cantine Florio, in questo senso – ha spiegato il direttore Roberto Magnisi – hanno avviato un salomonico taglio, dividendo l’universo Marsala in due soli grandi gruppi: Vergine, per i vini a fortificazione di alcol, e Superiore, nei quali all’alcol si aggiungono mosto cotto e mistella. A ciò si aggiunge l’enfatizzazione dei millesimi in etichetta, ove previsto, riducendo le generiche indicazioni “20 anni”, “10 anni” o “5 anni”. Il prossimo passo necessario sarà la valorizzazione delle zone più vocate, i cosiddetti “cru”, dai quali sia possibile intuire a colpo sicuro le caratteristiche predilette.