Il sapore del suono. Vincenzo Russo Da sempre il sistema uditivo ha avuto un’importante funzione adattativa. In tempi remoti permetteva di riconoscere velocemente il pericolo e il luogo da cui poteva provenire, permettendo alle specie animali di salvarsi o di individuare la preda con più facilità. Di certo i suoni e la musica hanno sempre avuto la capacità di influenzare il comportamento. Più di quanto si possa immaginare. Le ricerche, in questo campo, sono numerose e di grandissimo interesse, soprattutto per il marketing del vino e degli ambienti di degustazione. Anni di sperimentazioni sul campo hanno dimostrato che con la musica e con i suoni si rafforzano associazioni, si stimolano sensazioni, si creano connessioni tra oggetti, come per esempio tra un prodotto o un’azienda e il suo logo. Si pensi per esempio alla forza che hanno i jingle nel richiamare un brand. Il suono affiancato alla frase “Just Do It”, oppure alla frase “I’m Loving It”, automaticamente ci fa pensare a Nike e a McDonald’s. Ciò non vale solo per musiche o jingle. A volte solo un semplice rumore riesce ad avere una forte valenza emotiva, tanto da fare percepire il mondo esterno in modo diverso. La presenza di un certo tipo di musica in un centro commerciale incide sulla distraibilità dall’acquisto dei consumatori, così come sulla rapidità di movimento al suo interno. Così una musica con un ritmo più veloce tende a incrementare significativamente la velocità di movimento dei clienti rispetto a una musica decisamente più lenta. E dati comportamentali ci dicono che i consumatori “più lenti” spendono circa il 38% in più rispetto a quelli “più veloci”. Il sottofondo musicale può, quindi, modificare inconsapevolmente il comportamento dei consumatori: una nota ricerca condotta nel 2001 ha dimostrato che una musica classica in un’enoteca ha spinto i consumatori a scegliere vini più costosi rispetto a quando è stata utilizzata una musica di sottofondo Pop. Allo stesso modo, in un lavoro divenuto ormai famoso, all’interno di un punto vendita vennero trasmesse, secondo modalità alternate, brani di musica francese e brani di musica tedesca. I ricercatori rilevarono che, a parità di valore economico, gli avventori acquistarono più vini francesi nel momento in cui erano presenti motivi musicali francesi, mostrando un fenomeno di associazione analogo per quanto riguardava i vini tedeschi quando venivano trasmesse canzoni teutoniche (North, Hargreaves e McKendrick, 1999). Ovviamente l’aspetto più interessante è che nessuno dei consumatori intervistati abbia mai fatto riferimento alla musica di sottofondo per giustificare la scelta. L’effetto della musica non si esaurisce solo nel “guidare” i comportamenti, ma anche nel condizionare la percezione dei sapori. Gli studi di neurogastrofisica hanno ormai confermato che (Morrot, Brochet e Dubourdieu, 2001). In altri articoli abbiamo dimostrato quanto il cervello contribuisca in maniera significativa alla “ricostruzione” consapevole di ciò che i sensi hanno registrato. Ovviamente in questo processo il cervello aggiunge o toglie qualcosa. Ricordiamoci che se la sensazione è ciò che attiva i nostri sensi, la percezione è una ricostruzione prodotta dal nostro cervello in cui le aspettative giocano un ruolo determinante. Ecco, quindi, che il grado di amarezza di un vino, o di un cioccolato, può essere modificato dalla musica di sottofondo. Quando l’assaggio viene preceduto da una musica ad alta frequenza, generalmente percepita come i prodotti vengono percepiti più gradevoli e “dolci”, rispetto a quando gli stessi prodotti vengono degustati con una musica a bassa frequenza. In questo caso la musica un po’ più “amara” influenza la percezione del vino, redendo la percezione gustativa diversa, meno gradevole e sicuramente meno dolce. In fondo il cervello cerca coerenze. Si provi, pertanto, a pensare che effetto possa avere assaggiare un amarone con un sottofondo dei Beach Boys, rispetto a degustarlo con il sottofondo della canzone dei Doors People Are Strange. “Il gusto di una molecola o di una miscela di più molecole si costruisce nel cervello di un assaggiatore” “più dolce”, Si è dimostrato che l’aspettativa determinata dal semplice suono dell’apertura della bottiglia con tappo di sughero rispetto a quello a vite, di plastica o di vetro, produce una diversa attivazione emotiva, facendo percepire diversamente lo stesso vino. In effetti, i vini rossi avrebbero bisogno di una musica “grave” per creare “coerenza” e rendere più armoniosa l’esperienza di assaggio. Una musica troppo “dolce” con un vino ricco di tannini e corposo non si sposerebbe bene. Allora con i Beach Boys mi aspetterei un vino bianco, leggero, magari frizzante, una buona bottiglia di Franciacorta o di Trento DOC. Clark Smith, studioso del MIT di Boston e fondatore di una nota cantina in USA, nel suo testo “Postmodern Wine Making” suggerisce specifici brani in relazione a specifici vitigni al fine di migliorare la percezione del gusto di un vino, grazie proprio alla coerenza tra musica e sentori. Così, per esempio, un Pinot Nero si sposa meglio con una musica sensuale, mentre un Cabernet con una musica un po’ più aggressiva e un Cabernet Sauvignon si accosterebbe meravigliosamente con una musica cupa come i Carmina Burana di Carl Orff. Anche il Prof. Adrian North della Heriot Watt University di Edinburgh ha dimostrato che, ascoltando un pezzo forte e pesante come i Carmina Burana, un vino come il Cabernet Sauvignon viene percepito come molto più intenso, ricco e corposo rispetto al medesimo assaggio senza musica. Così come un vino bianco assaggiato con una musica più frizzante e rinfrescante, come Just Can’t Get Enough di Nouvelle Vague, viene percepito fino al 41% più fresco e acido dello stesso vino bevuto senza musica. Non è solo la musica che determina questi effetti, anche il sound di un tappo di sughero può alterare la percezione del vino. Lo avevamo già dimostrato anche noi, al Centro di Ricerca di Neuromarketing in IULM, con un esperimento nel 2019 coinvolgendo solo un gruppo di “non esperti”. L’aspettativa determinata dal semplice suono dell’apertura della bottiglia con tappo di sughero rispetto a quello a vite, di plastica o di vetro, produce una diversa attivazione emotiva, facendo percepire diversamente lo stesso vino. Lo studio, voluto da APCOR, Associazione portoghese che riunisce i produttori di sughero e da Amorim Italia, ha permesso di valutare l’impatto percettivo determinato dall’apertura di una bottiglia con tappo di sughero naturale o con tappo a vite. In effetti, solo l’avere sentito il suono del tappo di sughero genera performance percettive positive superiori rispetto al tappo a vite. L’esperimento, svolto già nel 2019 solo con soggetti non esperti, è stato ripetuto con il coinvolgimento anche di esperti e wine lovers a fine 2022, usando strumenti molto performanti, come un elettroencefalogramma EEG a 52 canali. Questo ha permesso di avere dati molto affidabili. Si è proceduto con una prima fase di ascolto del sound del tappo di sughero e del tappo a vite. In questa fase il semplice sound ha determinato una migliore performance: l’engagement cognitivo (ovvero l’attivazione dell’intero cervello) è risultata maggiore del 39% nel campione di non esperti rispetto al tappo a vite e anche l’attivazione emotiva ha seguito lo stesso trend, risultando maggiore del 64%. In generale anche gli esperti mostrano un livello di engagement cognitivo e di attivazione emotiva più alto con il tappo in sughero, confermando i dati che avevamo già raccolto nel 2019 solo con i non esperti. In entrambe le fasi successive, esperienza olfattiva e degustazione dopo avere sentito il sound delle due chiusure, i risultati rimangono coerenti con quelli della fase di semplice ascolto del suono del tappo. Durante l’esperienza olfattiva il vino che si pensa provenire da una bottiglia con tappo in sughero, benché sempre lo stesso, provoca un engagement cognitivo maggiore del 34% e l’attivazione emotiva risulta maggiore del 59% rispetto a quella prodotta dal tappo a vite. Nella fase di degustazione quando i partecipanti credono di bere il vino proveniente dalla bottiglia con tappo di sughero si produce un engagement cognitivo dell’80% superiore rispetto al credere di assaporare il vino proveniente dalla bottiglia con tappo a vite. Inoltre, i partecipanti mostrano un’attivazione emotiva maggiore del 238% quando sono convinti di stare assaporando vino proveniente da bottiglia con tappo in sughero. Entrambi i gruppi confermano, quindi, l’andamento evidenziato. L’analisi rileva anche la presenza di una differenza a livello irrazionale ed emotivo tra esperti e non esperti nella capacità di discriminare il tipo di vino assaggiato. Il trend riscontrato attraverso l’analisi neurofisiologica viene confermato anche a livello razionale. Complessivamente la bottiglia con tappo in sughero viene valutata migliore (per quanto riguarda qualità, intensità del sapore e piacevolezza). Inoltre, i partecipanti stimano un costo di 7,69 € per il vino con tappo in sughero, quindi 1,44 € in più rispetto al tappo a vite (+16%), e si dimostrano disposti a pagarlo 7,78 € a bottiglia, dunque 1,21 € in più del tappo a vite (+18,5%). Entrambe le fasi dello studio hanno evidenziato come le aspettative su un prodotto possano influenzare la percezione e l’esperienza enogastronomica, anche tra gli esperti. Rimane ancora un dubbio. Non sappiamo ancora cosa succede in soggetti abituati a bere vino da bottiglie con tappo a vite.