Stille Wein Nacht. Betty Mezzina Nell’estremo nord dell’Italia, in Alto Adige, tra spettacolari scenari alpini e piste da sci da sogno, tra sentieri ideali per rilassanti passeggiate a piedi o in bicicletta con vista su pareti verticali mozzafiato, circondati da natura spesso incontaminata e una vegetazione a tratti paradossalmente mediterranea, frutto di estati calde, si snoda il più suggestivo itinerario enoturistico italiano. Un primato ottenuto ufficialmente nel 2009 quando, al “Roma wine festival”, la Strada del Vino dell’Alto Adige ha battuto 140 concorrenti ed è stata eletta come la più bella d’Italia in onore della perfetta sintonia tra vini, paesaggio, cultura e turismo. È qui che nascono vini che fondono la precisione enologica tedesca con la fecondità del solare clima italico. E in inverno, soprattutto a partire dall’Avvento, festività che preannuncia il Natale, alle numerose attrazioni enoturistiche si sommano i colori festosi e le luci scintillanti dei celebri mercatini di Natale: luoghi che profumano di spezie e sogni, mentre raccontano le tradizioni artigiane più antiche di questa regione settentrionale. Pur essendo una delle regioni vinicole più piccole d’Italia, l’Alto Adige presenta peculiarità che la rendono unica sotto molti aspetti, come quello di vantare il primato italiano del 98% di tutta la superficie viticola tutelata dalla Denominazione di origine. Il Südtirol è caratterizzato, inoltre, da una diffusa presenza di eccellenti cooperative vinicole, alcune delle quali, grazie alle fusioni degli ultimi decenni, si sono trasformate in dinamiche cantine in grado di tenere testa alle aziende private grazie a una valida gestione manageriale. Altro elemento distintivo è la presenza di una notevole varietà di vitigni locali, francesi e teutonici, con prevalenza della bacca bianca (62%) rispetto a quella nera (38%). Dal 1874, inoltre, San Michele, ospita la prima Stazione sperimentale di enologia della regione, scuola destinata a diventare un’esperienza pilota per altri paesi e oggi reputato uno degli Istituti di formazione enologica più qualificati d’Europa. La produzione vinicola altoatesina si concentra nella piana della Val d’Adige e sui pendii circostanti a un’altitudine compresa tra 200 e quasi 1.000 metri, ma è tra i 350 e i 550 metri che si hanno le migliori probabilità di evitare le gelate e di avere una maturazione ottimale. Il processo di formazione delle Alpi ha creato un mosaico di terreni molto diversi anche nel giro di pochi chilometri così come il variegato paesaggio ha creato differenti microclimi in grado di generare altrettante condizioni meteorologiche, fra cui svetta il dato sorprendente delle 300 giornate di sole l’anno, dato che affianca la regione a quelle mediterranee. A partire dall’Avvento, alle numerose attrazioni enoturistiche si sommano i colori festosi e le luci scintillanti dei celebri mercatini di Natale: luoghi che profumano di spezie e sogni, mentre raccontano le tradizioni artigiane più antiche di questa regione. La DOC Alto Adige (Südtirol), con l’aggiunta del vitigno in etichetta, comprende sei sottozone, ciascuna caratterizzata dalla presenza prevalente di alcuni vitigni, tipologie e colori. Le vigne poste più in alto, spesso ripide e terrazzate come in Valle Venosta e in Valle d’Isarco, sono particolarmente vocate per vibranti riesling, sylvaner, kerner e grüner veltliner; nei vigneti più in basso trovano spazio fruttati chardonnay, pinot bianco e pinot grigio. La sottozona di Terlano, grazie alla presenza di porfido e granito, si fa ricordare per i suoi profumati sauvignon mentre l’aromatico gewürztraminer è associato all’area di Termeno (Tramin), città dalla quale sembra prendere il nome oltre che esserne originario. L’uva a bacca nera più diffusa rimane la schiava (vernatsch) nelle varianti grigia, grossa e gentile da cui si generano solitamente vini trasparenti, morbidi e fruttati. Grazie al clima caldo che si sviluppa nella conca di Bolzano nonché alla piccola percentuale di lagrein presente nel vino (fino al 15%), l’areale più famoso per la schiava è Santa Maddalena, zona dove la varietà si esprime in maniera intensa e piena. I rossi più rappresentativi dell’Alto Adige hanno come base il lagrein, soprattutto quello proveniente dal Lago di Caldaro e dal capoluogo Bolzano nel quartiere di Gries. Qui gli effetti delle notti fresche e dei venti temperati da sud che riscaldano in fretta la conca valliva, coniugati ai terreni alluvionali sabbiosi e sciolti, si traducono in vini caratterizzati da potenza, succosità e grande eleganza. Il nome lagrein potrebbe derivare da Vallagarina, ipotesi avvalorata dall’assonanza del nome; non si esclude, tuttavia, una discendenza greca, dalla città di Lagaria oppure un’origine borgognona dal pinot nero, come attestano le ultime ricerche ampelografiche e genetiche. Con la stessa uva si ottengono eleganti vini rosati conosciuti come “Lagrein Kretzer”, nome che deriva dal tedesco Kretze, un particolare cesto di vimini che serviva appunto a separare le bucce dal succo dopo un breve contatto. Completano il quadro ampelografico altoatesino a bacca nera i pinot nero, merlot e cabernet sauvignon, varietà importate nel XIX secolo che tendono a sostituire la schiava nelle aree più calde della regione; per esse il tipo di allevamento più utilizzato è la spalliera, al posto della tradizionale pergola trentina. Oltre a percorsi naturalistici tra le vigne e la visita di cantine all’interno di castelli, l’Alto Adige in tutte le stagioni offre agli appassionati di architettura un affascinante percorso tra le cantine design fra le più belle d’Italia, indubbia attrazione enoturistica che da sola varrebbe il viaggio. A partire dal nuovo millennio si è assistito, infatti, a una riqualificazione edilizia delle strutture già esistenti attraverso interventi in cui la tradizione si è fusa al design contemporaneo creando strutture uniche, perfettamente integrate nel paesaggio. È il caso della a Termeno dove l’architetto Werner Tscholl, per la sua costruzione, si è ispirato alla forma e al movimento della vite verde che abbraccia un possente cubo di vetro oppure la , in cui la prima fase di riqualificazione ha previsto l’applicazione a uno degli edifici di rivestimento esterno di tavole di legno di rovere orientate in verticale, con profonde aperture in corrispondenza delle finestre protette da cornici di lamiera. Gli interventi di ampliamento della , invece, traggono ispirazione dalla topografia leggermente ondulata del paesaggio collinare circostante. Cantina Tramin Cantina Colterenzio Cantina Cornaiano Di grande impatto visivo la nuova caratterizzata dall’interramento della maggior parte degli impianti di produzione ma soprattutto per l’edificio che ospita gli uffici e l’enoteca caratterizzati da un cubo con la facciata rivestita in lamiera di alluminio color bronzo, le cui linee ramificate ricordano una foglia di vite stilizzata. Cantina Bolzano Da non dimenticare la a Nalles, uno degli interventi di sintesi più riusciti tra il rispetto del patrimonio edilizio storico e l’architettura contemporanea. L’elenco delle cantine o dei wine center di design è quasi sterminato ma, fra le altre, spiccano l’enoteca panoramica della , la singolare facciata della , la , il wine center di o l’elegante Le verre capricieux, bistrot nel parco dell’azienda vinicola . Cantina Nals Margreid Cantina Merano Cantina di Cortaccia Cantina di Terlano Caldaro Elena Walch Cosa vedere Sono trascorsi circa 900 anni da quando il beato vescovo Artmanno di Bressanone fondò l’ – nota agli amanti del vino anche per la produzione di ottime etichette – luogo che nel corso dei secoli ha saputo affermare il proprio ruolo di centro spirituale, culturale ed economico grazie all’oculata gestione dei canonici agostiniani. La visita del complesso religioso comprende il chiostro e la chiesa abbaziale risalente all’epoca di epoca medievale, resa luminosa e variopinta in età tardo barocca. Il pezzo forte del tour è la preziosa biblioteca, fornita di ben centomila volumi, 20.000 circa dei quali si trovano nella sala rococò, un sontuoso “salone dell’erudizione” costruito tra il 1770 e il 1775. Completano il percorso la “sala cinese”, riaperta al pubblico nella primavera 2021, la quale dopo anni di restauri ha restituito ai visitatori, sotto sette strati di intonaco, affreschi che rappresentano scene ispirate alla vita quotidiana in Cina, uccelli esotici e i quattro elementi cosmogonici: terra, aria, acqua e fuoco. Abbazia di Novacella Cosa assaggiare Sulle tavole delle feste altoatesine non manca mai lo Zelten, un gustoso pane dolce tradizionale arricchito con frutta secca e spezie come noci, pinoli, mandorle, fichi secchi, uva e cedro candito oltre a rum, cannella, anice e chiodi di garofano. Altri dolci tipici sono le Strauben, frittelle tirolesi a forma di spirale ottenute facendo colare fili d’impasto direttamente nell’olio bollente per ottenere un croccante “nido” da spolverare con zucchero a velo, accompagnato da marmellata di mirtilli e panna montata. Tra i biscotti da non perdere i cornetti alla vaniglia Vanillekipferl, fatti con un mix di farina e frutta secca, gli Spitzbuben dal cuore di marmellata e i Lebkuchen, grandi e morbidi biscotti speziati. Agli amanti della storia, l’Alto Adige offre anche visite in cantine ricavate nei numerosi bunker costruiti durante l’ultima guerra mondiale come quello utilizzato dal 1979 dalla Cantina San Paolo per la produzione del metodo classico della linea “Praeclarus”. Il produttore , invece, oltre al bunker, ha trasformato in cantina anche un rifugio antiaereo: ciò che proteggeva una popolazione impaurita oggi tutela le condizioni ideali per l’evoluzione dei vini rossi. Molto interessante in alcune cantine è la presenza di vecchie botti finemente intagliate, come accadeva in passato quando si personalizzavano i contenitori di legno in modo che raccontassero le storie delle aziende. Fritz Dellago A soli 15 km da Bolzano, in quella che fu la Cantina Di Pauli, si trova il Museo provinciale del vino dell’Alto Adige, nella cui vigna museale sulle tipiche pergole crescono varietà oggi raramente coltivate come la fraueler (l’uva fragola bianca), la blatterle e la gschlafene. Durante l’inverno l’itinerario enoturistico altoatesino non può prescindere dalla visita degli accoglienti mercatini di Natale, tradizione nata nel medioevo e collegata alle grandi fiere che venivano organizzate in concomitanza di ricorrenze annuali quali, ad esempio, l’Avvento. In Italia la tradizione si è diffusa solo negli anni Novanta del XX secolo, esattamente a Bolzano nel 1991 con la nascita del primo mercatino di Natale a cui ne sono seguiti altri nell’area di Merano, Bressanone, Vipiteno e Brunico. Accanto agli stand con statuine di legno, figure del presepe, oggetti in terracotta, articoli tipici tirolesi, cosmetici e decorazioni natalizie abbondano gli stand gastronomici con l’immancabile presenza del profumato vin brulé. Ma i tempi cambiano e anche i mercatini di Natale si adeguano al concetto di sostenibilità. L’Alto Adige non si fa certo cogliere impreparato, mostrando grande sensibilità ambientale; dal 2014, infatti, i mercatini altoatesini hanno ricevuto la certificazione “Green Event” dall’Ecoistituto Alto Adige. Ciò significa l’uso di stoviglie e posate riutilizzabili, la vendita di bevande in bottiglie di vetro da restituire, l’esclusione di plastica e lattine, l’utilizzo di carta 100% riciclata, una gestione efficace dei rifiuti basata sulla raccolta differenziata, la valorizzazione dei prodotti regionali e stagionali a base di ingredienti biologici, offrendo anche la possibilità di scelta di piatti vegetariani o vegani. Si privilegia una gestione dell’energia volta al risparmio attraverso l’utilizzo di luci green e la promozione della mobilità sostenibile, grazie a bus navetta, car sharing e car pooling, proposte dagli stessi organizzatori della manifestazione. I mercatini di Natale, inoltre, ospitano eventi e laboratori finalizzati a imparare come riciclare i materiali naturali in modo da avere un approccio più parsimonioso con le risorse. Un modo, a Natale, di essere più buoni: con l’ambiente. Eccellenze del territorio In inverno, rientrando a casa, non c’è niente di meglio di una calda ed accogliente pantofola di feltro, tipo di lavorazione della lana in cui l’Alto Adige rappresenta l’eccellenza. Storico punto di riferimento regionale è l’azienda a San Candido, a un centinaio di chilometri a est di Bolzano. Qui la famiglia Zacher, presente dal 1560, conobbe una vera svolta all’inizio del secolo scorso quando il bisnonno dell’attuale generazione convertì l’iniziale conceria in cappellificio, utilizzando la lana trasformata in feltro. Haunold by Zacher Attività proseguita negli anni Trenta quando, accanto ai cappelli, la famiglia ha cominciato a produrre le pantofole, fiore all’occhiello aziendale. Il feltro, che tecnicamente non è un tessuto in quanto non esiste un ordito e una trama, si ottiene attraverso un procedimento in varie fasi chiamato appunto di “infeltrimento”. In pratica la lana viene prima “sfioccata”, poi pettinata dalla cardatrice e in seguito, grazie all’aiuto di acqua, calore e vapore, viene trasformata nel cosiddetto “prefeltro”. Infine, si effettuata la battitura e la sodatura fino alla creazione di pezzi di feltro morbido e compatto. Presso l’azienda Zacher tutto il procedimento viene eseguito rigorosamente a mano. Nel punto vendita il feltro è presente sotto forma di cappelli, suole e pantofole, oggetti per la casa, cuscini per seduta, anche se i pezzi forti rimangono le Potschn o Schlappa, come gli altoatesini chiamano affettuosamente le ciabatte nel loro dialetto.