La Vitis vinifera Le prime viti selvatiche di popolavano la terra 60 milioni di anni fa, mentre quelle di , l'attuale vite da vino conosciuta come Vite europea nonostante l'origine sud-asiatica, fecero la loro comparsa molto più tardi, probabilmente intorno a un milione di anni fa, come testimoniano alcuni fossili ritrovati nel travertino di S. Vivaldo in Toscana e di Fiano Romano. Vitis silvestris Vitis vinifera In origine la era diffusa in molte zone della terra, ma i fenomeni di glaciazione ne ridussero l'estensione, limitata alle aree più miti del bacino del Mediterraneo e dell'Asia Minore; solamente il successivo riscaldamento del pianeta ha reso possibile la loro crescita anche in aree decisamente più settentrionali. Vitis silvestris In alcuni territori euroasiatici la coltivazione della vite per produrre vino si fa risalire a epoche piuttosto recenti, intorno al 5000 a.C., ma le prime viti coltivate ad alberello arrivarono in Italia intorno al 2000 a.C. La viticoltura del nostro paese non ha però seguito solo le tradizioni greche, perché già nell'VIII sec. a.C. gli Etruschi utilizzavano gli alberi per sostenere i tralci della vite. Non solo il freddo è stato nemico acerrimo della vite. Il destino della ha dovuto lottare contro mille avversità, tra le quali, tra la metà e la fine dell'800, l’attacco dell'oidio, fungo parassita giunto dall'America, che colpì in particolare il vigneto francese e lo ridusse del 90%. Ancora più terribile fu quello della fillossera, insetto parassita dell'apparato radicale della vite, che ha distrutto l'85% del patrimonio viticolo europeo. Vitis vinifera Solo nei primi del '900, con l’innesto delle viti europee su apparati radicali di origine americana resistenti alla fillossera, è stato possibile ricostituire il vigneto del vecchio continente, anche se numerosi vitigni non sono più stati recuperati. Poiché il problema della fillossera non è stato risolto in modo definitivo, per evitare la ripetizione di simili disastri si continua a ricorrere a questo sistema, utilizzando piedi di origine americana. Le varietà di più diffuse nei vari continenti sono una cinquantina, anche se in realtà sono numerosissime. Vitis vinifera La nascita del vigneto La vite è una pianta rampicante, con radici estese che servono per fissare la pianta al terreno e ricavarne tutto il necessario per la crescita e la fruttificazione. Se a causa di una lunga siccità il terreno risulta molto arido, per trovare acqua e sostanze nutritive le radici scendono addirittura fino a 5-6 metri di profondità. Per riprodurre nuove viti, non considerando l’utilizzo del seme (vinacciolo), che porterebbe alla formazione di viti con caratteri sensibilmente diversi dalla pianta madre, le tecniche utilizzate sono quelle per talea e per innesto. si intende un pezzo di tralcio di un anno dotato di almeno 2 gemme; piantato verticalmente nel terreno, emette le radici dalla parte inferiore e un germoglio che darà la barbatella da quella superiore. Per talea è dato invece dall’unione di due pezzi di tralcio, di cui uno dotato almeno di una gemma. La tecnica per talea, pur originando viti dette , dotate di elevate e indiscusse caratteristiche qualitative, con produzioni equilibrate nel tempo, minor vigore e frutti più caratterizzati, trova un grande limite nella scarsa resistenza alla fillossera, per cui la tecnica adottata per eccellenza è quella dell’innesto. Per questo motivo le giovani viti sono per lo più costituite da una varietà di Vite europea innestata su piede (portainnesto) di origine americana o su ibridi euro-americani, comunque resistenti alla fillossera. L'innesto a piede franco L’Italia è un grande produttore di legno per talee e di barbatelle, che esporta in tutto il mondo. Le tecniche di più diffuse sono due. La prima, la più usata nelle regioni centrosettentrionali, consiste nell’innesto o a omega, realizzato al tavolo, per preparare una barbatella che effettuerà un anno di radicazione in vivaio, per sviluppare le piccole radici, con varietà e portainnesto (bimembre). innesto a doppio spacco inglese Nelle regioni meridionali e nelle isole il più applicato è l'innesto (a gemma), realizzato in gennaio-febbraio direttamente nel vigneto, su un portainnesto piantato nel mese di settembre dell'anno precedente. alla maiorchina Il vantaggio dell’innesto a doppio spacco inglese sta nella precisissima unione dei tessuti dei due tralci, nella possibilità di eliminare durante la radicazione in vivaio le piante non sane dal punto di vista vascolare e nella perfetta costituzione del nuovo vigneto, mentre quello alla maiorchina, effettuato in inverno, offre una più ampia possibilità di scelte varietali di gemme, su un portainnesto già ben radicato. Innesto a doppio spacco inglese Innesto alla maiorchina